Prestazioni occasionali: prestazione resa a cavallo della mezzanotte

Quando la prestazione di lavoro occasionale è resa durante un orario che ricomprende la mezzanotte e che, pertanto, interessa due distinte giornate, il datore di lavoro è tenuto a comportarsi come indicato dall’Inps:

  • Registrare – all’interno della piattaforma telematica – due prestazione: una per ogni giornata interessata;
  • Corrispondere, per ogni giornata lavorata e registrata, il compenso minimo di 36 euro ciascuna; il compenso minimo deve essere pagato anche se il lavoratore ha lavorato per un orario inferiore.

Nel caso specifico del quesito rivolto all’Inps, per una prestazione resa dalla ore 22 alle ore 2 del giorno successivo, oltre a dover registrare telematicamente una prestazione che interessa due giornate, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere il compenso minimo (36 euro per 4 ore di lavoro) per entrambe le giornate di lavoro.

Inail: infortuni brevi da segnalare

A partire dal 12 ottobre p.v. entra in vigore l’obbligo di comunicare all’Inail gli infortuni con prognosi superiore ad un giorno oltre quello dell’infortunio.

La comunicazione deve essere comunicata entro 48 ore dalla ricezione del certificato medico, utilizzando il canale telematico dell’Istituto.

Il lavoratore – oltre a dare tempestiva comunicazione dell’accaduto al datore di lavoro – deve farsi rilasciare (dal pronto soccorso, dal medico aziendale o dal proprio medico curante) un certificato che attesti la prognosi ed i giorni di presunta inabilità. Tale certificato deve essere inoltrato all’Inail a cura del medico che lo ha rilasciato.

In caso di omessa comunicazione da parte del medico, il lavoratore perde il diritto all’indennizzo da parte dell’Inail. Se, invece, ad omettere la comunicazione è il datore di lavoro, questa può essere fatta direttamente dal lavoratore recandosi presso la sede Inail competente.

mètaSalute: versamento contributi ottobre 2017

Il pagamento dei contributi del fondo sanitario mètaSalute relativi al mese di ottobre 2017, devono essere pagati dalle aziende iscritte tramite MAV, che sarà scaricabile dall’Area Riservata Azienda a partire dal giorno 15 ottobre p.v.

Le ritenute omesse seguono il criterio della competenza

L’accertata omissione del versmento delle ritenute, in fase di ricostruzione, deve seguire il criterio della competenza contributiva nel corso dell’anno civile.

E’ quanto affermato dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (Lettera circolare 8376/2017), ponendosi in contrasto con la tesi sostenuta nel 2016 dal Ministero del Lavoro, ma uniformandosi alla giurisprudenza di cassazione (sentenza 39882/2017).

Nel caso in cui l’ammontare dell’omissione in un anno abbia un totale superiore a 10.000 euro, si configura il reato di illecito penale che viene punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 1.032 euro.

I Giudici di cassazione affermano che «la consumazione del reato appare coincidere, secondo una triplice diversa alternativa, o con il superamento, a partire sempre dal mese di gennaio, dell’importo di 10 mila euro ove allo stesso non faccia più seguito alcuna ulteriore omissione, o con l’ulteriore o le ulteriori omissioni successive sempre riferite al medesimo anno, ovvero, definitivamente e comunque, laddove anche il versamento del mese di dicembre sia omesso, con la data del 16 gennaio dell’anno successivo».

Ne cosegue che l’eventuale omissione del versamento delle ritenute contributive deve seguire il criterio della competenza contributiva, ossia fare riferimento al periodo intercorrente dalla scadenza del primo versamento dell’anno contributivo dovuto, relativo al mese di gennaio (versamento da effettuarsi entro il 16 febbraio successivo) fino alla scadenza dell’ultimo, relativo al mese di dicembre (16 gennaio dell’anno successivo).

Metalmeccanica Industria – Fondo sanitario mètaSalute

A decorrere dal 1° ottobre 2017, le aziende del comparto industria che applicano il contratto collettivo nazionale di lavoro metalmeccanica e installazione impianti sono tenute ad aderire al fondo sanitario mètaSalute e a provvedere all’iscrizione dei propri dipendenti al suddetto fondo.

I dipendenti oggetto di copertura delle prestazioni sono quelli cui vengono applicati i seguenti contratti:

  • Tempo indeterminato (anche part-time);
  • Apprendistato;
  • Tempo determinato con durata superiore a 5 mesi, decorrenti dalla data di iscrizione al fondo.

La contribuzione, totalmente a carico del datore di lavoro – che copre sia i dipendenti che i familiari fiscalmente a carico – ammonta a 156,00 euro annui, suddivisi in 12 quote mensili di 13,00 ciascuna.

Rinuncia al periodo di comporto: su chi ricade l’onere della prova?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16392/2017, si esprime in merito al licenziamento del lavoratore una volta superato il periodo di comporto contrattualmente previsto.

I Giudici ricordano il principio – ormai consolidato – secondo il quale, nonostante il datore di lavoro abbia piena facoltà di recedere dal contratto già al termine del periodo di comporto, sarebbe opportuno predisporre un periodo di lavoro durante il quale poter accertare se sia effettivamente praticabile la strada del reintegro del lavoratore nella struttura aziendale.

L’interesse del lavoratore ad avere notizia circa la prosecuzione del rapporto di lavoro deve trovare il giusto equilibrio con i tempi necessari al datore di lavoro per compiere la scelta.

La Corte, cercando di fare chiarezza in relazione all’onere della prova in caso di rinuncia al periodo di comporto – anche in ragione dei divergenti orientamenti giurisprudenziali precedenti – sostiene che il summenzionato onere ricada sul datore di lavoro; questo in base all’applicazione dei criteri generali sul riparto dell’onere probatorio.

Nello specifico, al datore di lavoro spetta fornire le giustificazioni che stanno alla base dell’atto di licenziamento per superamento del periodo di comporto, mentre grava sul lavoratore la dimostrazione della tacita rinuncia alla facoltà come atto estintivo del potere di recesso.

Il lavoratore potrà fornire tale prova tramite l’esposizione di elementi come il possesso da parte del datore di tutti i dati documentali necessari per il computo delle assenze, il tipo e le dimensioni della struttura aziendale, oltre al dato relativo al lasso di tempo intercorso tra il superamento del comporto e il licenziamento stesso.

Infatti, è importante che il datore di lavoro comunichi la propria volontà di recedere dal contratto di lavoro in un tempo ragionevole in relazione alla ripresa dell’attività lavoroativa; questo anche nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede. Nel caso il cui trascorra troppo tempo tra i due eventi ed il lavoratore lamenti il non rispetto di tali principi, spetterà al datore di lavoro provare che la ritardata comunicazione del licenziamento è dovuta a cause a lui non imputabili.

Infortunio: il datore di lavoro deve provare la propria non responsabilità

In caso di infortunio sul lavoro, è a carico del datore di lavoro l’onere di fornire prove riguardanti la propria non imputabilità in merito alle cause dell’infortunio stesso.

E’ quanto affermano i giudici di Cassazione – Sezione Lavoro nella sentenza 9870/2017. Nel caso di specie, il datore di lavoro – nonostante la segnalazione di malfunzionamento – aveva omesso di promulgare disposizioni in merito al corretto utilizzo di uno specifico dispositivo aziendale, attraverso il quale la lavoratrice si è cagionata l’infortunio.

Inoltre, la Corte evidenzia che, in caso di violazione dell’obbligo generale di sicurezza – così come definito dall’art. 2087 c.c. – il soggetto che subisce il danno (lavoratore) non è tenuto a fornire prove attestanti la colpa dell’altro (datore di lavoro).

Inail: nuovo opuscolo “Sicurezza al passo coi tempi 2017”

L’Inail – in collaborazione con il Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro – ha pubblicato l’opuscolo “Sicurezza…al passo coi tempi 2017”.

Il documento tratta le principali tematiche in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e contiene una specifica sezione dedicata alle agevolazioni di tariffa e al sostegno economico previsto per le imprese che effettuano investimenti nel campo della prevenzione.

In sostanza, l’opuscolo è suddiviso in due sezioni:

  • la prima parte compie una panoramica sulla normativa vigente in materia di salute e sicurezza sul luoghi di lavoro, con specifico riferimento al D.Lgs. 81/2008 e sul ruolo chiave della prevenzione;
  • la seconda parte contiene una guida sulle modalità di richiesta della riduzione del premio assicurativo Inail e una panoramica dei finanziamenti erogati dall’Istituto alle imprese che compiono investimenti volti a migliorare i livelli di salute e sicurezza sul luogo di lavoro.

L’intento dell’opuscolo, oltre a quello di fornire un quadro generale delle norme vigenti nel campo della sicurezza, è anche quello di consentire alle imprese di comprendere la necessità della prevenzione e i conseguenti vantaggi che ne derivano.

Leggi l’Opuscolo

Badge ad alta frequenza: per l’utilizzo in azienda è necessario l’accordo

La Sentenza 17531/2017 della Corte di Cassazione stabilisce che il badge c.d. ad alta frequenza, ossia contenente un chip in grado di monitorare i dati relativi al dipendente, deve essere considerato quale strumento di controllo dei lavoratori.

Pertanto, la messa in uso di tali dispositivi deve essere preceduta dall’accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o, in assenza di queste ultime, dall’autorizzazione rilasciata dall’Ispettorato territoriale del lavoro.

Buoni pasto: novità dal 9 settembre

A partire dal 9 settembre entrano in vigore le novità relative ai buoni pasto erogati ai dipendenti e ai collaboratori di aziende pubbliche e private.

Le principali novità, contenute nel Decreto 122/2017 del MISE, sono:

  • la cumulabilità di utilizzo di 8 buoni contemporaneamente,
  • i buoni possono essere utilizzati anche durante le giornate non lavorative.

Il buono pasto in formato cartaceo ha un valore nominale di euro 5,29 e deve riportare le seguenti informazioni:

  • codice fiscale/ragione sociale del datore di lavoro,
  • codice fiscale e ragione sociale della società che li emette,
  • valore nominale,
  • termine di utilizzo,
  • spazio ove apporre data e firma per l’utilizzo,
  • la dicitura “Il buono pasto non è cedibile, né cumulabile oltre il limite di otto buoni, né commercializzabile o convertibile in denaro; può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dal titolare”.

Il Decreto del MISE contiene l’elencazione che il buono pasto può essere utilizzato presso i soggetti legittimati ad esercitare le seguenti attività:

a) la somministrazione di alimenti e bevande;
b) l’attività di mensa aziendale ed interaziendale;
c) la vendita al dettaglio, sia in sede fissa che su area pubblica, dei prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare;
d) la vendita al dettaglio nei locali di produzione e nei locali attigui dei prodotti alimentari previa iscrizione all’Albo;
e) la vendita al dettaglio e la vendita per il consumo sul posto dei prodotti provenienti dai propri fondi effettuata, dagli imprenditori agricoli;
a) i coltivatori diretti e le società semplici esercenti l’attività agricola, iscritti nella sezione speciale del registro delle imprese;
b) nell’ambito dell’attività di agriturismo di cui alla legge 20 febbraio 2006, n. 96, la somministrazione di pasti e bevande, costituiti prevalentemente da prodotti propri e da prodotti di aziende agricole della zona, presso la propria azienda;
c) nell’ambito dell’attività di ittiturismo, la somministrazione di pasti costituiti prevalentemente da prodotti derivanti dall’attività di pesca, da parte di imprenditori ittici;
d) la vendita al dettaglio dei prodotti alimentari, anche trasformati, nei locali adiacenti a quelli di produzione nel caso di soggetti esercenti l’attività di produzione industriale.