Cassazione: la denuncia resa con malafede, configura giusta causa di licenziamento

L’esercizio del potere di denuncia e – in generale – del diritto di critica nei confronti del datore di lavoro, non costituisce di per sé fonte di responsabilità, ma può diventarlo se il privato fa ricorso ai pubblici poteri in maniera strumentale e distorta, agendo nella piena consapevolezza dell’insussistenza dell’illecito o dell’estraneità allo stesso dell’incolpato, con l’intenzione di danneggiare il datore di lavoro anziché per rimuovere illegalità o tutelare i diritti del querelante. Questo comportamento configura un illecito disciplinare in violazione del dovere di fedeltà previsto dall’articolo 2105 del Codice civile e dei più generali principi di correttezza e buona fede stabiliti negli articoli 1175 e 1375 del Codice civile, e dunque capace di ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario.

Nel caso oggetto di esame, i Giudici della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 30866/2023 (confermando quanto già espresso in sede di appello) affermano che la denuncia penale da parte del lavoratore nei confronti della società datrice di lavoro e del suo legale rappresentante per appropriazione indebita del Tfr, con la consapevolezza della non veridicità della condotta da lui stesso denunciata, integra giusta causa di licenziamento.

Al lavoratore non viene contestato il reato di calunnia o di diffamazione, ma di aver abusato del processo di denuncia, ovvero di averlo strumentalizzato con il fine «puramente emulativo dello strumento della denuncia penale e dei diritti della persona offesa nel procedimento penale medesimo; fine emulativo, ossia esclusivamente diretto ad arrecare danno al datore di lavoro, desunto dalla consapevole omissione di circostanze significative nella descrizione dei fatti con riferimento alle somme già percepite e alla superflua duplicazione di questioni già oggetto di contenzioso civile tra le parti».

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Agenzia Entrate: gli omaggi ai dipendenti possono concorrere alla formazione del reddito

Gli omaggi offerti dall’azienda ai propri dipendenti, la consegna di articoli di merchandising, la possibilità di consumare gratuitamente una limitata quantità del prodotto aziendale, anche costituendo attività volte a favorire la conoscenza approfondita del prodotto e la diffusione dell’immagine aziendale, con finalità promozionali e di marketing, non possono essere considerati come erogati nell’esclusivo interesse del datore di lavoro.

Pertanto – in base a quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate  nella risposta a interpello 89/2024 – il loro relativo valore costituisce reddito da lavoro dipendente, fatta salva la possibilità di fruire della soglia generale di esenzione fiscale dei fringe benefit prevista dall’articolo 51, comma 3, prima parte del terzo periodo, del Tuir e tenuto conto dei nuovi limiti (2.000 o 1.000 euro a seconda se il dipendente abbia o meno figli fiscalmente a carico) e perimetro applicativo fissato dall’articolo 1, comma 16 della legge di Bilancio 2024 per l’anno in corso.

Il caso in oggetto riguarda una multinazionale statunitense nel settore delle caffetterie che offre ai propri dipendenti un sacchetto di caffè al mese più, occasionalmente, alcuni articoli di merchandising, nonchè la possibilità di consumare gratuitamente una bevanda al giorno all’interno del locale. La società ha spiegato che il proprio intento è quello di promuovere una cultura aziendale che garantisca la formazione dei dipendenti, a beneficio della propria strategia commerciale più che a vantaggio dei singoli lavoratori.

Così come la distribuzione gratuita dei prodotti di merchandising (tazze, barattoli, grembiuli e spillette con il logo aziendale) al ricorrere di alcune festività, al lancio di nuovi prodotti o in generale in occasione di eventi aziendali, avrebbe la funzione di rappresentare l’identità aziendale e diffonderne l’immagine tra il pubblico. Inoltre, la possibilità di consumare una bevanda al giorno gratuitamente va ricompresa nelle esigenze aziendali di rafforzamento del brand che, unito ai corsi aziendali e al materiale divulgativo, costituisce una forte componente formativa per il personale che la società intende promuovere.

Secondo l’Agenzia gli omaggi erogati – anche se ’’utili’’ al perseguimento della strategia aziendale –  soddisfano, di fatto, un’esigenza propria del singolo lavoratore (ad esempio prendere un caffè al bisogno) o comunque rappresentano un arricchimento del dipendente (come nel caso dei sacchetti di caffè e dei prodotti di merchandising) non potendosi considerare erogati nell’esclusivo interesse del datore di lavoro. Pertanto, a nulla vale la precisazione fornita dall’istante che ha deciso di offrire il pacchetto di caffè e la bevanda omaggio a tutti i dipendenti della azienda, considerato che la cultura del caffè non è appannaggio soltanto del personale a diretto contatto con il pubblico.

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Inps: Elevazione dell’indennità di congedo parentale per un ulteriore mese

La legge di Bilancio 2024 dispone l’elevazione, dal 30% al 60% della retribuzione, dell’indennità di congedo parentale per un’ulteriore mensilità da fruire entro il sesto anno di vita del figlio (o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia del minore in caso di adozione o di affidamento e, comunque, non oltre il compimento della maggiore età). Per il solo anno 2024 l’elevazione dell’indennità di congedo parentale per l’ulteriore mese è pari all’80% della retribuzione (invece del 60%).

La previsione opera in alternativa tra i genitori e si applica ai lavoratori dipendenti che terminano il congedo di maternità o, in alternativa, di paternità successivamente al 31 dicembre 2023.

La Circolare Inps n. 57/2024 fornisce le istruzioni di carattere amministrativo e operativo per i lavoratori dipendenti del settore privato.

Destinatari

La normativa in oggetto riguarda esclusivamente i lavoratori dipendenti, restando escluse tutte le altre categorie di lavoratori (lavoratori autonomi di cui al Capo XI del T.U., lavoratori iscritti alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, ecc.).

Ne consegue che, se un genitore è lavoratore dipendente e l’altro genitore appartiene ad altra categoria lavorativa, l’ulteriore mese di congedo parentale indennizzato al 60% della retribuzione (80% per il solo anno 2024) spetta solo al genitore lavoratore dipendente.

Elevazione dell’indennità al 60% della retribuzione (80% per il solo anno 2024) per un ulteriore mese di congedo parentale

L’elevazione è riconoscibile a condizione che il mese di congedo parentale sia fruito entro i 6 anni di vita (o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o di affidamento e, comunque, non oltre il compimento della maggiore età) del minore. Per il solo anno 2024, spetta un’indennità all’80% della retribuzione anziché al 60%. L’aumento riguarda anche i genitori adottivi o affidatari/collocatari e interessa tutte le modalità di fruizione del congedo parentale: intero, frazionato a mesi, a giorni o in modalità oraria.

Si sottolinea, inoltre, che l’ulteriore mese indennizzato al 60% della retribuzione (80% per il solo anno 2024) è uno solo per entrambi i genitori e può essere fruito in modalità ripartita tra gli stessi o da uno soltanto di essi. Si precisa che la fruizione “alternata” tra i genitori non preclude la possibilità di fruirne nei medesimi giorni e per lo stesso figlio, come consentito per tutti i periodi di congedo parentale.

Pertanto, entro i limiti massimi di entrambi i genitori previsti dall’articolo 32 del D.Lgs. n. 151/2001 (10 mesi elevabili a 11 mesi nel caso in cui il padre si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi), da fruire entro i 12 anni di vita del figlio o entro 12 anni dall’ingresso in famiglia del minore in caso di adozione o di affidamento e, comunque, non oltre il compimento della maggiore età, il congedo parentale di entrambi i genitori o del cosiddetto “genitore solo” risulta indennizzabile come di seguito:

–    un mese è indennizzato all’80% della retribuzione, entro i 6 anni di vita o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o di affidamento del minore;

–    un ulteriore mese è indennizzato al 60% della retribuzione (80% per il solo anno 2024), entro i 6 anni di vita o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o di affidamento del minore;

–    sette mesi sono indennizzati al 30%, a prescindere dalla situazione reddituale;

–    i rimanenti 2 mesi non sono indennizzati, salvo il caso in cui il richiedente si trovi nella condizione reddituale prevista dall’articolo 34, comma 3, del T.U.

Fermi restando i limiti individuali e di entrambi i genitori del congedo parentale, nonché i termini temporali entro cui è possibile fruirne:

  1. i periodi di congedo parentale fruiti, a partire dal 1° gennaio 2023, da genitori lavoratori dipendenti in relazione ai figli di età inferiore a 6 anni o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia del minore in caso di affidamento/adozione – per i quali il periodo di congedo di maternità o, in alternativa, di paternità sia terminato successivamente al 31 dicembre 2022 – sono indennizzati all’80% della retribuzione, fino al raggiungimento del limite di un mese;
  2. i periodi di congedo parentale fruiti, a partire dal 1° gennaio 2024 e fino al 31 dicembre 2024, da genitori lavoratori dipendenti in relazione ai figli di età inferiore a 6 anni o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia del minore in caso di affidamento/adozione – per i quali il periodo di congedo di maternità o, in alternativa, di paternità sia terminato successivamente al 31 dicembre 2023 – sono indennizzati all’80% della retribuzione, fino al raggiungimento del limite di un mese. I periodi di congedo parentale di cui al presente punto 2, sempre fino al limite di un mese, se fruiti, a partire dal 1° gennaio 2025, da genitori lavoratori dipendenti in relazione ai figli di età inferiore a 6 anni o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia del minore in caso di affidamento/adozione – per i quali il periodo di congedo di maternità o, in alternativa, di paternità sia terminato successivamente al 31 dicembre 2023 – sono indennizzati al 60% della retribuzione anziché all’80%;
  3. i successivi periodi di congedo parentale, da fruire entro i 12 anni di età del figlio, sono indennizzati al 30% della retribuzione, fino al raggiungimento del limite di 9 mesi (comprensivo del mese indennizzato all’80% di cui al precedente punto 1 e del mese indennizzato all’80%-60% di cui al precedente punto 2);
  4.  i restanti periodi di congedo parentale, fino al limite di 10 o di 11 mesi (qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi) non sono indennizzati, salvo che il genitore interessato abbia un reddito individuale inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’Assicurazione generale obbligatoria. In tale ultimo caso sono indennizzabili al 30% della retribuzione (cfr. l’articolo 34, comma 3, del T.U.).

Si precisa, infine, che il congedo parentale è indennizzabile in misura maggiorata (come previsto dalle leggi di Bilancio rispettivamente per l’anno 2023 e per l’anno 2024) anche nei casi in cui il congedo di maternità termini successivamente al 31 dicembre 2022 o al 31 dicembre 2023, per effetto dei periodi di interdizione prorogata dopo il parto disposti dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro.

Decorrenza della nuova disposizione

La previsione normativa della legge di Bilancio 2024 interessa esclusivamente i genitori che terminano (anche per un solo giorno) il congedo di maternità o, in alternativa, di paternità successivamente al 31 dicembre 2023. Pertanto, sono esclusi tutti i genitori che abbiano concluso la fruizione del congedo di maternità o di paternità al 31 dicembre 2023.

Il diritto all’ulteriore mese di congedo parentale indennizzato nella misura dell’80% della retribuzione per l’anno 2024 e al 60% della retribuzione a partire dal 2025, spetta anche nel caso in cui uno dei due genitori fruisca, dopo il 31 dicembre 2023, di almeno un giorno di congedo di maternità o di congedo di paternità obbligatorio, oppure, di congedo di paternità alternativo.

Considerato, inoltre, che l’ulteriore mese di congedo parentale, indennizzato all’80% per l’anno 2024 e al 60% della retribuzione a partire dall’anno 2025, spetta solo ai lavoratori dipendenti, in caso di padre lavoratore dipendente e madre iscritta alla Gestione separata o a una delle Gestioni speciali dei lavoratori autonomi, non rileva il termine finale del periodo indennizzabile di maternità della lavoratrice madre, rilevando, invece, il solo termine finale del congedo di paternità di cui agli articoli 27-bis, 28 e 31 del T.U.

Per completezza, la Circolare riporta alcuni esempi.

Esempio A)

  • Figlio nato il 20 novembre 2023;
  • la madre lavoratrice dipendente termina il periodo di congedo di maternità il 20 febbraio 2024;
  • il padre fruisce di 2 mesi di congedo parentale dal 21 novembre 2023 al 20 gennaio 2024.

Il mese di congedo parentale dal 21 novembre 2023 al 20 dicembre 2023 è indennizzabile all’80% della retribuzione (come previsto dalla legge di Bilancio 2023).

Il periodo di congedo parentale dal 21 dicembre 2023 al 31 dicembre 2023 è indennizzabile al 30% della retribuzione.

Il periodo di congedo parentale dal 1° gennaio 2024 al 20 gennaio 2024 è indennizzabile all’80% della retribuzione (come previsto dalla legge di Bilancio 2024).

Ai genitori residuano 10 giorni di congedo parentale indennizzabile all’80%, se fruiti entro il 2024, altrimenti al 60% se fruiti dal 1° gennaio 2025 ed entro il compimento di 6 anni di età del figlio.

Esempio B)

  • Madre lavoratrice dipendente che fruisce del congedo di maternità, esclusivamente dopo il parto, dal 15 settembre 2023 (data effettiva del parto) al 15 febbraio 2024;
  • il padre lavoratore dipendente fruisce di tre mesi di congedo parentale dal 1° ottobre 2023 al 31 dicembre 2023 di cui un mese indennizzato all’80% della retribuzione (come previsto dalla legge di Bilancio 2023) e due mesi indennizzati al 30% della retribuzione (si tratta dei suoi tre mesi non trasferibili all’altro genitore);
  • il padre fruisce, inoltre, di un mese di congedo parentale dal 10 gennaio 2024 al 9 febbraio 2024.

Il mese di congedo parentale fruito dal padre nel corso dell’anno 2024 è indennizzabile solo al 30% e non all’80% della retribuzione, in quanto l’elevazione dell’indennità è prevista solo per uno dei tre mesi spettanti a ogni genitore enon trasferibili all’altro (primo periodo del comma 1 dell’articolo 34 del T.U.).

La madre, concluso il periodo di congedo di maternità, potrà fruire del mese di congedo parentale indennizzato all’80% (se fruito entro i 6 anni di vita del figlio nel 2024, altrimenti al 60% se fruito a partire dal 1° gennaio 2025).

Esempio C)

  • Figlio nato il 15 agosto 2023 e decesso in pari data della madre lavoratrice dipendente;
  • il padre lavoratore dipendente fruisce del congedo di paternità alternativo di cui all’articolo 28 del T.U. per il periodo residuo non fruito dalla madre fino al 15 novembre 2023;
  • il padre fruisce altresì di cinque giorni di congedo di paternità obbligatorio dal 12 al 16 dicembre 2023 e di altri cinque giorni dal 9 al 13 gennaio 2024, adempiendo in tale modo all’obbligo di fruire di dieci giorni di congedo di paternità obbligatorio di cui all’articolo 27-bis del T.U. entro i cinque mesi dalla nascita del figlio (15 agosto 2023 – 15 gennaio 2024).

Avendo terminato il periodo di congedo di paternità obbligatorio dopo il 31 dicembre 2023, il padre ha diritto a un mese di congedo parentale indennizzabile all’80% della retribuzione (previsto dalla legge di Bilancio 2023) e a un ulteriore mese di congedo parentale (previsto dalla legge di Bilancio 2024) indennizzabile all’80% della retribuzione, se fruito entro il 31 dicembre 2024, oppure, al 60% se fruito dal 1° gennaio 2025 ed entro il compimento di 6 anni di età del figlio.

Si precisa che la previsione contenuta nell’articolo 1, comma 179, della legge di Bilancio 2024, secondo cui la nuova disposizione si applica con riferimento ai lavoratori che terminano il periodo di congedo di maternità o, in alternativa, di paternità, di cui rispettivamente al Capo III e al Capo IV del medesimo Testo Unico, successivamente al 31 dicembre 2023, non è una condizione per il diritto all’elevazione dell’indennità di congedo parentale per un mese ulteriore, bensì un termine iniziale di decorrenza della nuova disposizione.

Pertanto, nel caso di figlio nato a partire dal 1° gennaio 2024, il diritto all’elevazione per un ulteriore mese dell’indennità di congedo parentale dal 30% all’80% della retribuzione per il 2024 (al 60% a partire dal 1° gennaio 2025) spetta a prescindere dalla fruizione del congedo di maternità o di paternità, purché sussista un rapporto di lavoro dipendente al momento della fruizione.

Lo stesso criterio opera nel caso di figli nati a partire dal 1° gennaio 2023 in relazione a quanto previsto dall’articolo 1, comma 359, della legge di Bilancio 2023.

Esempio D)

  • Figlio nato il 16 gennaio 2024;
  • madre non lavoratrice;
  • padre lavoratore iscritto alla Gestione separata;
  • il padre fruisce di sei mesi di congedo parentale indennizzati al 30% della retribuzione (in quanto l’elevazione spetta solo ai lavoratori dipendenti) dal 1° maggio 2024 al 31 ottobre 2024;
  • in data 1° giugno 2025 la madre inizia un rapporto di lavoro dipendente e chiede due mesi di congedo parentale dal 1° luglio 2025 al 31 agosto 2025.

Alla madre spetta un mese indennizzabile all’80% della retribuzione (previsto dalla legge di Bilancio 2023) e un ulteriore mese indennizzabile al 60% della retribuzione (previsto dalla legge di Bilancio 2024). Le residuano altri tre mesi di congedo parentale, di cui uno indennizzabile al 30% della retribuzione e due non indennizzabili, oppure, indennizzabili se la madre ha un reddito inferiore a 2,5 volte il trattamento minimo di pensione a carico dell’Assicurazione generale obbligatoria.

Esempio E)

  • Madre lavoratrice iscritta alla Gestione separata con fine periodo di maternità 27 maggio 2024;
  • padre lavoratore libero professionista iscritto presso una Cassa previdenziale per i liberi professionisti;
  • la madre fruisce di un mese di congedo parentale indennizzato al 30% della retribuzione dal 1° al 30 giugno 2024;
  • il padre non fruisce di congedo parentale;
  • la madre in data 1° giugno 2025 inizia un rapporto di lavoro dipendente. Fruisce di due mesi di congedo parentale dal 1° luglio 2025 al 31 agosto 2025.

Dei due mesi di congedo parentale fruiti come lavoratrice dipendente, un mese è indennizzabile all’80% della retribuzione (previsto dalla legge di Bilancio 2023) e un ulteriore mese al 60% (previsto dalla legge di Bilancio 2024), in quanto i due mesi rientrano all’interno dei tre mesi non trasferibili previsti dall’articolo 34 del D.lgs n. 151/2001. Alla madre residuano altri tre mesi di congedo parentale indennizzabili al 30% della retribuzione.

Esempio F)

  • Figlio nato il 20 dicembre 2023;
  • madre lavoratrice iscritta alla Gestione separata con fine periodo di maternità 20 marzo 2024;
  • padre lavoratore libero professionista iscritto a una Cassa previdenziale per i liberi professionisti;
  • la madre fruisce di un mese di congedo parentale indennizzato al 30% della retribuzione dal 1° al 30 giugno 2024;
  • il padre non fruisce di congedo parentale;
  • la madre in data 1° giugno 2025 inizia un rapporto di lavoro dipendente. Fruisce di due mesi di congedo parentale dal 1° luglio 2025 al 31 agosto 2025.

Dei due mesi di congedo parentale fruiti come lavoratrice dipendente, un mese è indennizzabile all’80% (come previsto dalla legge di Bilancio 2023) in quanto il minore è nato nell’anno 2023. Non spetta, invece, l’ulteriore mese indennizzato al 60% della retribuzione (previsto dalla legge di Bilancio 2024) in quanto il minore è nato prima del 1° gennaio 2024 e il congedo di maternità, pur essendo terminato successivamente al 31 dicembre 2023, è riconosciuto alla madre come iscritta alla Gestione separata. Alla madre residuano altri tre mesi di congedo parentale indennizzabili al 30% della retribuzione.

Si ricorda che le disposizioni previste nel D.lgs n. 151/2001 costituiscono la tutela minima del congedo parentale che la legge riconosce ai genitori. La stessa legge consente il riconoscimento di condizioni di maggiore favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti collettivi e da ogni altra disposizione (cfr. l’art. 1 del D.lgs n. 151/2001).

Ne consegue una piena compatibilità tra l’elevazione dell’indennità di congedo parentale ed eventuali trattamenti di maggiore favore previsti da leggi, regolamenti, contratti collettivi e ogni altra disposizione. Detti trattamenti non possono, al contrario, limitare la fruizione dell’indennità di congedo parentale così come prevista nel novellato articolo 34 del D.lgs n. 151/2001.

Esempio G)

  • Figlio nato il 27 febbraio 2025;
  • la madre lavoratrice dipendente di Amministrazione pubblica fruisce di congedo parentale dal 1° giugno 2025 al 30 giugno 2025 con diritto all’indennità al 100% della retribuzione, così come previsto dalla contrattazione collettiva nazionale;
  • il padre lavoratore dipendente del settore privato fruisce di congedo parentale dal 1° giugno 2025 al 31 agosto 2025, con diritto a un mese di congedo indennizzato all’80% (legge di Bilancio 2023), un mese indennizzato al 60% (legge di Bilancio 2024) e un mese indennizzato al 30% della retribuzione.

I mesi indennizzabili al padre sono compatibili con la previsione contrattuale di maggiore favore riconosciuta alla madre lavoratrice dipendente di Amministrazione pubblica.

Le indicazioni sopra riportate si applicano anche in caso di adozione/affidamento nazionale/internazionale e di affidamento non preadottivo/collocamento provvisorio, a decorrere dall’ingresso in famiglia del minore ed entro i successivi 6 anni e, comunque, non oltre il compimento della maggiore età.

Modalità di presentazione della domanda

La domanda di congedo parentale deve essere presentata esclusivamente in modalità telematica attraverso uno dei consueti canali:

  1. tramite il portale istituzionale www.inps.it, se si è in possesso di identità digitale (SPID almeno di livello 2, CIE 3.0 o CNS), utilizzando gli appositi servizi raggiungibili dalla home page attraverso il percorso “Lavoro” > “Congedi, permessi e certificati”;
  2. tramite il Contact center integrato;
  3. tramite gli Istituti di Patronato, utilizzando i servizi offerti dagli stessi.

Nell’area riservata alle aziende clienti è stato inserito il nuovo modulo di autodichiarazione da far sottoscrivere alle lavoratrici ed ai lavoratori e necessario al riconoscimento dell’incremento dell’indennità in analisi.

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Cassazione: nullità del termine del contratto di lavoro

La  sentenza n. 30654/2023 della Cassazione Civile Sezione Lavoro afferma che – nell’ipotesi di accertamento della nullità del termine apposto al contratto di lavoro – il datore di lavoro è tenuto a riammettere in servizio il lavoratore nelle precedenti condizioni di luogo e di mansioni.

Ne consegue che, il rifiuto del lavoratore di accettare il trasferimento in una sede diversa da quella originaria in assenza di ragioni obiettive che sorreggano detto provvedimento, costituisce condotta inquadrabile in quella disciplinata dell’articolo 1460 cod. civ. (Eccezione d’inadempimento).

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Sicurezza: la figura del preposto nel chiarimento del Ministero del lavoro

La Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza del Ministero del Lavoro ha pubblicato l’interpello n. 5/2023 , con il quale fornisce una risposta ad un quesito riguardante la figura del preposto.

In particolare, il quesito domanda:

  • se l’obbligo di individuare il preposto sia sempre applicabile;
  • se piccole realtà aziendali dove il datore di lavoro sia anche il preposto debbano provvedere all’individuazione;
  • se tale figura possa coincidere con lo stesso datore di lavoro;
  • se debba essere comunque individuato un preposto qualora una attività lavorativa non abbia un lavoratore che sovraintende l’attività lavorativa di altri lavoratori.

Il Ministero del Lavoro, fatte le seguenti premesse:

  • l’articolo 2, del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, rubricato “Definizioni”, al comma 1, lett. e), definisce il “preposto” come: “persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa”;
  • l’articolo 18, del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, rubricato “Obblighi del datore di lavoro e del dirigente”, al comma 1, lett. b-bis), prevede che il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all’articolo 3 e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono: “(…) individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza di cui all’articolo I contratti e gli accordi collettivi di lavoro possono stabilire l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di cui al precedente periodo. Il preposto non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività”;
  • il successivo articolo 19, del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, rubricato “Obblighi del preposto”, al comma 1, lett. a), prevede che, in riferimento alle attività indicate all’articolo 3 dello stesso decreto n. 81 del 2008, i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono: “sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti”;
  • il medesimo articolo, al comma 1, lett. f-bis) dispone che, i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono: “(…) in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate”;
  • l’articolo 37 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, rubricato “Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti”, al comma 7, prevede che: “Il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo”, mentre al successivo comma 7-ter, è previsto che: “Per assicurare l’adeguatezza e la specificità della formazione nonché l’aggiornamento periodico dei preposti ai sensi del comma 7, le relative attività formative devono essere svolte interamente con modalità in presenza e devono essere ripetute con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi”;
  • l’articolo 55 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, rubricato “Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente” ha previsto al comma 5, lettera d), una specifica sanzione per la violazione tra l’altro, dell’articolo 18, comma 1, lettera b-bis);

conviene che, dal combinato disposto della citata normativa, sembrerebbe emergere la volontà del legislatore di rafforzare il ruolo del preposto, quale figura di garanzia e che sussista sempre l’obbligo di una sua individuazione.

Pertanto, sembra possibile ipotizzare che la coincidenza della figura del preposto con quella del datore di lavoro vada considerata solo come extrema ratio – a seguito dell’analisi e della valutazione dell’assetto aziendale, in considerazione della modesta complessità organizzativa dell’attività lavorativa – laddove il datore di lavoro sovraintenda direttamente a detta attività, esercitando i relativi poteri gerarchico – funzionali.

Inoltre, non potendo un lavoratore essere il preposto di sé stesso, nel caso di un’impresa con un solo lavoratore le funzioni di preposto saranno svolte necessariamente dal datore di lavoro.

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Rapporto biennale pari opportunità: il Ministero proroga i termini

Con un comunicato stampa del 10 aprile u.s., il Ministero del lavoro informa che il rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile riferito al biennio 2022 -2023 potrà essere compilato a partire dal prossimo 3 giugno e che il termine ultimo per la presentazione è stato spostato dal 30 aprile al 15 giugno 2024.

Il differimento è dovuto al fatto che l’applicativo informatico è in fase di revisione al fine di semplificare la presentazione del rapporto «anche grazie a nuove funzionalità di precompilazione e di recupero delle informazioni pregresse».

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Inps: Nuove soglie di reddito da lavoro subordinato/parasubordinato e autonomo per la compatibilità con le prestazioni di disoccupazione NASpI e DIS-COLL

La normativa vigente (decreto legislativo n. 22/2015, articoli 9, 10 e 15) ammette, per la NASpI, la possibilità di cumulo con i redditi derivanti da attività lavorativa subordinata/parasubordinata e autonoma, mentre per la DIS-COLL la possibilità di cumulo con i redditi derivanti dalle sole attività di natura parasubordinata e autonoma, sempre che tali attività non generino un reddito da lavoro superiore a quello minimo escluso da imposizione fiscale, prevedendo, per entrambe le prestazioni, l’obbligo per l’assicurato di comunicare all’INPS il reddito annuo presunto ai fini della riduzione delle stesse con le modalità e nel rispetto dei termini di cui al decreto legislativo n. 22 del 2015.

Poiché il decreto legislativo n. 216/2023 ha apportato modifiche relative all’ammontare del reddito escluso da imposizione fiscale (c.d. no tax area) previsto per i titolari di redditi di lavoro dipendente (cfr. la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 2/E del 6 febbraio 2024), il Messaggio Inps n. 141/2024 riepiloga i limiti reddituali riferiti agli anni 2023 e 2024 ai fini della compatibilità con le prestazioni di disoccupazione NASpI e DIS-COLL.

In particolare:

  • il limite di reddito annuo da lavoro dipendente/parasubordinato è pari a 8.173,91 euro per l’anno 2023(invariato rispetto al 2022);
  • il limite di reddito annuo da lavoro autonomo è pari a 5.500 euro per gli anni 2023 e 2024 (invariato rispetto al 2022);
  • il limite di reddito annuo da lavoro dipendente/parasubordinato è pari a 8.500 euro per l’anno 2024.

Da ultimo, il documento ricorda che le prestazioni di lavoro occasionale (articolo 54-bis del decreto-legge n. 50/2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96/2017) sono compatibili e cumulabili con le prestazioni di disoccupazione NASpI e DIS-COLL nel limite di 5.000 euro e che – in tale ipotesi – il percettore delle predette indennità non è tenuto a effettuare alcuna comunicazione all’Istituto circa il reddito annuo presunto.

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Metasalute: aggiornato il regolamento

Il Fondo Metasalute ha aggiornato il Regolamento, con approvazione del Consiglio di Amministrazione, in data 26 marzo 2024 e vigente a decorrere dalla medesima data.

Gli adeguamenti si riferiscono ai seguenti articoli:

  • 3.1 (modalità di adesione – registrazione aziende)
  • 3.2 (modalità di adesione – adesione dei lavoratori dipendenti)
  • 5 (adesione a Metasalute di lavoratori e imprese metalmeccaniche con forme di sanità integrativa preesistenti)
  • 6.1 (decorrenza delle prestazioni sanitarie per lavoratori dipendenti)
  • 8.1 (decorrenza e cessazione della contribuzione – lavoratori dipendenti)
  • 10.1 (modalità versamento dei contributi – lavoratore dipendente, nucleo familiare e conviventi di fatto)
  • 11 (ritardato e mancato versamento)
  • 2 dell’allegato al Regolamento (adesione a pagamento dei componenti del nucleo familiare e dei conviventi di fatto)
  • 3 dell’allegato al Regolamento (destinazione dei flexible benefits previsti dal CCNL per l’industria metalmeccanica e della installazione di impianti del 26 novembre 2016).

Leggi qui il Regolamento aggiornato

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La Corte costituzionale sul Jobs Act: la tutela reintegratoria si applica a tutti i casi di nullità del licenziamento

La sentenza n. 22/2024 della Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, primo comma, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, limitatamente alla parola “espressamente”.

Il comma in oggetto riconosce la tutela reintegratoria, nei casi di nullità espressamente previsti dalla legge, del licenziamento di lavoratori assunti con contratti a tutele crescenti (ovvero dal 7 marzo 2015).

Già la Corte di cassazione rimettente aveva censurato tale limitazione ai casi di nullità espressamente previsti dalla legge, deducendo che l’esclusione delle nullità, diverse da quelle «espresse», non trovasse rispondenza nella legge di delega, la quale riconosceva la tutela reintegratoria nei casi di “licenziamenti nulli” senza distinzione alcuna.

Secondo i Giudici, la censura è fondata, anche perché il criterio direttivo segna il perimetro della tutela reintegratoria del lavoratore nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo, escludendola, in negativo, per i licenziamenti “economici”, e prevedendola, in positivo, nei casi di licenziamenti nulli, discriminatori e di specifiche ipotesi di licenziamento disciplinare.

La Corte sottolinea che il testuale riferimento ai licenziamenti nulli, contenuto nel criterio direttivo, non prevedeva (e non consentiva) la distinzione tra nullità espresse e nullità non espresse, ma contemplava una distinzione soltanto per i licenziamenti disciplinari ingiustificati.

Il legislatore delegato ha introdotto una distinzione non solo per i licenziamenti disciplinari ingiustificati, ma anche per i casi di nullità previsti dalla legge, differenziando a seconda che il carattere di nullità sia espresso o meno.

In aggiunta, avendo previsto la tutela reintegratoria nei soli casi di nullità espressa, ha lasciato prive di specifica disciplina le fattispecie “escluse”, ossia quelle di licenziamenti nulli sì, per violazione di norme imperative, ma privi della espressa sanzione della nullità, così dettando una disciplina incompleta e incoerente rispetto al disegno del legislatore delegante.

Dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma censurata, limitatamente alla parola “espressamente”, consegue che il regime applicabile al licenziamento nullo è lo stesso, sia che nella disposizione imperativa violata ricorra l’espressa sanzione della nullità, sia che ciò non sia testualmente previsto, sempre che risulti prescritto un divieto di licenziamento al ricorrere di determinati presupposti.

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Rinnovato il Ccnl terziario, Distribuzione e Servizi

Il 22 marzo 2024 è stato rinnovato dalle parti sociali (Confcommercio, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil) il Ccnl del Terziario, della Distribuzione e dei Servizi. Il nuovo contratto collettivo avrà validità dal 1° aprile 2023 al 31 marzo 2027.

A fronte del lungo periodo di carenza contrattuale, viene introdotta l’erogazione di una somma Una Tantum pari a euro 350 per il 4° livello di inquadramento, da riparametrare per tutti gli altri livelli. L’importo sarà erogato in due tranches di pari importo a luglio 2024 e a luglio 2025 e sarà riproporzionato in base alla durata del rapporto ed all’effettivo servizio prestato nel periodo dal 01/01/2022 al 31/03/2023.

Le Parti – con accordo integrativo del 28 marzo – hanno previsto che l’elemento retributivo di acconto di futuri aumenti contrattuali (AFAC), erogato a partire dalla mensilità di aprile 2023, non sia assorbibile dall’importo dell’una tantum.

Con riferimento al contratto a tempo determinato, l’accordo individua le seguenti causali per i rapporti di durata superiore a 12 mesi, sulla base di quanto stabilito dal Decreto lavoro, che demandava alla contrattazione collettiva la disciplina sul tema:

  • Saldi: lavoratori assunti nei periodi interessati dai saldi relativi alle vendite di fine stagione, sia invernali che estive;
  • Fiere: lavoratori assunti nei periodi interessati dallo svolgimento di fiere individuate dal calendario fieristico nazionale e internazionale compresi tra 7 giorni precedenti e 7 giorni successivi la fiera;
  • Festività natalizie: lavoratori assunti nel periodo dal 15 novembre al 15 gennaio;
  • Festività pasquali: lavoratori assunti nel periodo compreso tra 15 giorni precedenti a 15 giorni successivi al giorno di Pasqua;
  • Riduzione impatto ambientale: lavoratori assunti con specifiche professionalità e impiegati direttamente nei processi organizzativi e/o produttivi che abbiano l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale dei processi medesimi;
  • Terziario avanzato: lavoratori assunti per specifiche mansioni di progettazione, realizzazione, vendita e assistenza di prodotti innovativi, anche digitali;
  • Digitalizzazione: lavoratori assunti con specifiche professionalità per lo sviluppo di metodologie e di nuove competenze in ambito digitale;
  • Nuove aperture: lavoratori assunti per aperture di nuove unità produttive/operative e ristrutturazioni nel periodo massimo di 24 mesi dal giorno della nuova apertura o dalla ristrutturazione, da intendersi come espansione della superficie di vendita o apertura di nuovi reparti;
  • Incremento temporaneo: lavoratori assunti per progetti o incarichi temporanei di durata superiore a 12 mesi o prorogati oltre i 12 mesi continuativi, fino a 24 mesi.

La contrattazione di secondo livello potrà intervenire in tale ambito al fine di individuare ulteriori causali, concordare percorsi di stabilizzazione dei tempi determinati, incrementare l’orario dei lavoratori a tempo parziale nelle unità produttive, individuare altri eventi rilevanti per il contesto territoriale che possano giustificare nuove assunzioni a tempo determinato.

In tema di welfare contrattuale è previsto un aumento di euro 3 della quota a carico del datore di lavoro, del contributo obbligatorio a favore del Fondo EST, a decorrere dal 1° aprile 2025, al fine di incentivare l’assistenza sanitaria integrativa.

Le Parti sociali, con l’obiettivo di valorizzare la parità di genere e l’equa distribuzione dei carichi di famiglia, intervengono su diversi istituti:

  • Congedi parentali: la richiesta scritta per il godimento ha – ora – un preavviso di 5 giorni anziché 15;
  • Congedi per donne vittime di violenza di genere: viene introdotta una disciplina dettagliata. Il relativo periodo di fruizione è computato ai fini dell’anzianità di servizio, della maturazione delle ferie, delle mensilità aggiuntive e del trattamento di fine rapporto. Viene, inoltre, garantita alla lavoratrice la possibilità di richiedere il passaggio da tempo pieno a tempo parziale o il trasferimento in altra sede lavorativa.
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