Reperibilità durante la malattia: i chiarimenti Inps

L’Inps si è espresso sul tema dell’esonero dalle visite di controllo durante l’evento di malattia.

La precisazione si è resa necessaria in seguito alla pratica che ha recentemente preso campo e che prevede la richiesta del dipendente al proprio medico di apporre sul certificato medico il codice “E” con il fine di ottenere l’esonero dal sopra citato controllo.

Innanzitutto è opportuno precisare che il codice “E” viene utilizzato dai medici Inps durante la disamina dei certificati pervenuti con il fine di prendere decisioni in merito alle malattie gravissime; decisioni che vengono comunque prese sulla base di disposizioni diramate dall’Istituto a livello centrale.

L’Istituto ricorda che tale codice non prevede un esonero dal controllo, bensì un esonero dalla reperibilità nelle fasce stabilite.

Inoltre, tale codice può essere apposto sul certificato dal medico curante solo al momento della redazione del certificato (non successivamente) ed esclusivamente quando ricorrono le seguenti condizioni:

Per i dipendenti subordinati del settore privato

  • Patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
  • Stati patologici connessi alla situazione di invalidità riconosciuta pari o superiore al 67%;

Per i dipendenti pubblici

  • Patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
  • Causa di servizio riconosciuta che abbia dato luogo all’ascrivibilità della menomazione unica o plurima alle prime tre categorie della “tabella A” allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, ovvero a patologie rientranti nella “tabella E” dello stesso decreto;
  • Stati patologici connessi alla situazione di invalidità riconosciuta pari o superiore al 67%.

Per opportuna conoscenza, si rimanda alla Circolare Inps 95/2016

Inps: detrazioni e applicazione maggiore aliquota

Con la pubblicazione del messaggio 3806/2018 l’Inps ricorda è a cura dei beneficiari di prestazioni pensionistiche e previdenziali erogate dall’Istituto la comunicazione per l’eventuale applicazione su tali redditi di una maggiore aliquota degli scaglioni di reddito annui, nonché la richiesta di non applicazione delle detrazioni di imposta.

La comunicazione deve essere fatta ogni anno, compilando l’apposita dichiarazione on line dal sito www.inps.it tramite il servizio dedicato “Detrazioni fiscali – domanda e gestione”. Dal 15 ottobre 2018 è possibile inoltrare le richieste anche per l’anno d’imposta 2019.

L’Inps mette in guardia dalle truffe via mail

L’Inps rende noto che si sono verificati tentativi di truffa a danno degli utenti, con il fine di ottenere i dati personali nonché le credenziali bancarie dei soggetti contattati.

Nello specifico, gli utenti venivano contattati tramite:

  • Mail contenenti indicazioni per ottenere rimborsi contributivi;
  • Telefonate da parte di falsi funzionari che comunicavano la restituzione di somme non dovute.

L’Istituto ricorda che non acquisisce, né telefonicamente né via email ordinaria, le coordinate bancarie o altri dati che permettano di risalire a qualsivoglia informazione finanziaria relativa agli assistiti.

L’unico modo per accedere ai servizi è collegarsi al seguente indirizzo: https://www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx e ogni modalità difforme è da ritenersi non corretta.

Condotta illecita: se il dipendente è consapevole, può essere licenziato

Il dipendente che mette in atto consapevolmente una condotta illecita – ancorché comandatagli da un superiore – può essere licenziato per giusta causa.

E’ il contenuto della Sentenza 23600/2018 emanata dalla Corte di Cassazione: nel caso di specie il dipendente aveva contabilizzato l’esecuzione di alcuni lavoro che, tuttavia, non erano mai avvenuti. In seguito al licenziamento, il dipendente si è giustificato sostenendo di aver proceduto in tal modo a seguito di un ordine impartitogli da un diretto superiore durante una riunione con altri colleghi.

I Giudici di Cassazione, affermando che nel rapporto di lavoro non può sussistere il c.d. rapporto di supremazia, ossia la presenza di un potere superiore conferito dalla legge in capo ad un soggetto nei confronti di un altro, evidenziano come il lavoratore fosse in grado di valutare – in maniera autonoma – che il comportamento configurava una condotta illegittima ma si è limitato ad eseguire il compito, senza neppure opporre il suo dissenso.

Il licenziamento per giusta causa del lavoratore risulta legittimo, perché – in conseguenza dell’accaduto – vengono meno il vincolo fiduciario e i doveri di fedeltà e diligenza posti alla base del rapporto di lavoro.

Utilizzo di investigatori privati per verificare l’attività dei dipendenti? La Cassazione dice no

Un’azienda non può utilizzare l’attività delle agenzie investigative private per controllare che i propri dipendenti adempiano effettivamente alla mansioni oggetto del contratto di lavoro.

Tale divieto vige anche in relazione alle attività svolte dai dipendenti al di fuori dei locali aziendali.

E’ quanto afferma la Cassazione nella sentenza 15094/2018.

Nel caso in esame, un’azienda ha licenziato un proprio dipendente – cui erano state affidate mansioni di ispezioni, verifica e controllo presso cantieri – poiché, da un indagine svolta da un’agenzia di investigazioni privata, era emerso che il lavoratore non aveva effettivamente eseguito i propri compiti, ma aveva comunque rilasciato certificati che attestavano l’esecuzione dei sopra citati controlli.

La condotta posta in atto – altamente lesiva dei doveri di diligenza e fedeltà in capo al lavoratore – giustificherebbe, di per sé, il licenziamento per giusta causa. Tuttavia, secondo i giudici di Cassazione, il licenziamento non è legittimo.

Lo Statuto dei Lavoratori consente la possibilità di avvalersi dei servizi esterni (e quindi anche delle agenzie di investigazione private) esclusivamente per fatti che riguardano la tutela del patrimonio aziendale. Pertanto, rimane preclusa per il datore di lavoro la possibilità di utilizzare tali servizi per il controllo dell’effettivo adempimento della prestazione lavorativa. Di tale tipo di controllo, pertanto, è titolare esclusivo il datore di lavoro, anche per il tramite dei suoi collaboratori.

La sola ipotesi in cui il datore di lavoro può avvalersi delle agenzie private di investigazione per compiere indagini attinenti le effettive attività svolte dai propri dipendenti – anche al di fuori dei locali aziendali – è quando su di esse esista un giustificato sospetto che riguardino comportamenti illeciti dei lavoratori.

Lavoro durante la malattia: le ultime pronunce giurisprudenziali

Il lavoratore assente per malattia o infortunio che viene trovato a svolgere altra attività lavorativa non è sempre automaticamente passibile di procedimento disciplinare.

Il discrimine risiede nella possibilità che l’attività svolta pregiudichi e rallenti la ripresa dall’evento morboso.

Sull’argomento si è recentemente pronunciata la Corte di Cassazione, con due distinte sentenze che – proponendo due soluzioni opposte – confermano il principio sopra espresso.

Sentenza 17514/2018

I giudici ritengono valido il licenziamento di un dipendente di un’impresa di noleggio privato – assente dal lavoro per un infortunio in itinere – sorpreso a svolgere altra attività lavorativa.

Nel caso specifico, il lavoratore prestava attività presso un parcheggio di autovetture svolgendo mansioni non compatibili con lo stato di salute e senza indossare il collare cervicale, espressamente prescritto dal medico.

Il licenziamento, pertanto, è giustificato dalla condotta grave tenuta dal lavoratore.

Sentenza 1724/2018

La Corte di Cassazione giudica come non legittimo il licenziamento di un lavoratore assente per malattia che, durante il periodo di astensione dal lavoro, ha svolto altra attività.

In questo caso il lavoratore, al quale era stata diagnosticata una gastroenterite, stava svolgendo in proprio alcuni lavori di tinteggiatura di esterni.

I giudici evidenziano che tale a attività non è tale da pregiudicare la guarigione del dipendente, se analizzata in stretta connessione con la patologia diagnosticata. Pertanto, il licenziamento risulta illegittimo.

In conclusione, possiamo affermare che quando un dipendente assente per malattia o infortunio venga trovato a svolgere altra attività lavorativa, prima di attivare un procedimento disciplinare è necessario prendere in considerazione sia la patologia diagnosticatagli che il tipo di attività effettivamente svolta.

Agenzia Entrate: Welfare e deducibilità

L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 5/E/2018, si esprime in merito alla deducibilità di alcuni servizi di welfare.

In particolare, il documento afferma che il costo dei seguenti servizi welfare:

  • f) l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell’articolo 100;
  • f-bis) le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell’articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari;
  • f-ter) le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell’articolo 12;
  • f-quater) i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, le cui caratteristiche sono definite dall’articolo 2, comma 2, lettera d), numeri 1) e 2), del decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 27 ottobre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 2010, o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie;

se sostenuto volontariamente dal datore di lavoro, è deducibile ai fini Ires nel limite del «5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi».

Sarà, invece, possibile procedere alla deduzione integrale del costo solo nel caso in cui i sopra citati servizi siano erogati in forza di una obbligazione contrattuale/negoziale.

Distacco transnazionale: Chiarimenti ministeriali sui controlli della Polizia Stradale al conducente

Il Ministero degli interni interviene – con la Direttiva del 10 luglio scorso – in merito alle azioni di controllo messe in atto dalla Polizia Stradale, anche in seguito alle novità introdotte dal Decreto Legge 50/2017.

La normativa in questione si applica nei seguenti casi di distacco:

  • Imprese stabilite in un altro Stato membro che, nell’ambito di una prestazione di servizi, distaccano in Italia uno o più lavoratori;
  • Agenzie di somministrazione di lavoro stabilite in un altro Stato membro che distaccano lavoratori presso un’impresa utilizzatrice avente la propria sede o un’unità produttiva in Italia;
  • Alle imprese stabilite in uno Stato terzo che distaccano lavoratori in Italia.

Nel settore del trasporto su strada, il presente decreto si applica anche alle ipotesi di cabotaggio.

Secondo la normativa, la comunicazione obbligatoria cui è tenuto il datore di lavoro distaccante deve avere i seguenti requisiti:

  • Deve essere preventiva, ossia effettuata entro le ore 24 del giorno antecedente l’inizio del distacco;
  • Deve avere una durata trimestrale; all’interno di tale periodo devono ricadere tutte le operazioni di trasporto relative al distacco effettuate dal conducente nel territorio italiano;
  • Deve contenere i dati relativi alla paga oraria in lingua italiana e in valuta euro;
  • Deve riportare le modalità di rimborso delle spese sostenute.

Una copia di tale comunicazione deve essere presente a bordo del veicolo guidato dal conducente distaccato.

La Polizia Stradale – durante le operazioni di controllo – verifica i seguenti documenti:

  • Comunicazione preventiva come sopra definita,
  • Contratto di lavoro o altro documento contenente le informazioni di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 152/1997,
  • Prospetti di paga del conducente.

Questi documenti devono essere redatti o tradotti in lingua italiana.

In caso di accertate violazioni sulla mancanza della documentazione obbligatoria il conducente – in solido con il proprietario – è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria il cui importo va da 1.000 a 10.000 euro.

Secondo un parere del Consiglio di Stato, l’accertamento e la contestazione della violazione è competenza degli organi di Polizia Stradale.

Conseguenza di tale orientamento è la non ammissibilità al pagamento in misura ridotta di una somma pari al minimo edittale.

Procedimento disciplinare: la legittimità della consultazione documenti

La Corte di Cassazione (Sentenza 15966/2017) si esprime in merito alla possibilità per il dipendente di accedere agli atti durante la fase del contraddittorio di un procedimento disciplinare.

Nel caso in esame, il datore di lavoro non aveva autorizzato il dipendente a prendere visione dei documenti sulla base dei quali era stato emanato il provvedimento nei suoi confronti.

I giudici di Cassazione, nel testo della sentenza, ricordano che nessuna specifica previsione di legge consente l’accesso documentale, ma che ciò si basa esclusivamente su principi di correttezza e buona fede e può essere giustificato esclusivamente se il mancato accesso pregiudica l’attività difensiva; pertanto, è legittimo il rifiuto da parte del datore di lavoro di consentire al dipendente l’accesso agli atti.

Il presupposto fondamentale su cui si basa tale pronuncia è che la contestazione sia esaustiva circa la condotta sanzionata al lavoratore; diversamente il mancato accesso agli atti potrebbe condizionare l’esercizio alla difesa di cui il lavoratore stesso è titolare.

INL: attività di vigilanza nel primo semestre 2018

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro rende noti i dati relativi alle ispezioni avvenute nel corso del primo semestre 2018; di seguito uno schema riassuntivo.

Accessi sul territorio nazionale 87.773

Di cui:

·         71.461 in materia di lavoro,

·         9.812 in materia previdenziale,

·         6.500 in materia assicurativa.

Vigilanza lavoristica Rapporti irregolari nel 65% delle ispezioni.

Irregolarità in materia di vigilanza tecnica (sicurezza) nell’82% dei controlli.

Vigilanza previdenziale Irregolarità riscontrate nell’81% dei casi.
Vigilanza assicurativa Irregolarità riscontrate nell’89% dei casi.
Contributi previdenziali e assicurativi recuperati 620 milioni di euro
Lavoratori irregolari 77.222 di cui 20.398 in nero.