Bonus asilo nido: come richiederlo

L’attuazione della Legge di bilancio 2017 istituisce un bonus pari a 1000 euro da utilizzare per il pagamento delle rette di frequenza presso asili nido, sia pubblici che privati, e per il pagamento di forme di supporto all’assistenza domestica di bambini al di sotto dei 3 anni di età affetti da patologie croniche.

Le famiglie interessate devono presentare richiesta all’Inps entro il 31.12 dell’anno di riferimento allegando la documentazione che attesti il pagamento della retta di frequenza. La struttura prescelta deve essere inserita nell’elenco delle strutture preventivamente autorizzate dall’Istituto.

Per quanto riguarda, invece, i bambini con meno di 3 anni di età che non possono frequentare gli asili nido perchè portatori di patologie croniche, è necessario fornire un certificato del pediatra attestante le sopracitate condizioni ostative alla frequenza scolastica. Il certificato deve riguardare l’intero anno di riferimento.

Il contributo viene pagato dall’Inps direttamente al genitore che sottoscrive la richiesta, fino a concorrenza dell’intera quota mensile. Tale contributo può essere cumulato con il c.d. Voucher baby-sitter corrisposto alla madre lavoratrice per sei mesi, in alternativa al congedo parentale.

Da maggio al via il bonus occupazionale Liguria per gli over 40

Partirà dal mese di maggio la possibilità per le aziende di inserire nel proprio organico soggetti con più di 40 anni di età fruendo di un bonus occupazionale previsto ad hoc.

Nello specifico, sono soggette al riconoscimento del bonus in analisi le imprese private che assumono o le cooperative (o loro consorzi) che inseriscono in qualità di soci – presso unità locali site nel territorio ligure – soggetti con più di 40 anni di età, residenti in Liguria, che non usufruiscono di alcun ammortizzatore sociale e che si trovano in una delle seguenti situazioni:

  • Stato di disoccupazione di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150;
  • Stato di non occupazione e che, ai sensi del D.Lgs. 150/2015 e della Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 34/2015, non svolgono attività lavorativa, in forma subordinata, parasubordinata o autonoma ovvero coloro che, pur svolgendo una tale attività, ne ricavino un reddito annuo inferiore al reddito minimo escluso da imposizione; tale limite è attualmente pari, per le attività di lavoro subordinato o parasubordinato, ad euro 8.000 annui, e per quelle di lavoro autonomo ad euro 4.800.

Il bonus viene riconosciuto sia per le assunzioni a tempo indeterminato che per quelle a tempo determinato. Per queste ultime sono previste, però, due fasce minime di almeno 6 o 12 mesi di durata del rapporto. L’importo del bonus, in base alla profilazione del soggetto ed alla durata del rapporto, varierà tra i 1000 € ed i 6000 €.

In questi giorni è previsto il rilascio delle istruzioni operative, mentre la decorrenza è prevista dal mese di maggio. Per maggiori informazioni si prega di contattare lo studio.

Premi di produzione – al via la decontribuzione

E’ entrato in vigore il 24 aprile 2017 il Decreto Legge n.50/2017, c.d. decreto fiscale, contenente vari provvedimenti urgenti, tra cui alcuni in materia di lavoro e previdenza. Di sicuro rilievo l’art. 55 relativo ai premi di produttività, il quale prevede che le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro secondo le modalità individuate dal comma 188 dell’art. 1 della legge n. 208/2015, hanno diritto all’abbassamento di venti punti percentuali della ordinaria aliquota contributiva a loro carico su una quota delle erogazioni non superiore a 800 euro. Sulla stessa quota non è dovuta alcuna contribuzione a carico dei singoli lavoratori interessati. L’aliquota contributiva di computo ai fini pensionistici viene parimenti ridotta. Tale disposizione trova applicazione agli accordi sottoscritti successivamente all’entrata in vigore del decreto e, quindi, a partire dal 25 aprile 2017 ed andrà ad impattare fortemente sul costo del lavoro e sul cuneo fiscale per le retribuzioni incentivanti collegate al raggiungimento degli obiettivi previsti dagli accordi di secondo livello.

Licenziamento disciplinare: novità dalla Cassazione

Riportiamo – di seguito – due pronunce della Corte di Cassazione in materia licenziamento disciplinare intervenute nel corso del 2016.

Sentenza n. 17245 del 22.08.2016.

La Corte rigetta il ricorso di un dipendente che contestava la legittimità del suo licenziamento, poiché non è stato rispettato il termine di 20 giorni previsto tra la contestazione dell’addebito e la convocazione del dipendente per il contraddittorio.

A parere della Cassazione, la violazione del termine determina la nullità del procedimento solo nel caso in cui il dipendente deduca e dimostri che il suo diritto di difesa è stato compromesso dalla contrazione del termine.

Sentenza n. 17371 del 26.08.2016.

La Cassazione afferma che il licenziamento è da considerarsi nullo se la contestazione disciplinare viene dichiarata tardiva.

La tempestività del licenziamento è un elemento costitutivo dell’atto di recesso, pertanto, il requisito della semplicità dell’indagine giustifica il lasso di tempo intercorso tra la segnalazione della condotta e la comunicazione della contestazione.

In caso di violazione del suddetto requisito, tale difetto è da considerarsi vizio formale, pertanto, la tutela del lavoratore è di tipo risarcitorio (risarcimento del danno in una misura compresa tra le 6 e le 12 mensilità); la tutela reintegratoria, infatti, opererebbe se vi fosse il difetto di un elemento costitutivo del licenziamento in sé.

Contributi: nessun obbligo per il convivente di fatto del titolare artigiano/commerciante

Il convivente di fatto del titolare artigiano/commerciante non è sottoposto agli obblighi contributivi previsti dalle relative gestioni autonome di previdenza; anche nel caso in cui il convivente percepisca utili dall’attività.

La Legge 76/2016 che disciplina le unioni civili e le convivenze di fatto, definisce queste ultime come un’unione stabile tra due persone maggiorenni, legate da vincoli affettivi e di assistenza reciproca, non equiparandole totalmente al coniugio.

In conseguenza di ciò, alla sola convivenza di fatto non si estende la regola per cui l’assicurazione previdenziale prevista per il titolare artigiano o commerciante si applica anche al coniuge in qualità di familiare coadiuvante, come accade, invece, per le unioni civili.

Un analogo ragionamento deve essere fatto per l’impresa familiare: al convivente di fatto non si applicano tutti i diritti ed obblighi previsti dalle norme civilistiche in materia di impresa familiare, che però investono il soggetto unito civilmente, in quanto equiparato al coniuge.

Il Welfare aziendale arriva nelle PMI

Anche le piccole e medie imprese guardano al Welfare Aziendale. E’ quanto emerge dal rapporto Welfare Index Pmi 2017 promosso da Assicurazioni Generali.

E’ in aumento il numero di imprese in cerca di strumenti per conciliare le esigenze impresa-lavoratori-territorio, passando attraverso il miglioramento della soddisfazione del personale e del clima aziendale, ma anche per incentivare la fidelizzazione e la produttività.

I meccanismi utilizzati sono diversi e vanno dalla sanità integrativa agli strumenti di conciliazione vita-lavoro, ma si parla anche di contributi al territorio e di incentivi ad-hoc per cultura e tempo libero. I numeri del rapporto mostrano una crescita consistente: le pmi “molto attive” che investono nel legame salario accessorio/benessere dei dipendenti sono passate dal 9,8% del 2016 al 18,3% nel 2017.

La crescita, certamente, è graduale: ad incrementarla è la maggiore diffusione di informazioni sui benefici fiscali connessi all’attivazione di un piano di Welfare aziendale, fondamentale per lo sviluppo di una cultura aziendale interessata a prendersi cura anche del benessere dei dipendenti. Inoltre, emerge che la dimensione aziendale è un dato caratterizzante e determinante nel tasso di iniziative messe in atto.

Sul fronte dei risultati, le imprese che hanno messo in pratica azioni di Welfare aziendale testimoniano di aver ottenuto riscontri positivi, che sperano di veder almeno consolidati sul lungo periodo.

Da più parti emerge la speranza di uno sviluppo e di un potenziamento del Welfare aziendale su più fronti: quello dell’ampliamento della base aziendale tramite un nuovo approccio della proprietà aziendale, il permanere degli incentivi legati alle misure messe in atto e la necessità – perchè lo strumento sia adattabile alle peculiarità di ogni singola azienda – di un basso livello di burocratizzazione.

Lavoro a chiamata: le comunicazioni anche con l’app

Sul portale Cliclavoro è possibile scaricare l’app per smartphone e tablet che consente di effettuare le comunicazioni preventive riguardanti i lavoratori a chiamata.

I datori di lavoro interessati all’utilizzo dell’applicazione devono preventivamente registrarsi sul portale cliclavoro.it; solo dopo avere eseguito questo passaggio sarà possibile effettuare le comunicazioni.

Gli utenti registrati possono:

  • Inviare le comunicazioni preventive,
  • Ricercare le comunicazioni già effettuate,
  • Annullare le comunicazioni effettuate,
  • Registrare il proprio numero mobile, per permettere al Ministero di riconoscere il soggetto che invia le comunicazioni.

Per effettuare una nuova comunicazione preventiva sono richiesti i seguenti dati:

  • Codice fiscale del lavoratore,
  • Data di inizio della prestazione a chiamata,
  • Data di fine della prestazione a chiamata,
  • Codice della Comunicazione Obbligatoria Unilav.

All’interno dell’applicazione è disponibile la guida per il suo corretto utilizzo.

Assunzioni di soggetti disabili: obblighi posticipati

Il Decreto Milleproroghe posticipa di 12 mesi l’entrata in vigore dell’obbligo di assunzione di un disabile per le aziende tra 15 e 35 unità.

In virtù di tale obbligo, tali datori di lavoro avrebbero dovuto effettuare l’assunzione di un soggetto disabile, entro il 01.03.2017.

Tuttavia, fino al 1° gennaio 2018, l’assunzione obbligatoria andrà fatta solo in caso di nuove assunzioni, così come previsto dalla normativa previgente.

Ccnl Metalmeccanica industria: Cosa prevede l’accordo sul welfare

Le azienda del comparto metalmeccanica industria dovrenno mettere a disposizione di ciascuno dei propri dipendenti strumenti di welfare, con i seguenti importi e decorrenze:

  • dal 01.06.2017 € 100,00,
  • dal 01.06.2018 € 150,00,
  • dal 01.06.2019 € 200,00.

Gli importi devono essere utilizzati entro il 31.05 dell’anno successivo e non possono, pertanto, essere cumulati.

I valori non devono essere riproporzionati in caso di part-time;

I valori comprendono esclusivamente eventuali costi contributivi/fiscali a carico dell’azienda;

Gli importi si considerano aggiuntivi rispetto ad eventuali offerte di beni e servizi presenti in azienda sia unilateralmente riconosciute per regolamento, lettera di assunzione o altre modalità di formalizzazione, che derivanti da accordi collettivi.

Lavoratori

Hanno diritto ad usufruire degli importi welfare i lavoratori assunti con:

  • Contratto a tempo indeterminato;
  • Contratto a tempo determinato con almeno 3 mesi – anche non consecutivi – di anzianità maturati nell’anno (01.01 – 31.12).

Si considerano destinatari i lavoratori in forza (che abbiano superato il periodo di prova) al 1° giugno di ogni anno e quelli assunti entro il 31.12 di ciascun anno.

Sono esclusi i lavoratori in aspettativa non retribuita e non indennizzata nel periodo 1° gennaio 31 dicembre di ogni anno.

Cosa deve fare l’azienda

Individuare una gamma di beni e servizi coerente con le caratteristiche dei dipendenti finalizzata a migliorare la qualità della loro vita personale e familiare privilegiando quelli con finalità di educazione, istruzione, ricreazione e assistenza sociale e sanitaria o culto.

Nel fare ciò deve considerare:

  • Le esigenze dei lavoratori,
  • Le caratteristiche della propria organizzazione e il suo rapporto con il territorio.

Nei limiti degli importi annualmente previsti dall’accordo contrattuale, i lavoratori possono (altro…)

Trasferta – Trasfertismo: precisazioni

La Legge n.225/2016, di conversione del DL 22.10.2016 n. 193, dovrebbe portare un chiarimento significativo in termini di distinzione tra il concetto di trasferta e quello di lavoratori trasfertisti.

Secondo la nuova normativa, infatti, sono da considerarsi lavoratori trasfertisti quelli per i quali si verificano – contestualmente – le seguenti condizioni:

  • Elemento formale: la mancata indicazione nel contratto e/o lettera di assunzione della sede di lavoro;
  • Elemento sostanziale: lo svolgimento di un’attività lavorativa che richieda la continua mobilità del dipendente;
  • Elemento retributivo: la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione in misura fissa, attribuiti senza distinguere se il dipendente si sia recato in trasferta o dove la stessa si sia svolta.

Le indennità e le maggiorazioni erogate ai lavoratori c.d. trasfertisti – anche se corrisposte con carattere di continuità – concorrono a formare il reddito per il 50% del loro ammontare, mentre, in tutti gli altri casi gli importi soggiaciono alle limitazioni previste per le indennità di trasferta.

Per tutti i lavoratori non ricompresi nelle succitate fattispecie, si riconosce il trattamento previsto per le indennità di trasferta.

La distinzione operata dal Legislatore riprende un’interpretazione attribuibile sia all’Amministrazione finanziaria che all’Inps risalente al 1998, mai applicata.

La distinzione operata dal Legislatore investe i procedimenti ispettivi, amministrativi e giudiziali ancora in corso per i quali – anche in seguito ad un orientamento della Corte di Cassazione – in molte occasioni le indennità ed i compensi erogati a titolo di trasferta erano stati ricondotti al “trasfertismo”, attribuendo a tali importi un’incidenza previdenziale e contributiva (oltre che fiscale) pari al 50%; con la nuova normativa, tali riqualificazioni saranno possibili solo alla contestuale presenza delle tre fattispecie suindicate.