Ccnl Studi Professionali: firmato l’accordo di rinnovo

Il 16 febbraio scorso le parti sociali hanno sottoscritto l’ipotesi di rinnovo del Ccnl per i dipendenti degli studi e delle attività professionali, scaduto nel 2018. Il nuovo contratto collettivo avrà validità triennale dal 1° marzo 2024 al 28 febbraio 2027.

Il nuovo testo prevede un aumento dei minimi contrattuali per tutti i livelli, la corresponsione di un importo a titolo di una tantum per la vacanza contrattuale, il potenziamento degli strumenti di welfare e l’introduzione delle causali per la stipulazione dei contratti a termine di durata superiore ai 12 mesi.

Bilateralità e assistenza sanitaria integrativa

La misura del contributo unificato che il datore di lavoro dovrà versare per ogni lavoratore tramite modello F24 passerà, a decorrere dal 1° marzo 2024, da euro 22,00 mensili a euro 29,00 mensili e sarà così suddivisa:

  • euro 20,00 (in precedenza euro 15,00) per 12 mensilità dovuti a Cadiprof;
  • euro 9,00 (in precedenza euro 7,00) per 12 mensilità dovuti a E.BI.PRO, di cui euro 7,00 a carico del datore di lavoro ed euro 2,00 a carico del lavoratore.

Inoltre, passa a euro 43,00 l’importo che il datore di lavoro è chiamato a riconoscere al lavoratore in caso di omesso versamento del contributo. Tale importo deve essere riconosciuto in busta paga per 14 mensilità ed è considerato elemento aggiuntivo e non assorbibile della retribuzione.

Introdotta anche la previsione del riconoscimento a favore dei lavoratori dipendenti di un permesso retribuito pari ad una giornata lavorativa, da fruire nell’anno di maturazione, per effettuare le attività di prevenzione previste dal piano sanitario di Cadiprof.

Periodo di prova

Le parti sociali hanno individuato con chiarezza la durata del periodo di prova per i lavoratori assunti con contratto a termine, stabilendo che per quei contratti che abbiano una durata iniziale superiore a 6 mesi e inferiore a 10 mesi, il periodo di prova deve prevedere una durata massima pari a:

  • 60 giorni di calendario, per il I livello e per la qualifica di Quadro;
  • 40 giorni di calendario, per i livelli II, III super e III;
  • 30 giorni di calendario, per i livelli IV super e IV;
  • 20 giorni di calendario, per il V livello.

I suddetti limiti si riducono alla metà per i contratti di durata iniziale pari o inferiore a 6 mesi.

Viene inoltre specificato che i periodi di ferie, permessi R.O.L. ed ex-festività non sospendono la decorrenza del periodo di prova.

Apprendistato per il praticantato

L’ipotesi di rinnovo dà attuazione a quanto previsto all’articolo 32 del contratto collettivo, consentendo di svolgere il periodo di praticantato richiesto per l’accesso alle professioni ordinistiche con un rapporto di apprendistato di alta formazione e ricerca. Fermo restando che la formazione dell’apprendista ai fini dell’accesso alle professioni ordinistiche è definita dal singolo ordinamento che disciplina le materie di competenza della singola professione, le parti sociali hanno stabilito una durata minima di formazione teorica e pratica, interna ed esterna, pari a 300 ore complessive.

Contratto a tempo determinato

La disciplina del contratto a termine è stata adeguata alla normativa vigente. Le modifiche di maggior rilievo riguardano le causali che sono richieste per quei contratti che superano la durata dei 12 mesi. Recependo le modifiche normative introdotte dal recente decreto Lavoro (Dl 48/2023), le parti firmatarie introducono le seguenti due causali che consentono la stipulazione di un contratto di durata superiore ai 12 mesi, fermo restando il limite massimo di 24 mesi:

  • incremento temporaneo dell’attività lavorativa;
  • avvio di nuove attività.

Tutela della genitorialità

Oltre all’adeguamento alle modifiche legislative intervenute negli ultimi anni in materia di tutela della genitorialità, la novità principale riguarda il trattamento economico riconosciuto ai lavoratori che usufruiscono del congedo di maternità/paternità. Si prevede infatti che, a copertura degli eventi che si verificano a decorrere dal 1° gennaio 2025, il datore di lavoro è chiamato a integrare l’indennità all’80% erogata dall’Inps, fino a raggiungere il 90% della retribuzione cui avrebbe avuto diritto la lavoratrice o il lavoratore.

Trattamento economico

Il testo prevede un aumento per il 3° pari a euro 215,00, da riparametrare per gli altri livelli, suddiviso in quattro tranches:

  • aumento di euro 105,00 a decorrere dal 1° marzo 2024;
  • aumento di euro 45,00 a decorrere dal 1° ottobre 2024;
  • aumento di euro 45,00 a decorrere dal 1° ottobre 2025;
  • aumento di euro 20,00 a decorrere dal 1° dicembre 2026.

Gli aumenti complessivi per tutti i livelli sono:

Quadro – 303,00 euro;

1° livello – 269,00 euro;

2° livello – 234,00 euro;

3°S livello – 217,00 euro;

3° livello – 215,00 euro;

4°S livello – 208,00 euro;

4° livello – 201,00 euro;

5° livello – 187,00 euro.

L’ipotesi di accordo prevede anche l’erogazione di un importo a titolo di una tantum, a copertura del periodo trascorso tra la scadenza del contratto collettivo e la sottoscrizione del presente rinnovo uguale per tutti i livelli.

L’importo dell’indennità è pari a euro 400,00, la cui erogazione è suddivisa in due tranches:

  • euro 200,00 a decorrere dal 1° maggio 2024;
  • euro 200,00 a decorrere dal 1° maggio 2025.

Tali importi devono essere riparametrati ai mesi di anzianità di servizio lavorati nel periodo 1° aprile 2018 – 1° marzo 2024, nonché, per i lavoratori part-time, all’orario effettivo di lavoro previsto dal contratto individuale. E’ consentita l’erogazione dell’una tantum anche tramite gli strumenti di welfare previsti dalla normativa.

Ministero del lavoro: la visita medica post malattia solo in caso di sorveglianza sanitaria

Nell’Interpello 1/2024, il Ministero del lavoro afferma che la visita medica precedente la ripresa del lavoro per verificare l’idoneità alla mansione, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore a sessanta giorni continuativi, deve eseguita solo se per la mansione sussiste l’obbligo della sorveglianza sanitaria.

Sulla base delle disposizioni contenute nel TU sulla Sicurezza (Dlgs 81/2008), nello specifico all’articolo 18, tra gli obblighi cui è tenuto il datore di lavoro e/o il dirigente, figura quello di nominare il medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dallo stesso TU e qualora richiesto dalla valutazione dei rischi (articolo 28).

In aggiunta, l’articolo 41, comma 1, stabilisce che la sorveglianza sanitaria comprende la visita medica preventiva intesa a constatare l’assenza di controindicazioni all’attività cui il lavoratore è destinato, al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica.

Il successivo comma 2, lettera e-ter prevede l’obbligo della visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore a 60 giorni continuativi, al fine di verificarne l’idoneità alla mansione, con riferimento alla mansione cui il lavoratore era addetto prima dell’assenza per malattia, per la quale era sottoposto a sorveglianza sanitaria mediante visite mediche periodiche di idoneità e per verificare se lo stesso dipendente possa sostenere le precedenti medesime mansioni senza pregiudizio o rischio alla sua integrità psicofisica.

Cassazione: Decorrenza della prescrizione

La sentenza n. 34667/2023 della Cassazione Civile Sezione Lavoro si pronuncia sulla questione della decorrenza della prescrizione dei crediti maturati nel corso del rapporto di lavoro.

La sentenza parte dal presupposto che, per effetto delle modifiche apportate dalla L. 92/2012 e dal successivo D.Lgs. 23/2015, nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato è venuto meno uno dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e, pertanto, i crediti maturati in relazione al rapporto di lavoro non hanno una tutela adeguata.

In conseguenza di ciò, i Giudici affermano che, per tutti quei diritti che non sono prescritti al momento di entrata in vigore della L. 92/2012, il termine di prescrizione decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Gli Aiuti De Minimis dal 2024

A seguito dell’approvazione da parte della Commissione europea del Regolamento 2023/2831 del 13 dicembre 2023, è stato elevato dal 1° gennaio 2024 da 200 a 300 mila euro l’importo complessivo degli aiuti de minimis concessi da uno Stato membro a un’impresa unica nell’arco di 3 anni (il triennio è mobile).

Il massimale di 300.000 euro, al lordo di qualsiasi imposta o altro onere, si applica a prescindere:

– dalla forma di aiuto de minimis;
– dall’obiettivo perseguito;
– dal fatto che l’aiuto concesso dallo Stato membro sia finanziato interamente o parzialmente con risorse UE.

Al superamento del massimale i nuovi aiuti non beneficiano delle disposizioni più favorevoli previste dal Regolamento.

In caso di fusioni o acquisizioni, ai fini del massimale, si devono considerare tutti gli aiuti precedentemente concessi a ciascuna delle imprese partecipanti alla fusione e gli aiuti concessi prima della fusione o dell’acquisizione restano legittimi.
Nelle ipotesi di scissione di un’impresa in due o più imprese distinte, invece, l’importo degli aiuti concessi prima della scissione è assegnato all’impresa che ne ha fruito o, se ciò non fosse possibile, è ripartito proporzionalmente sulla base del valore contabile del capitale azionario delle nuove imprese alla data effettiva della scissione.

Gli aiuti de minimis concessi a norma del nuovo regolamento non sono cumulabili con aiuti di Stato concessi per gli stessi costi ammissibili o con aiuti di Stato relativi alla stessa misura di finanziamento del rischio qualora tale cumulo superi le intensità o gli importi di aiuto più elevati stabiliti, per le specifiche circostanze di ogni caso, in un regolamento di esenzione per categoria o in una decisione della Commissione.

Gli aiuti de minimis che non sono concessi per specifici costi ammissibili o non sono a essi imputabili possono invece essere cumulati con altri aiuti di Stato concessi a norma di un regolamento d’esenzione per categoria o di una decisione adottata dalla Commissione.

Conservazione e-mail dei lavoratori: il Garante stringe sui tempi

Il provvedimento del Garante Privacy del 21 dicembre u.s. fornisce indicazioni ai datori di lavoro pubblici e privati (e agli altri soggetti a vario titolo coinvolti) finalizzate a prevenire iniziative e trattamenti di dati in contrasto con la disciplina in materia di protezione degli stessi, in relazione alla gestione dei messaggi di posta elettronica dei lavoratori con modalità cloud.

Il Provvedimento nasce con l’intento di prevenire il rischio che programmi e servizi informatici utilizzati dai datori di lavoro per la gestione della posta elettronica, forniti da soggetti terzi in modalità cloud, possano raccogliere, in modo preventivo e generalizzato, i metadati relativi all’utilizzo degli account di posta elettronica in uso ai dipendenti, conservando gli stessi per un periodo troppo esteso.

Il Garante ricorda che il contenuto dei messaggi di posta elettronica – così come i dati esteriori delle comunicazioni e i file allegati – sono forme di corrispondenza assistite da garanzie di segretezza, tutelate anche costituzionalmente e per le quali sussiste, anche nel contesto lavorativo pubblico e privato, una legittima aspettativa di riservatezza in relazione ai messaggi oggetto di corrispondenza.

Poiché l’utilizzo di programmi e servizi informatici in modalità cloud genera trattamenti di dati personali, riferiti a interessati identificati o identificabili nel contesto lavorativo, il datore di lavoro – in qualità di titolare del trattamento – è tenuto a verificare la sussistenza di un idoneo presupposto di liceità prima di effettuare tali trattamenti; nello specifico, deve sempre verificare la sussistenza dei presupposti di liceità stabiliti dall’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori.

Secondo il Garante, essendo la norma di natura eccezionale, consente di usare gli strumenti di controllo a distanza, senza preventivo accordo sindacale o senza autorizzazione amministrativa, solo se servono alla «registrazione degli accessi e delle presenze» oppure sono necessari allo «svolgimento della prestazione». 

In questa ultima nozione va inclusa solo l’attività di raccolta e conservazione dei cosiddetti metadati necessari ad assicurare il funzionamento delle infrastrutture del sistema della posta elettronica (per un tempo di poche ore o giorni), mentre non vi rientra la generalizzata raccolta e conservazione di tali metadati che, quindi, può essere svolta comunque nel rispetto dei limiti e condizioni previste dalla norma, ma per un lasso di tempo più esteso di quello sopra riportato.

Oltre a ciò, il titolare del trattamento è tenuto a rispettare i principi generali del trattamento anche con riguardo alla necessità di fornire agli interessati in modo corretto e trasparente una chiara rappresentazione del complessivo trattamento effettuato.

Infine, il provvedimento ricorda che – in attuazione del principio di “responsabilizzazione” – grava sul titolare l’onere di valutare se i trattamenti che si intendono realizzare possano presentare un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone fisiche; rischio che renderebbe necessaria una preventiva valutazione di impatto sulla protezione dei dati personali.

Per evitare di incorrere nel meccanismo sanzionatorio previsto per i casi di trattamento illecito dei dati, i datori di lavoro devono, in primo luogo, mettersi in regola con gli adempimenti previsti dalla normativa: aggiornare l’informativa privacy per i dipendenti, eseguire una valutazione di impatto sui diritti fondamentali, eseguire un test di bilanciamento, rivedere la politica di conservazione dei dati.

Per poter allungare il periodo di conservazione dei metadati è necessario attivare il meccanismo previsto dall’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori. Questa norma, dopo aver vietato ogni forma di controllo a distanza dei lavoratori, consente di usare sistemi che generano un controllo indiretto solo se tale utilizzo viene espressamente autorizzato da un accordo sindacale. Nel caso in cui non si trovi l’accordo, si può procedere con la richiesta di l’autorizzazione all’Ispettorato del lavoro.

L’accordo non è necessario  per alcune tipologie di metadati, ovvero quelle rientranti nella nozione di «strumenti di lavoro». Sono inclusi in questa definizione, secondo il Garante, solo i metadati necessari ad assicurare il funzionamento delle infrastrutture del sistema della posta elettronica (per un tempo di poche ore o giorni); un ambito davvero molto ristretto.

Viste le criticità e l’aumento di attività che questa nuova posizione del Garante può generare, è auspicabile – al più presto – un intervento chiarificatore del Ministero del lavoro.

Lavoro domestico: i nuovi minimi retributivi

L’8 gennaio 2024 è stato siglato, dalla Commissione Nazionale per l’aggiornamento retributivo, l’accordo sui nuovi minimi retributivi relativi al lavoro domestico derivanti dalla variazione del costo della vita. L’incremento per il 2024 è lieve grazie ad una contenuta variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo.

La tabella con gli importi retributivi aggiornati ha decorrenza dal 1° gennaio 2024.

Il Ministero del lavoro ha reso disponibili il verbale di accordo e la tabella dei minimi retributivi, consultabili al seguente link.

 

Esonero contributivo per lavoratrici madri

La legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di Bilancio 2024), ha introdotto per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 – per le lavoratrici madri di tre o più figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, un esonero del 100 per cento della quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore fino al mese di compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo, nel limite massimo annuo di 3.000 euro riparametrato su base mensile.

In via sperimentale, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, l’esonero è esteso anche alle lavoratrici madri di due figli, con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, fino al mese del compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo.

Sono sempre esclusi i rapporti di lavoro domestico.

La misura agevolativa si sostanzia in un abbattimento totale della contribuzione previdenziale dovuta dalla lavoratrice, nel limite massimo di 3.000 euro annui, da riparametrare su base mensile.

Lavoratrici che possono accedere all’esonero

Possono accedere all’esonero in trattazione tutte le lavoratrici madri, dipendenti di datori di lavoro sia pubblici che privati, anche non imprenditori, ivi compresi quelli appartenenti al settore agricolo, anche part-time, con l’esclusione dei soli rapporti di lavoro domestico.

Qualora un rapporto di lavoro a tempo determinato venga convertito a tempo indeterminato, l’esonero può trovare legittima applicazione a decorrere dal mese di trasformazione a tempo indeterminato.

La misura è, inoltre, applicabile ai rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato instaurati in attuazione del vincolo associativo stretto con una cooperativa di lavoro ed è prevista l’equiparazione dell’assunzione a scopo di somministrazione ai rapporti di lavoro subordinato.

Verifica dei requisiti

L’esonero spetta alle lavoratrici che, nel periodo ricompreso dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026, soddisfino il requisito richiesto dalla normativa, vale a dire risultino essere madri di tre figli o più figli, di cui il più piccolo abbia un’età inferiore a 18 anni.

La realizzazione del requisito si intende soddisfatta al momento della nascita del terzo figlio (o successivo) e la verifica dello stesso requisito si cristallizza alla data della nascita del terzo figlio (o successivo), non producendosi alcuna decadenza dal diritto a beneficiare della riduzione contributiva in oggetto in caso di premorienza di uno o più figli o dell’eventuale fuoriuscita di uno dei figli dal nucleo familiare o, ancora, nelle ipotesi di non convivenza di uno dei figli o di affidamento esclusivo al padre.

Per il periodo ricompreso dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, l’esonero spetta alle lavoratrici che risultino essere madri di due figli, di cui il più piccolo abbia un’età inferiore a 10 anni. Anche in questo caso, il requisito dell’essere madre di due figli si intende perfezionato al momento della nascita del secondo figlio e si cristallizza con riferimento a tale data, essendo irrilevante l’eventuale successiva premorienza di un figlio.

Nel caso in cui sia soddisfatto il requisito dell’essere madre di tre figli o più figli nel periodo dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 o il requisito dell’essere madre di due figli nel periodo dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, l’esonero in esame, nelle ipotesi in cui sia prevista l’integrazione dell’indennità da parte del datore di lavoro per il congedo fruito, spetta a partire dal mese di perfezionamento del requisito richiesto dalla norma.

Assetto e misura dell’esonero

L’esonero è pari al 100% della contribuzione previdenziale a carico della lavoratrice, nel limite massimo di 3.000 euro annui, da riparametrare e applicare su base mensile.

La soglia massima di esonero della contribuzione dovuta dalla lavoratrice, riferita al periodo di paga mensile è, pertanto, pari a 250 euro (€ 3.000/12) e, per i rapporti di lavoro instaurati o risolti nel corso del mese, detta soglia va riproporzionata assumendo a riferimento la misura di 8,06 euro (€ 250/31) per ogni giorno di fruizione dell’esonero contributivo.

Tali soglie massime devono ritenersi valide anche nelle ipotesi di rapporti di lavoro part-time, per le quali, pertanto, non è richiesta una riparametrazione dell’ammontare dell’esonero spettante.

Nelle suddette ipotesi, resta ferma la possibilità per la medesima lavoratrice titolare di più rapporti di lavoro di avvalersi dell’esonero in trattazione per ciascun rapporto.

Nel caso in cui la lavoratrice madre, alla data del 1° gennaio 2024, risulti già essere madre di tre o più figli, di cui il minore abbia un’età inferiore a 18 anni, l’esonero trova applicazione a partire dal 1° gennaio 2024. Viceversa, nel caso in cui il requisito dell’essere madre di tre o più figli si perfezioni in un momento successivo a tale data, l’esonero trova applicazione a partire dal mese della nascita del terzo figlio.

Allo stesso modo, nel caso in cui la lavoratrice madre, alla data del 1° gennaio 2024, risulti già essere madre due figli, di cui il minore abbia un’età inferiore a 10 anni, l’esonero trova applicazione a partire dal 1° gennaio 2024. Viceversa, nel caso in cui il requisito dell’essere madre di due figli si perfezioni in un momento successivo a tale data, l’esonero trova applicazione a partire dal mese della nascita del secondo figlio.

Per i rapporti di lavoro instaurandi, invece, la decorrenza dell’esonero, come sopra precisato, è, in presenza dei presupposti legittimanti, a partire dalla data di instaurazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Condizioni di spettanza dell’esonero

La misura agevolativa si applica sulla quota dei contributi a carico della lavoratrice madre, in relazione a tutti i rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato dei settori pubblico e privato, sia instaurati che instaurandi, a esclusione dei rapporti di lavoro domestico, a condizione che, nel periodo dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026:

–    la lavoratrice sia madre di tre o più figli;

–    il figlio più piccolo abbia un’età inferiore a 18 anni (da intendersi come 17 anni e 364 giorni).

Per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, l’esonero trova applicazione anche in favore delle lavoratrici madri di due figli, a condizione che il figlio più piccolo abbia un’età inferiore a 10 anni (da intendersi come 9 anni e 364 giorni).

Si ricorda che la riduzione contributiva trova applicazione anche in favore delle lavoratrici che, nell’ambito del proprio nucleo familiare, abbiano bambini in adozione o in affidamento.

Il diritto alla fruizione dell’agevolazione, inoltre, sostanziandosi in una riduzione contributiva per la lavoratrice, che non comporta benefici in capo al datore di lavoro, non è neanche subordinato al possesso del documento unico di regolarità contributiva (DURC).

Coordinamento con altre agevolazioni

L’esonero contributivo risulta cumulabile con gli esoneri riguardanti la contribuzione dovuta dal datore di lavoro, previsti a legislazione vigente.

Con particolare riferimento all’eventuale regime di cumulo con altre riduzioni sulla quota contributiva a carico del lavoratore, l’incentivo è strutturalmente alternativo all’esonero sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (quota IVS) a carico del lavoratore. L’applicazione della riduzione contributiva in argomento a favore delle lavoratrici madri, nel singolo mese di paga, esaurisce l’importo massimo esonerabile sulla quota IVS a carico della lavoratrice, non residuando, pertanto, un concreto spazio di autonoma operatività dell’esonero IVS previsto dal comma 15 della legge di Bilancio 2024. Laddove sussistano i presupposti legittimanti per l’applicazione di entrambe le misure, quindi, queste possono trovare sostanziale applicazione soltanto in via alternativa tra di loro.

Resta fermo che dal mese successivo rispetto alla fruizione di una delle due misure di esonero si possa ricorrere, in presenza dei presupposti legittimanti, alla diversa misura di esonero della quota a carico della lavoratrice.

Istruzioni operative

Le lavoratrici pubbliche e private titolari di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato possono comunicare al loro datore di lavoro la volontà di avvalersi dell’esonero in argomento, rendendo noti al medesimo datore di lavoro il numero dei figli ed i relativi codici fiscali.

Legge di bilancio 2024: detassazione dei premi di risultato e per il lavoro notturno e festivo per i lavoratori delle strutture turistico-alberghiere

Per i premi di produttività erogati nell’anno 2024, il comma 18 della Legge di bilancio 2024 riduce dal 10 al 5% l’aliquota dell’imposta sostitutiva di cui all’art. 1, comma 182, legge n. 208/2015.

Sempre in tema di detassazione, con l’obiettivo di garantire la stabilità occupazionale e di sopperire all’eccezionale mancanza di offerta di lavoro nel settore turistico, ricettivo e termale, i commi da 21 a 25, riconoscono (per il periodo dal 1° gennaio 2024 al 30 giugno 2024) un trattamento integrativo speciale, che non concorre alla formazione del reddito, pari al 15% delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario, ai sensi del D.Lgs. n. 66/2003, effettuate nei giorni festivi, ai seguenti lavoratori dipendenti del settore privato, titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore, nel periodo d’imposta 2023, a 40.000 euro:

– lavoratori degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, di cui all’art. 5, legge n. 287/1991;

– lavoratori del comparto del turismo, inclusi gli stabilimenti termali.

Il trattamento integrativo speciale viene riconosciuto dal sostituto d’imposta su richiesta del lavoratore, che attesta per iscritto l’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nell’anno 2023. Le somme erogate dovranno essere indicate nella certificazione unica.

Il sostituto d’imposta recupera il credito maturato per effetto dell’erogazione del trattamento integrativo speciale mediante compensazione ai sensi dell’art. 17, D.Lgs. n. 241/1997.

Ccnl legno industria, da gennaio nuovi minimi retributivi

Per il comparto legno industria, a partire dal mese di gennaio 2024, verranno applicati i nuovi minimi retributivi fissati dalle parti sociali nell’accordo del 30 gennaio.

Per la parte economica, il contratto prevede aumenti basati sul modello a “doppia pista salariale” con adeguamento all’indice Ipca non depurata dei costi energetici. La quota prevista secondo i dati Istat, è del 5,9% e darà luogo ad un ulteriore aumento della retribuzione che per il livello ac1/as2 ammonta a 124,71 euro.

Per il mese di gennaio del 2025 è fissata una nuova verifica per determinare il totale dell’aumento.

Cassazione: se la riorganizzazione è effettiva, il licenziamento è legittimo

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo per esigenze di risparmio, deve essere suffragato indicando il motivo per il quale la scelta ricada su un determinato dipendente; nel compiere la scelta, inoltre, il datore di lavoro deve considerare tulle le posizioni con ruoli comparabili. È quanto ha affermato la Cassazione nell’ordinanza 31660/2023.

Nel  caso in esame, la Corte ha rilevato che la decisione di Appello si era limitata ad asserire che, accertato il passivo di bilancio, il licenziamento del lavoratore fosse necessariamente connesso alla necessità di conseguire un risparmio in un determinato settore lavorativo, senza spiegare da quali elementi di giudizio la Corte d’Appello abbia ricavato che l’esigenza di contrazione dei costi dovesse limitarsi a un determinato settore lavorativo invece che a un altro. Pertanto, non è possibile accertare che i costi da ridurre fossero quelli di una specifica categoria e riguardare quindi la posizione del lavoratore licenziato e non altre.

In sede di appello erano state rigettate anche le osservazioni del lavoratore sulla possibile mancata soppressione di un differente e più costoso posto di lavoro, poiché si sarebbe trattato di scelte datoriali insindacabili.

Secondo i Giudici di Cassazione, la pronuncia d’Appello ha violato le regole sull’accertamento del nesso causale tra ragione organizzativa addotta e soppressione del posto di lavoro.

Poiché è stata ipotizzata una generale necessità di contenimento dei costi, appare indispensabile approfondire le ragioni per le quali la scelta cade su un determinato lavoratore, prendendo in considerazione anche altre posizioni di lavoro, in particolare quelle comparabili a quella soppressa. Tale attività è necessaria per suffragare l’esistenza del giustificato motivo.

La ragione organizzativa o produttiva collegata a una politica di riduzione dei costi deve essere valutata nella sua esistenza ed entità per accertare la correttezza e legittimità della scelta della soppressione di un certo posto di lavoro, senza che con questo si verifichino indebite interferenze sulle scelte datoriali.