Cassazione: quando l’urgenza giustifica la mancata visita fiscale

Il lavoratore assente alla visita fiscale è giustificato solo se l’urgenza riguarda una fattispecie in essere al momento del controllo stesso. Se i motivi urgenti che lo hanno portato ad allontanarsi dal luogo di convalescenza sono differiti nel tempo rispetto al momento della vista, il lavoratore non può essere giustificato.

E’ quanto affermato dalla Cassazione nella sentenza n. 24492/2019 che – confermando l’interpretazione della Corte territoriale – riporta il seguente concetto: “il giustificato motivo di esonero del lavoratore in stato di malattia dall’obbligo di reperibilità a visita domiciliare di controllo non ricorre solo nelle ipotesi di forza maggiore, ma corrisponde ad ogni fatto che, alla stregua del giudizio medio e della comune esperienza, può rendere plausibile l’allontanamento del lavoratore dal proprio domicilio, senza potersi peraltro ravvisare in qualsiasi motivo di convenienza od opportunità, dovendo pur sempre consistere in un’improvvisa e cogente situazione di necessità che renda indifferibile la presenza del lavoratore in luogo diverso dal proprio domicilio durante le fasce orarie di reperibilità”.

Nel caso in esame, il motivo di urgenza ha avuto luogo in un momento diverso da quello delle fasce di reperibilità e, al momento della visita stessa, non sussisteva più. Pertanto, il fatto non è idoneo a giustificare l’allontanamento del lavoratore dal proprio domicilio né la mancata comunicazione al datore di lavoro della propria assenza.

Regione Liguria: finanziamenti agevolati per le imprese del piccolo commercio

La Regione Liguria approva un complesso di finanziamenti agevolati a favore del piccolo commercio locale.

Nel dettaglio, il bando riguarda le piccole e le medie imprese del territorio ed è suddiviso in due misure:

  • Misura A – per sostenere gli investimenti nel piccolo commercio;
  • Misura B – riguardante il sostegno al circolante e destinato ai pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande.

Gli investimenti ammissibili per la Misura A riguardano:

  • Interventi di carattere edilizio;
  • Spese di progettazione e direzione lavori;
  • Acquisto e installazione di impianti, arredi, attrezzature e software;
  • Acquisto di automezzi attrezzati, arredi e attrezzature per la conservazione, esposizione e commercializzazione della merce (solo per le imprese che esercitano attività commerciale su aree pubbliche);
  • Spese per l’ottenimento delle fidejussioni e garanzie bancarie, assicurative, eccetera.

Il finanziamento agevolato viene erogato da Filse e sarà pari all’80% del piano di investimento ammissibile, con durata quinquennale e pagamento di rate semestrali con un periodo di preammortamento di sei mesi.

Gli interventi ammissibili per la Misura B invece riguardano il:

  • Pagamento fornitori per fatture scadute;
  • Pagamento arretrati su retribuzioni dipendenti;
  • Sostenimento di eventuali fidejussioni bancarie assicurative.

Per questa specifica misura di intervento, la durata del finanziamento è di 36 o 60 mesi e il tasso agevolato viene definito sulla base della durata.

La presentazione delle domande online attraverso la piattaforma Filse è da effettuarsi entro il 27 dicembre 2019.

Leggi:

Il testo integrale del Bando per la Misura A

Il testo integrale del Bando per la Misura B

ANF: nuovi chiarimenti Inps

L’Inps pubblica un nuovo messaggio (n. 3466/2019) per fornire chiarimenti in merito alla richiesta Anf in caso di nuclei familiari con riconoscimento del figlio da parte di unico genitore.

L’Istituto precisa che, in questo specifico caso, non è necessaria la presentazione della domanda di autorizzazione da parte del cittadino richiedente. Per fare chiarezza, questa fattispecie si verifica nei casi di nuclei con figlio legalmente riconosciuto da un unico genitore, richiedente la prestazione, o di nuclei in cui uno dei genitori è deceduto e, quindi, l’altro risulta vedovo/a.

Tutte le procedure Anf per i nuclei con un solo genitore prevedono una fase di verifica dell’effettiva condizione da parte dell’Inps che viene sbloccata una volta appurato il diritto alla prestazione relativamente alla tipologia e composizione del nucleo e/o la presenza di eventuale autorizzazione all’assegno nucleo familiare.

Ricordiamo che l’autorizzazione ANF va richiesta nei seguenti casi:

  • Per la richiesta di inclusione di determinati familiari nel nucleo;
  • In caso di possibile duplicazione del pagamento;
  • Per richiedere l’aumento dei livelli di reddito.

Cassazione: pagamento del preavviso per le dimissioni volontarie rese durante il periodo protetto

La Corte di Cassazione, con la sentenza 16176/2019, si è pronunciata sulle indennità che il datore di lavoro deve corrispondere alla lavoratrice che rassegna le proprie dimissioni volontarie durante il c.d. periodo protetto.

La sentenza afferma che, quando si verifica la fattispecie di dimissioni volontarie durante il periodo protetto, alla lavoratrice madre spettano le indennità previste dalla legge o dal contratto collettivo in caso di licenziamento, a prescindere dal motivo sui cui si basa l’atto di dimissioni.

La pronuncia conferma i precedenti orientamenti giurisprudenziali secondo i quali, in caso di dimissioni volontarie nel periodo in cui opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice madre ha diritto, a norma del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, art. 55, alle indennità previste dalla legge o dal contratto per il caso di licenziamento, ivi compresa l’indennità sostitutiva del preavviso, indipendentemente dal motivo delle dimissioni e, quindi, anche nell’ipotesi in cui esse risultino preordinate all’assunzione della lavoratrice alle dipendenze di altro datore di lavoro.

Corte di cassazione e solidarietà negli appalti

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi in materia di solidarietà all’interno degli appalti, nella sentenza n. 22110/2019 stabilisce alcuni principi rilevanti:

1. La responsabilità solidale nei confronti del lavoratore dipendente ha natura esclusivamente retributiva. Pertanto sono escluse da solidarietà le rivendicazioni economiche di altro genere (ad esempio il risarcimento del danno per licenziamento illegittimo);

2. Il termine utile per proporre azione di rivendicazione, pari a due anni dalla fine dell’appalto, ha natura decadenziale finalizzata all’azione in giudizio;

3. Tale termine di due anni non può essere applicato alle rivendicazioni dell’Ente previdenziale. In questo caso il limite è rappresentato dalla prescrizione.  Secondo i Giudici, una diversa lettura andrebbe ad inficiare la posizione assicurativa del lavoratore, facendo venir meno la connessione tra retribuzione e adempimento dell’obbligo contributivo.

Inps: l’aumento del contributo addizionale NASpI per i rinnovi dei contratti a tempo determinato

La Circolare Inps 121/2019 fornisce le istruzioni per la gestione ed il versamento del contributo addizionale da versare in relazione ai contratti a tempo determinato che sono stati rinnovati, pari allo 0,50% per ciascun rinnovo. Il contributo addizionale riguarda anche i rapporti in somministrazione.

Il Decreto Dignità ha, infatti, introdotto “l’aumento del contributo addizionale che finanzia la nuova assicurazione sociale per l’impiego (NASpI), dovuto dai datori di lavoro, nella misura dello 0,50%, in occasione di ciascun rinnovo del contratto di lavoro a tempo determinato”.

E’ importante ricordare che:

  • Il contenuto del Decreto trova applicazione per i contratti a tempo determinato instaurati, prorogati o rinnovati dopo il 31 ottobre 2018;
  • L’aumento contributivo, invece, va calcolato per tutti i rinnovi intervenuti dal 14 luglio 2018;
  • Per rinnovo si intende quando l’iniziale contratto e termine raggiunge la scadenza fissata e le parti procedono alla stipula di un nuovo contratto a termine. Il contributo addizionale è dovuto anche se viene modificata la motivazione del nuovo contratto.

Sono esclusi dall’aumento contributivo:

  • I rapporti a tempo determinato degli operai agricoli;
  • I rinnovi dei contratti di lavoro a tempo determinato relativi alle assunzioni di lavoratori adibiti a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how e di supporto, di assistenza tecnica o coordinamento all’innovazione, stipulati da: università private, incluse le filiazioni di università straniere; istituti pubblici di ricerca; società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione; enti privati di ricerca;
  • I lavoratori assunti con contratto a termine in sostituzione di lavoratori assenti;
  • I lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali di cui al D.P.R. n.1525/1963;
  • Gli apprendisti;
  • I lavoratori dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni.

Il contributo addizionale viene restituito alo verificarsi dei seguenti casi:

Trasformazione del contratto a tempo indeterminato. In tale caso le condizioni per la restituzione del contributo addizionale intervengono successivamente al decorso del periodo di prova;

Assunzione del lavoratore a tempo indeterminato entro il termine di sei mesi dalla cessazione del precedente contratto a termine. Anche in questo caso la restituzione del contributo addizionale opera successivamente al decorso del periodo di prova. La misura della predetta restituzione si determina detraendo dalle mensilità di contribuzione addizionale spettanti al datore di lavoro un numero di mensilità ragguagliato al periodo trascorso dalla cessazione del precedente rapporto di lavoro a tempo determinato all’instaurazione del nuovo rapporto a tempo indeterminato.

Legittimo il licenziamento per assenza ingiustificata a seguito di trasferimento

La Cassazione ritiene legittimo il licenziamento di un dipendente assente ingiustificato dopo il suo trasferimento presso un’altra sede aziendale, quando le ragioni tecnico, organizzative e produttive alla base del provvedimento risultano fondate.

Nel testo in esame (Sentenza 22100/2019) e con specifico riferimento al provvedimento di trasferimento, i Giudici di Cassazione affermano che lo stesso non è soggetto ad uno specifico onere di forma e non deve necessariamente contenere l’indicazione dei motivi, né sul datore di lavoro grava l’obbligo di rispondere al lavoratore che li richieda.

Pertanto, quando viene contestata la legittimità del trasferimento, il datore di lavoro ha l’onere di allegare e provare in giudizio le fondate ragioni che lo hanno determinato ed – eventualmente – integrarle o modificarle. In ciascuna di queste fattispecie, tuttavia, è sempre tenuto a dimostrare le reali ragioni tecniche, organizzative e produttive che giustificano il provvedimento.

Socio amministratore, contribuzione Inps commercianti se svolge attività esecutiva

L’ordinanza 21295/2019 della Corte di Cassazione afferma che l’amministratore unico di una società deve iscriversi alla gestione previdenziale Inps dei commercianti solo nel caso in cui questi svolga attività materiale ed esecutiva nell’impresa.

Se, invece, riceve esclusivamente un compenso per l’attività di amministratore è sufficiente l’iscrizione alla sola gestione separata Inps.

La sentenza conferma l’evoluzione normativa e giurisprudenziale secondo cui, in presenza di attività di lavoro autonomo che si affianca a quella di amministratore, è possibile la coesistenza di entrambe le iscrizioni Inps (Gestione separata e Gestione commercianti).

 

Cessione illegittima di ramo d’azienda: sentenza di Cassazione 21158/2019

Con una recente pronuncia, la Corte di Cassazione si esprime sulle conseguenze che si manifestano in caso di cessione illegittima di ramo d’azienda.

Nello specifico, la sentenza 21158/2019 afferma che, in tale situazione, l’impresa cedente è tenuta al pagamento delle retribuzioni e non al risarcimento di un danno.

Secondo i Giudici, non esiste una norma che affermi che l’obbligazione pecuniaria possa considerarsi estinta – anche solo parzialmente – attraverso il pagamento della retribuzione da parte dell’impresa destinataria della cessione.

Pertanto, quando, su domanda del lavoratore, si accerta l’illegittimità della cessione, le retribuzioni pagate dal cessionario per le prestazioni rese in suo favore dal lavoratore ceduto, non possono considerarsi utili all’estinzione dell’obbligazione retributiva che grava sul cedente che rifiuta, senza giustificazione, la controprestazione lavorativa offerta dal lavoratore ceduto.

Distacco transnazionale e applicazione delle sanzioni secondo l’INL

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro è stato chiamato ad esprimere il proprio parere in tema di applicazione delle sanzioni in caso di distacco transnazionale non genuino.

La fattispecie sanzionata riguardava, nello specifico, un’impresa stabilita in altro Stato della UE che distaccava i suoi lavoratori verso una propria unità produttiva ubicata in Italia.

A seguito di verifica ispettiva, gli organi di vigilanza hanno riscontrato che il distacco non era autentico perchè attuato nei confronti dello stesso soggetto che assume sia il ruolo di distaccante che quello di distaccatario.

Le sanzioni, in caso di distacco non genuino, andrebbero comminate ad entrambe le parti: soggetto distaccante e soggetto distaccatario.

Nel caso in esame, tuttavia, poichè la sede ubicata in Italia risultava priva di un’autonoma rappresentanza legale e gestita esclusivamente da un preposto nominato dalla medesima sede principale, è stata applicata una sola sanzione nei confronti del distaccante, in qualità di soggetto avente personalità giuridica.

Leggi il Quesito INL