Benefici normativi e contributivi e Contrattazione collettiva

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro interviene – pubblicando la Circolare n. 7 del 6 maggio 2019 – per fare chiarezza sulla fruizione di benefici normativi e contributi e la condizione di rispetto della contrattazione collettiva, di qualsiasi livello.

Il documento precisa che, per verificare se il datore di lavoro possa effettivamente usufruire dei benefici, non è sufficiente controllare che il contratto collettivo applicato sia quello sottoscritto dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative sul piano nazionale. E’ fondamentale che il controllo sia svolto sul merito del trattamento economico/normativo effettivamente garantito ai lavoratori, anche prescindendo dal dato formale del contratto collettivo applicato.

Pertanto, è verosimile sia ammesso a godere dei benefici il datore di lavoro che riconosce ai propri lavoratori trattamenti economici o normativi equivalenti o superiori a quelli contrattualmente previsti, prescindendo dal contratto applicato o anche in caso di mancanza di specifica indicazione del contratto applicato.

L’INL evidenzia che nella procedura di valutazione sopra indicata non si tiene conto dei trattamenti erogati in favore dei lavoratori che prevedono specifici regimi di esenzione fiscale e/o contributiva, come – ad esempio – il welfare aziendale.

Nel caso in cui venga rilevato uno scostamento tra il contenuto degli accordi contrattuali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale e quanto riconosciuto ai lavoratori, il datore di lavoro perderà la possibilità di continuare a godere dei benefici normativi/contributivi.

ANF: l’Inps aggiorna le fasce di reddito e gli importi spettanti

Con la Circolare 66/2019 l’Inps pubblica i nuovi livelli di reddito validi per la corresponsione degli Anf ed i relativi importi spettanti.

L’Istituto ha rivalutato gli importi in misura pari alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, calcolato dall’ISTAT.

Tali valori hanno validità per il periodo 1° luglio 2019 – 30 giugno 2020.

Ricordiamo che i lavoratori possono presentare richiesta per gli Assegni al Nucleo Familiare utilizzando esclusivamente la modalità telematica in vigore dal primo aprile scorso.

Leggi la Circolare 66/2019Allegato 1

Congedo di maternità post partum: implementata la procedura Inps

L’Inps comunica di aver aggiornato la procedura relativa al congedo di maternità inserendo l’opzione di integrale fruizione dello stesso interamente dopo il parto.

Le domande devono essere presentate almeno 2 mesi prima della data presunta del parto e, in ogni caso, è previsto un termine decadenziale all’anno dalla conclusione del periodo indennizzabile.

Condizioni necessarie per usufruire di tale scelta sono le attestazioni:

1. Del medico specialista del Ssn o convenzionato;

2. Del medico del lavoro designato dall’azienda.

Anche se la procedura è già utilizzabile, l’Inps non ha ancora diramato le istruzioni operative, necessarie per comprendere se – come nel caso di fruizione del congedo flessibile (1 mese prime del parto e 4 dopo il parto) – l’attestazione del medico del lavoro aziendale sia necessaria solo per le lavoratrici sottoposte a sorveglianza sanitaria.

Se così fosse, nei casi di esclusione dalla sorveglianza sanitaria, in luogo di questo documento, si renderebbe necessaria una dichiarazione del datore di lavoro che attesta l’insussistenza dell’obbligo di sorveglianza sanitaria.

L’Istituto – nel messaggio 1738 del 06.05.2019 – evidenzia che le domande presentate non saranno prese in carico fino all’emanazione delle istruzioni operative, ma devono essere comunque presentate dalle lavoratrici ai fini del rispetto dei termini di cui sopra.

Pertanto, è importante che il datore di lavoro si accerti che le lavoratrici abbiano presentato la domanda entro la fine del settimo mese di gravidanza.

Lavoratori a chiamata: le modalità di invio della comunicazione preventiva tramite mail

Le prestazioni lavorative dei dipendenti a chiamata devono essere comunicate preventivamente al Ministero del lavoro.

Una delle modalità prevede l’invio tramite e-mail del file UNI_Intermittenti scaricabile dal sito Cliclavoro.gov.it.

Il file debitamente compilato, come da istruzioni ministeriali, deve poi essere inviato al seguente indirizzo: intermittenti@pec.lavoro.gov.it. L’invio può essere fatto da un indirizzo e-mail ordinario, non è necessario utilizzare la pec.

Perchè l’invio sia considerato valido, è importante che:

  • il file UNI_Intermittenti sia compilato informaticamente compilando i campi editabili (NON scritto a mano);
  • una volta compilato, il file deve essere direttamente salvato (NON stampato NE’ scansionato);
  • il messaggio email abbia come oggetto “Comunicazione chiamate lavoro intermittente” oppure “Invio telematico Modulo Intermittenti”.

Per procedere all’invio si può utilizzare uno dei seguenti metodi:

1. Cliccare, direttamente all’interno del file il bottone “Genera xml e inva via email”. In questo caso verrà chiesto di selezionare una tra le seguenti modalità:

    a) Applicazione desktop per e-mail, da selezionare se si utilizza un’applicazione di posta elettronica;

  b) E-mail internet (gmail, yahoo, microsoft hotmail, ecc.). In questo caso si deve procedere al salvataggio del file in formato xml e poi allegarlo e procedere all’invio.

2. È possibile anche effettuare l’invio via mail del modulo utilizzando la funzionalità “Allega a e-mail” di Adobe Reader.

E’ importante ricordare che NON sono previste mail di conferma di ricezione e, ai fini di dimostrare il corretto adempimento dell’obbligo, il datore di lavoro dovrà consegnare copia del modello compilato e allegato alla mail inviata.

Per completezza, alleghiamo:

  1. la “Guida all’invio email intermittenti”
  2. il link per scaricare il file UNI_Intermittenti

La nuova procedura telematica per gli assegni al nucleo familiare

Come già scritto in precedenza, dal 1° aprile scorso è attiva la nuova procedura telematica per la richiesta degli ANF.

Con la nuova procedura è l’Istituto che – in caso di spettanza dell’assegno – rende disponibile la consultazione dell’ammontare degli importi giornalieri e mensili teoricamente spettanti al richiedente.

Pertanto, è fondamentale che le aziende:

  • Informino i propri dipendenti affinché questi comunichino tempestivamente l’accettazione da parte dell’Inps di ogni domanda o variazione Anf presentata;
  • Inoltrino i nominativi allo Studio, altrettanto tempestivamente.

Il datore di lavoro non deve più prendere visione delle domande cartacee né degli eventuali provvedimenti autorizzativi.

Il Messaggio Inps n. 1777 del 08.05.2019 fornisce importanti precisazioni per i datori di lavoro; di seguito un riassunto.

In base alla nuova procedura, il lavoratore inoltra la richiesta tramite la procedura telematica sul sito Inps:

  • Personalmente con il proprio PIN;
  • Tramite un patronato (unici intermediari abilitati alla trasmissione) su apposita delega del lavoratore.

L’Inps, sulla base delle verifiche effettuate, procede ad accogliere o rifiutare la domanda.

  1. In caso di rifiuto, solo il lavoratore (nella propria area personale) ed il patronato eventualmente delegato possono visualizzare l’esito;
  2. In caso di accoglimento della domanda, anche le aziende/intermediari/legali rappresentanti possono visualizzare il risultato.

E’ importante evidenziare che né il datore di lavoro né il suo intermediario ricevono una notifica circa gli accoglimenti delle domande presentate dai lavoratori dipendenti in forza presso l’azienda.

Inoltre, non è possibile procedere ad una consultazione “massiva” dei risultati.

Le stesse considerazioni sopra riportate valgono anche nel caso in cui il lavoratore utilizzi la procedura telematica per comunicare variazioni inerenti le condizioni di spettanza dell’Anf.

Per completezza riportiamo alcune precisazioni sulla procedura:

Domande da presentare tramite la nuova procedura telematica

  • Le domande ANF dal 01.04.2019;
  • Le variazioni inerenti il nucleo o il reddito dal 01.04.2019.

Autorizzazioni ANF

Le autorizzazioni ANF vengono istruite direttamente dall’Inps nei casi necessari e collegate direttamente alla relativa richiesta. Ciò è valido per:

  • Le autorizzazioni relative alla nuove domande telematiche;
  • Le autorizzazioni presentate prima del 01.04.2019 ma non ancora istruite.

Tempo tuta e orario di lavoro – Ultima pronuncia della Cassazione

La Corte di Cassazione – nella sentenza n. 505/2019 – afferma che il tempo necessario ad indossare la divisa da lavoro, c.d. tempo tuta, rientra nell’orario di lavoro solo se è assoggettato al potere confermativo del datore di lavoro e cioè se tali indumenti devono essere indossati esclusivamente sul luogo di lavoro a seguito di specifica disciplina aziendale oppure per la natura implicita degli indumenti stessi o per la funzione che questi assolvono.

Nel caso di specie, la Cassazione legittima il comportamento del datore che lavoro che non retribuisce il tempo tuta perché non sussiste una prescrizione aziendale in tal senso, nè i lavoratori dovevano anticipare la loro presenza in azienda per prepararsi, ma anzi potevano svolgere tali attività direttamente presso la loro abitazione.

Cassazione: in caso di soppressione del posto il licenziamento è lecito, il demansionamento no

La Corte di Cassazione si pronuncia in tema di soppressione del posto di lavoro e conseguente comportamento del datore di lavoro nei confronti del lavoratore.

In base all’Ordinanza 10023/2019 – in caso di soppressione del posto di lavoro – è lecito il licenziamento del lavoratore, mentre non sono ravvisabili contenuti di liceità rispetto al demansionamento del lavoratore stesso.

Nel caso oggetto di dibattito, il demansionamento consisteva nel totale svuotamento del rapporto lavorativo dei suoi contenuti professionali. Pertanto, là dove il datore di lavoro individuava un comportamento tutelante della posizione lavorativa del dipendente preservando il suo diritto alla retribuzione, i giudici di cassazione hanno rilevato – oltre al danno patrimoniale – anche un danno morale.

La decisione si basa sul presupposto che, nella scale dei diritti costituzionali da tutelare, quello riferito allo svolgimento dell’effettiva prestazione si collochi in una posizione di centralità rispetto al diritto al posto di lavoro e alla sua conservazione.

Licenziamento per superamento del comporto

Il licenziamento del dipendente per superamento del periodo di comporto deve essere intimato in maniera tempestiva una volta superato il termine previsto; questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza 29402/2018.

La pronuncia dei Giudici si basa sul concetto che, qualora il dipendente, una volta superato il comporto, non si veda comminare la relativa sanzione, possa erroneamente interpretare il comportamento datoriale come un assenso alla prosecuzione del rapporto di lavoro, senza ripercussioni.

La sentenza di Cassazione – ripercorrendo un orientamento consolidato – constata che il datore di lavoro che lasci trascorrere un considerevole periodo di tempo tra il verificarsi dell’evento sanzionabile e l’erogazione delle sanzione stessa manifesta così la propria volontà abdicativa.

Autoliquidazione Inail 2018/2019

A seguito dell’entrata in vigore della nuova tariffa Inail, con effetto retroattivo al primo gennaio 2019, l’Istituto ha diramato alcuni chiarimenti utili per l’Autoliquidazione 2018/2019.

La nuova tariffa ha introdotto sostanziali novità che riguardano l’approccio alla classificazione del rischio aziendale, resosi necessario per adattare al meglio il sistema assicurativo rispetto all’evoluzione delle attività svolte dalle aziende.

A seguito delle novità sopra citate le aziende hanno ricevuto i documenti contenenti il nuovo inquadramento e le nuove voci di tariffa in correlazione alla situazione precedente. Tale attività è stata svolta attraverso il sistema informatico e, pertanto, analizzando i documenti ricevuti si possono riscontrare dei disallineamenti rispetto all’effettiva condizione aziendale.

Il consiglio dell’Istituto – in sede di autoliquidazione 2018/2019 – è quello di operare sulla base dei dati di inquadramento ricevuti e, solo in un secondo momento, presentare le eventuali richieste di variazione.

Questo procedimento è necessario per consentire all’Istituto di portare a regime la nuova tariffa e lavorare al meglio – in un momento successivo – le pratiche per la sistemazione delle posizioni che non sono state trasferite correttamente dall’inquadramento precedente, senza che gli adempimenti si sovrappongano.

Per evitare che l’errato inquadramento si ripercuota negativamente sull’azienda, l’Inail consiglia di optare per la scelta del pagamento rateale del premio.

In caso di pagamento rateale, ricordiamo che quest’anno – anche a seguito dello slittamento della scadenza dell’autoliquidazione dal 16 febbraio al 16 maggio – il premio dovuto sarà diviso per 4 ma le prime due rate saranno pagate insieme, alle seguenti scadenze:

  • il 16 maggio scade il termine per il pagamento della prima rata “doppia” (importo originariamente dovuto il 16.02 più quello del 16.05);
  • il 20 agosto (differimento diretto dal 16.08) è la data di scadenza della seconda rata;
  • il 16 novembre scade il termine per il pagamento della terza (ed ultima con esclusivo riferimento al 2019) rata.

Infine, riportiamo quanto comunicato dall’Istituto in relazione alla sistemazione delle posizioni errate: nonostante la decorrenza della nuova tariffa sia retroattiva al primo gennaio 2019, tutti gli errori rilevati – anche trascorso il 2019 – verranno corretti senza sanzioni o interessi a carico delle imprese.

Allattamento e diritto alla pausa pranzo

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali pubblica un interpello (n. 2/2019) a seguito di un’istanza ricevuta in materia di compatibilità dei permessi per allattamento e maturazione del diritto alla pausa pranzo/diritto al buono pasto.

La legislazione vigente prevede che la pausa pranzo spetti ai lavoratori che svolgono un’effettiva prestazione di lavoro per un orario superiore alle 6 ore.

Sebbene i riposi per allattamento siano considerati, per espressa previsione normativa, ore lavorative con specifico riferimento alla durata della prestazione e delle relativa retribuzione, il Ministero afferma che non è possibile estendere tale logica anche riguardo alla maturazione del diritto alla pausa pranzo/maturazione del buono pasto.

Questo perché il diritto alla pausa è strettamente collegato alla necessità di ripristinare le energie psico-fisiche perse in relazione all’effettiva esecuzione delle prestazione lavorativa (oltre all’eventuale consumazione del pasto).

Pertanto, se in seguito all’utilizzo dei permessi per allattamento la prestazione lavorativa effettivamente resa è inferiore o pari alle sei ore, non matura il diritto alla pausa.

A rafforzare la tesi ministeriale anche il Dipartimento della funzione pubblica che, in una nota del 2012, scriveva che “il diritto al buono pasto sorge per il dipendente solo nell’ipotesi di attività lavorativa effettiva dopo la pausa stessa” e le istruzioni dell’Agenzia delle entrate riferite alla concessione del buono pasto ai propri dipendenti, dove vengono individuati come presupposti imprescindibili l’effettuazione della pausa e la prosecuzione dell’attività lavorativa dopo la stessa.

Leggi l’Interpello Mlps n. 2/2019