Ministero del lavoro: le prime indicazioni sul Decreto 48/2023

La Circolare n. 9/2023 pubblicata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali fornisce le indicazioni necessarie per un’uniforme applicazione di quanto previsto dal Decreto Legislativo n. 48/2023 (convertito in Legge 85/2023) in materia di contratto a tempo determinato.

Rispetto alla normativa previgente, restano invariati:

1) il limite massimo di durata del contratto a termine tra lo stesso lavoratore e datore di lavoro, che è fissato in  ventiquattro mesi fatte salve le diverse previsioni dei contratti collettivi e la possibilità di un’ulteriore stipula di un contratto a tempo determinato, della durata massima di dodici mesi, presso la sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro;

2) il numero massimo di proroghe consentite (quattro nell’arco temporale di ventiquattro mesi),

3) il regime delle interruzioni tra un contratto di lavoro e l’altro (c.d. stop and go).

Di seguito, riportiamo alcune delle variazioni apportate dal Decreto e analizzate dalla Circolare ministeriale.

Condizioni legittimanti l’apposizione del termine

Sono state del tutto soppresse le condizioni in precedenza riferite a:

  • Esigenze temporanee e oggettive estranee all’ordinaria attività;
  • Esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

Valorizzando il ruolo della contrattazione collettiva nella individuazione dei casi che consentono di apporre al contratto di lavoro un termine superiore ai dodici mesi, ma in ogni caso non eccedente la durata massima di ventiquattro mesi, sono state introdotte le seguenti casistiche:

La nuova lettera a) si limita a riaffermare la prerogativa, già in precedenza riconosciuta alla contrattazione collettiva, di individuare tali casi,
purché ciò avvenga ad opera dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni, ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria;

La nuova lettera b) esplicita che, in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), le condizioni possano essere individuate dai contratti
collettivi applicati in azienda, fermo restando il rispetto delle previsioni di cui all’articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015 in ordine alla qualificazione dei soggetti stipulanti, in un’ottica di valorizzazione della contrattazione di prossimità.

La stessa lettera b) introduce, altresì, la possibilità che le parti del contratto individuale di lavoro – in assenza di specifiche previsioni contenute nei contratti collettivi – possano individuare esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro di durata superiore ai dodici mesi (ma ugualmente non superiore ai ventiquattro mesi).
Ai sensi di tale disposizione, si evidenzia che le parti individuali possono avvalersi solo temporaneamente di tale possibilità, entro la data del 30 aprile 2024 (da intendersi come riferita alla stipula), consentendo in tal modo alle Parti sociali di adeguare alla nuova disciplina i contratti collettivi sopra richiamati, le cui previsioni costituiscono fonte privilegiata in questa materia.

Proroghe e rinnovi

Il Decreto disciplina con maggiore uniformità il regime delle proroghe e dei rinnovi che, nei primi dodici mesi, possono adesso intervenire
liberamente senza specificare alcuna condizione, mentre viene confermato l’obbligo delle condizioni previste dall’articolo 19, comma 1, per eventuali periodi successivi ai dodici mesi.

Il comma 1-ter (aggiunto al testo originario in sede di conversione del decreto-legge) introduce una previsione che ha l’effetto di consentire ulteriori contratti di lavoro a termine privi di causale per  la durata massima di dodici mesi, indipendentemente da eventuali rapporti già stipulati tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore prima dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 48 del 2023.

Più in particolare, la disposizione prevede che, ai fini del raggiungimento del limite massimo di dodici mesi, si tiene conto unicamente dei contratti di lavoro stipulati a decorrere dal 5 maggio 2023, data di entrata in vigore del decreto legge in esame.
Conseguentemente, eventuali rapporti di lavoro a termine intercorsi tra le medesime parti in forza di contratti stipulati prima del 5 maggio 2023 non concorrono al raggiungimento del termine di dodici mesi entro il quale viene consentito liberamente il ricorso al contratto di lavoro a termine.
Per effetto di tale previsione, a decorrere dal 5 maggio 2023 i datori di lavoro potranno liberamente fare ricorso al contratto di lavoro a termine per un ulteriore periodo (massimo) di dodici mesi, senza necessità di ricorrere alle specifiche condizioni dell’articolo 19, comma 1, indipendentemente da eventuali rapporti già intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore in forza di contratti stipulati prima del 5 maggio 2023, ferma restando la durata massima dei contratti a tempo determinato prevista dalla legge o dalla contrattazione collettiva.

Somministrazione

Infine, il comma 1-quater (anch’esso aggiunto all’articolo 24 in sede di conversione del decreto-legge) interviene a modificare quanto previsto in materia di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, con l’obiettivo di superare alcune limitazioni per particolari categorie di lavoratori.
In primo luogo, viene adesso previsto che ai fini del rispetto del limite del 20 per cento, previsto dal primo periodo del comma 1, non rilevano i lavoratori somministrati assunti dall’agenzia di somministrazione con contratto di apprendistato.

Inoltre, viene esclusa espressamente l’applicabilità di limiti quantitativi per la somministrazione a tempo indeterminato di alcune categorie di lavoratori, tassativamente individuate, tra cui i soggetti disoccupati che fruiscono da almeno sei mesi di trattamenti di
disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali, i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dell’articolo 2, numeri 4 e 99, del Regolamento (UE) n. 651/2014, come individuati dal decreto ministeriale del 17 ottobre 2017.

Cassazione: trasformazione del rapporto a tempo parziale e licenziamento per gmo

Il contenuto dell’articolo 8 del D.Lgs. 81/2015 non preclude la facoltà di recesso per motivo oggettivo in caso di rifiuto del part-time ma comporta una rimodulazione del giustificato motivo oggettivo e dell’onere di prova posto a carico di parte datoriale, pur escludendo che il rifiuto di trasformazione del rapporto in part-time possa costituire di per sé giustificato motivo di licenziamento.

Questo il contenuto della Sentenza della Cassazione Civile Sezione Lavoro n. 12244/2023. Nello specifico, ai fini del giustificato motivo oggettivo di licenziamento, occorre che sussistano e che siano dimostrate dal datore di lavoro effettive esigenze economiche ed organizzative tali da non consentire il mantenimento della prestazione a tempo pieno, ma solo con l’orario ridotto; l’avvenuta proposta al dipendente o ai dipendenti di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale e il rifiuto dei medesimi; l’esistenza di un nesso causale tra le esigenze di riduzione dell’orario e il licenziamento.

Garante privacy: accesso ai dati gps da parte dei dipendenti

Costituisce un diritto dei lavoratori dipendenti richiedere – e ottenere – i dati sulla geolocalizzazione, utilizzati dal datore di lavoro per elaborare i rimborsi chilometrici e la retribuzione mensile oraria.

E’ quanto affermato dal Garante per la protezione dei dati personali nella Newsletter dell’11 settembre 2023.

Il Garante ha comminato una sanzione di 20mila euro a una società incaricata della lettura dei contatori di gas, luce e acqua, per non aver dato idoneo riscontro alle istanze di accesso ai dati di tre dipendenti.

Nello specifico, i lavoratori avevano chiesto alla ditta di conoscere le informazioni utilizzate per elaborare i rimborsi chilometrici e la retribuzione mensile oraria, nonché la procedura per stabilire il compenso dovuto, al fine di verificare la correttezza della propria busta paga.

I dati oggetto della richiesta erano quelli raccolti attraverso lo smartphone fornito dalla società sul quale era stato istallato un sistema di geolocalizzazione che permetteva agli operatori di individuare il tragitto da effettuare per raggiungere i contatori.

L’attività istruttoria del Garante ha fatto emergere che la società – in qualità di titolare del trattamento – non aveva fornito un riscontro idoneo a quanto richiesto dai reclamanti, limitandosi a indicare le modalità e gli scopi per i quali venivano trattati.

Tale condotta risulta illecita in base ai principi della normativa sulla privacy: dalla rilevazione del GPS, infatti, deriva indirettamente la geolocalizzazione dei dipendenti e, di conseguenza, un trattamento di dati personali, quantomeno nel momento della lettura dei contatori.

Il Garante ha, pertanto, ordinato alla società di fornire ai reclamanti i dati relativi alle specifiche rilevazioni/coordinate geografiche effettuate con il GPS dello smartphone e tutte le informazioni ricollegate al trattamento richieste.

In aggiunta, è stato precisato che la società, avrebbe – comunque – dovuto indicare almeno i motivi specifici per i quali non poteva soddisfare le istanze di accesso, rammentando il diritto dell’interessato di presentare reclamo al Garante o ricorso giurisdizionale.

Ministero del Lavoro: rivalutate le sanzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro

Il Decreto n. 111 del 20 settembre 2023 della Direzione Generale per la Salute e la Sicurezza nei luoghi di lavoro, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, contiene la rivalutazione dell’importo delle sanzioni del decreto legislativo n. 81/2008 (TU in materia di salute e sicurezza negli ambienti di lavoro).

Nello specifico, le ammende riferite alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché da atti aventi forza di legge, sono rivalutate, a decorrere dal 1° luglio 2023, nella misura del 15,9%.

Smart Working per lavoratori “fragili”: proroghe al 31 dicembre 2023

Il Decreto Legge n. 132/2023 del Consiglio dei Ministri (pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 228 del 29 settembre 2023 ed entrato in vigore il 30 settembre 2023) contiene disposizioni urgenti in tema di proroga di termini normativi e versamenti fiscali.

Tra le varie disposizioni è presente la proroga – alla data del 31 dicembre 2023 – del diritto allo smart working per i lavoratori dipendenti c.d. fragili, dei settori pubblico e privato.

Per completezza, si ricorda che sono considerati “fragili” i lavoratori dipendenti affetti da una patologie e/o condizione individuata dal decreto Interministeriale del 04/02/2022 (Salute, Lavoro e Pubblica Amministrazione).

Nel caso in cui l’attività lavorativa fosse incompatibile con la prestazione da remoto, il lavoratore deve essere adibito a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, senza alcuna decurtazione della retribuzione in godimento.

Svolgimento di altra attività lavorativa durante la malattia: una recente pronuncia della Cassazione

Lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configura violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede. E’ il principio contenuto nella Sentenza 12994/2023 della Cassazione Civile Sezione Lavoro.

Il principio è valido sia se lo svolgimento dell’attività può essere tale da far supporre l’inesistenza dello stato morboso, sia nel caso in cui lo stesso può – in ogni caso – pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio.

I Giudici aggiungono che, durante l’assenza per malattia del dipendente, è a carico del datore di lavoro la prova che essa sia simulata ovvero che la predetta attività sia potenzialmente idonea a pregiudicare o ritardare il rientro in servizio del dipendente; questo perché, come previsto dall’art. 5 della Legge 604/1966, sono a suo carico tutti gli elementi di fatto integranti la fattispecie che giustifica il licenziamento e, dunque, di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, idonee a connotare l’illecito disciplinare contestato.

Nel caso in esame, la Sentenza conferma la legittimità del licenziamento inflitto al lavoratore che, pur essendo in malattia a causa di un trauma contusivo distorsivo alla caviglia sinistra, aveva tenuto comportamenti integranti una condotta incauta.

TAR Lombardia: la scelta del Ccnl applicabile non può avvenire con provvedimento di disposizione ITL

Il TAR Lombardia con la sentenza n. 2046/2023 si pronuncia in tema di provvedimento emesso dall’Ispettorato del lavoro e applicazione del Ccnl.

Nello specifico, la sentenza afferma  che l’Ispettorato del lavoro non può imporre al datore di lavoro – tramite provvedimento di disposizione – l’applicazione di un Ccnl diverso (e migliorativo sotto il profilo retributivo) da quello applicato dal datore di lavoro.

In assenza di una previsione di legge sul salario minimo previsto, il Ccnl applicabile ai propri dipendenti rientra nella scelta discrezionale del datore di lavoro e, salvo il caso di contratti collettivi contenenti previsioni contrarie alla legge oppure riferibili a categorie del tutto disomogenee con quelle in cui opera l’impresa, tale determinazione non è sindacabile nel merito in sede amministrativa o giurisdizionale.

 

Segnalazioni whistleblowing: attiva la nuova piattaforma

All’interno del portale dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (A.N.AC.) è attiva la nuova versione della piattaforma di whistleblowing, migliorata rispetto all’architettura e alla sicurezza; inoltre, implementa i nuovi moduli di segnalazione (settore pubblico e privato) adeguati alle previsioni del D.Lgs. n. 24/2023.
All’interno della nuova piattaforma sono stati trasferiti i dati e i documenti presenti in quella precedente. L’accesso e la fruizione per l’utente hanno subito processi di semplificazione. Sono presenti anche schede riassuntive che spiegano le novità introdotte dalla legge e gli strumenti a disposizione per segnalare eventuali illeciti.
Procedure di segnalazione
La procedura consente di inserire la condizione che si suppone sia presente come base fondante la segnalazione all’A.N.AC.; per procedere è necessario indicare un’adeguata motivazione con riferimento alle seguenti fattispecie.
A) Il canale di segnalazione nell’ambito dell’ente di riferimento: pur essendo obbligatorio, non è attivo o – anche se attivo – non è conforme a quanto previsto dalla normativa in quanto non idoneo ad assicurare la riservatezza dell’identità del segnalante, degli altri soggetti tutelati, dei contenuti della segnalazione nonché della documentazione allegata.
B) Il canale interno: è stato utilizzato, ma il soggetto cui è affidata la gestione del canale non ha intrapreso – entro i termini previsti dal d.lgs. 24/2023 – alcuna attività circa l’ammissibilità della segnalazione o la verifica della sussistenza dei fatti segnalati o la comunicazione dell’esito dell’istruttoria svolta.
C) L’evidente probabilità che in caso di segnalazione interna:
  • Non sarebbe dato efficace seguito in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto.
  • Si avrebbe fondato timore di subire una ritorsione in ragione di situazioni ed eventi che si sono già verificati nell’ amministrazione/ente.

Sportello virtuale Inps per il cittadino e le imprese su visite mediche di controllo: visualizzazione visite mediche e relativi esiti per il lavoratore

All’interno del nuovo servizio Inps “Sportello per il cittadino per le visite mediche di controllo”, è stata sviluppata una nuova funzionalità, denominata “Visualizza visite”, a uso dei lavoratori.

La nuova funzionalità consente al lavoratore la visualizzazione dell’elenco degli accertamenti domiciliari e ambulatoriali a lui riferiti con i relativi esiti. Inoltre, è presente la funzione denominata “Indirizzo reperibilità ai fini delle visite mediche di controllo”, attraverso la quale i lavoratori possono comunicare l’eventuale variazione dell’indirizzo di reperibilità per eventi di malattia in corso di prognosi.

Funzionalità “Visualizza visite”

La nuova funzionalità “Visualizza visite” è accessibile, per i cittadini, direttamente dal sito internet www.inps.it attraverso il seguente percorso: “Lavoro” > “Malattia” > “Sportello per il cittadino per le visite mediche di controllo” > “Utilizza il servizio”, autenticandosi con la propria identità digitale di tipo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di Livello 2, CNS (Carta Nazionale dei Servizi) o CIE (Carta di Identità Elettronica).

La funzionalità permette al lavoratore di visualizzare la griglia contenente l’elenco delle visite e degli accessi, ordinati per data decrescente, e di consultare i relativi esiti. Per ciascuna visita e accesso è riportato il numero identificativo, la data, l’ora di effettuazione e il tipo di accertamento effettuato (domiciliare/ambulatoriale).

Selezionando l’icona di visualizzazione di ogni singola visita, viene mostrata la finestra con le informazioni di dettaglio relative all’accertamento medico, tra le quali l’indirizzo comunicato per la reperibilità, elementi o informazioni aggiuntive, se presenti, utili per reperire il lavoratore, nonché l’esito della visita con le eventuali motivazioni.

Nella consultazione di dettaglio, in funzione del tipo di visita effettuata e del corrispondente esito, vengono proposti tre pulsanti che, una volta selezionati, permettono di visualizzare, scaricare e stampare il verbale di visita, di accesso o di giustificabilità.

Funzionalità “Indirizzo di reperibilità”

Partendo dal presupposto che:

  • E’ onere del lavoratore verificare che l’indirizzo di reperibilità comunicato all’Istituto, mediante il certificato di malattia, sia corretto e completo in tutte le sue parti;
  • Il lavoratore deve comunicare con la massima tempestività l’eventuale variazione dell’indirizzo di reperibilità.

Per effettuare la modifica, il lavoratore può operare mediante la citata funzionalità “Indirizzo di reperibilità ai fini delle visite mediche di controllo” presente nel servizio “Sportello al cittadino per le visite mediche di controllo”, in modo tale da consentire il regolare svolgimento della visita medica di controllo (VMC).

All’interno del sito Inps sono state apportate implementazioni procedurali, laddove, per indisponibilità del servizio telematico, l’utente ricorra alla comunicazione del nuovo indirizzo tramite Contact center.

Per poter utilizzare tale modalità, è necessario che il recapito del telefono mobile e/o l’indirizzo di posta elettronica del lavoratore, precedentemente registrati nell’Archivio Unico dei Contatti Telematici, risultino aggiornati. Nell’eventualità in cui non fosse presente alcun contatto nel citato Archivio, è prevista la possibilità di comunicare un “contatto di scopo”, valido solo per la specifica comunicazione.

Solo in caso di indisponibilità all’uso del servizio, è consentita la comunicazione mediante la casella istituzionale dell’Ufficio Medico Legale della Struttura territorialmente competente.