Patto di non concorrenza parametrato alla durata del rapporto di lavoro

L’ ordinanza n. 5540 della Corte di Cassazione si occupa di valutare la legittimità della pronuncia della Corte di Appello di Milano: nel caso di specie viene dichiarato nullo per indeterminatezza un patto di non concorrenza, stipulato nel contesto di un rapporto di lavoro, che nella fattispecie di cessazione anticipata avrebbe riproporzionato il corrispettivo intero dovuto alla lavoratrice sulla base di quanto effettivamente maturato.

La motivazione a sostegno, per la Corte di Appello di Milano, si trova nella mancata predeterminazione, capace di rendere il corrispettivo incongruo.

La Cassazione, nella ordinanza sopracitata sottolinea che, pur essendo nel contesto di un rapporto di lavoro, il patto di non concorrenza configura un contratto autonomo che deve seguire i requisiti di determinatezza o determinabilità imposti di cui all’art. 1346 del Codice civile.

Il patto di non concorrenza è regolato dall’art. 2125 del Codice civile che lo dichiara nullo nei seguenti casi: “se non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo”.

L’articolo in oggetto condanna quindi i casi in cui il corrispettivo non è contemplato, è iniquo o sproporzionato.

In conclusione quindi, possiamo affermare che, nel caso in cui il compenso del patto di non concorrenza sia stabilito in maniera variabile in relazione alla durata del rapporto di lavoro, non vuol dire che non sia determinabile o tantomeno nullo a priori.

Le ipotesi di nullità vengono riservate a quei casi specifici in cui, dopo un’attenta valutazione, l’ammontare riproporzionato alla minor durata del rapporto di lavoro risulta manifestamente iniquo e sproporzionato rispetto al sacrificio imposto al lavoratore.

Agenzia Entrate: chiarimenti sui rimborsi agli smart workers

L’Agenzia delle Entrate pubblica la Risposta a Interpello n. 371/2021 all’interno della quale fornisce chiarimenti circa la rilevanza ai fini della determinazione del redditi imponibile dei rimborsi spese effettuati nei confronti dei lavoratori in smart working.

Nel caso di specie, l’istate profila l’ipotesi di attivazione di un piano di smart working all’interno del quale intende rimborsare ai dipendenti i costi sostenuti per i servizi di connessione internet tramite i device mobili ed interroga l’Agenzia circa la possibilità che tali rimborsi non concorrano alla formazione del reddito da lavoro dipendente.

Di diverso parere l’Agenzia, secondo cui, il fatto che il datore di lavoro rimborserebbe la totalità dei costi sostenuti dai propri dipendenti, non rende chiaramente distinguibile una diretta correlazione tra l’uso dei servizi internet e l’utilità del datore stesso. La promiscuità dell’utilizzo dei servizi e la mancata elencazione o limitazione delle tipologie di costi rimborsati dal datore di lavoro costituiscono elementi che portano a ritenerli quali elementi che concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente.

Sotto il profilo Ires, tali costi sono da ritenersi deducibili poiché si è in presenza di un rimborso spese accordato allo smart worker per l’attivazione e per i canoni di abbonamento al servizio di connessione dati internet, che rappresenta un obbligo implicito della prestazione pattuita.

Leggi la Risposta a Interpello n. 371/2021 dell’AE

Assegno temporaneo per figli minori

Il Consiglio dei Ministri ha approvato alcune misure urgenti e di validità temporanea per il sostegno della genitorialità.

Con specifico riferimento all’assegno temporaneo per figli i minori è prevista l’istituzione  di un assegno temporaneo (“assegno ponte”) destinato alle famiglie con figli minori che non abbiano diritto ai vigenti assegni per il nucleo familiare. La misura ha validità dal 1° luglio al 31 dicembre 2021 e spetta esclusivamente ai nuclei che non possiedono i requisiti per accedere agli assegni al nucleo familiare già in vigore. Tutti gli altri soggetti con requisiti (lavoratori dipendenti ed assimilati), continueranno a percepire gli anf, fino all’entrata in vigore della misura definitiva.

Per fare richiesta dell’Assegno Ponte è necessario avere un ISEE inferiore a 50.000 euro annui e possedere uno dei seguenti requisiti:

  • essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea, o suo familiare titolare del diritto di soggiorno;
  • essere cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea, in possesso del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno semestrale;
  • essere soggetto al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia;
  • essere domiciliato o residente in Italia e avere i figli a carico sino al compimento del diciottesimo anno d’età;
  • essere residente in Italia da almeno 2 anni, anche non continuativi, oppure essere titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata almeno semestrale.

L’assegno sarà erogato per ogni figlio minore e sulla base del numero dei figli stessi e alla situazione economica della famiglia attestata dall’ISEE: gli importi risultano decrescono all’aumentare dell’indicatore ISEE.

Se nel nucleo sono presenti più di due figli, l’importo unitario per ciascun figlio minore viene maggiorato del 30% e per ciascun figlio minore con disabilità, inoltre, gli importi sono maggiorati di 50 euro.

Il beneficio spetta a decorrere dal mese di presentazione della domanda stessa: per le domande presentate entro il 30 settembre 2021, saranno corrisposte le mensilità arretrate a partire dal mese di luglio 2021.

L’assegno “ponte” è compatibile con il Reddito di cittadinanza e con la fruizione di eventuali altre misure in denaro a favore dei figli a carico erogate dalle Regioni e dai Comuni.

Con riferimento agli Anf, invece, dal 1° luglio 2021 al 31 dicembre 2021, gli importi mensili dell’assegno per il nucleo familiare già in vigore sono maggiorati di 37,5 euro per ciascun figlio in favore dei nuclei familiari fino a due figli, e di 55 euro per ciascun figlio in favore dei nuclei familiari di almeno tre figli.

Cig e contratti a termine: cosa cambia con il DL Sostegni

A partire dal 1° luglio, non si potrà più utilizzare la Cassa Integrazione Ordinaria emergenziale Covid-19, su cui poggiano le fondamenta le deroghe al divieto di utilizzo dei contratti a termine, previsto dalla normativa “ordinaria”. Dalla stessa data, per le aziende che possono accedere a questo ammortizzatore sociale, viene meno il divieto di licenziamento.

Pertanto, le aziende del settore industriale che utilizzeranno la nuova cassa integrazione prevista dal decreto Sostegni-bis, non potranno più rinnovare o prorogare – all’interno della medesima unità produttiva – i contratti a tempo determinato. La disposizione vale anche nei confronti dei contratti a termine a scopo di somministrazione.

Il DL 73/2021 ha introdotto alcune nuove misure:

  1. L’articolo 40, comma 1 introduce un nuovo strumento di integrazione salariale che consiste in un rivisitato contratto di solidarietà riservato alle aziende che possano dimostrare nel primo semestre dell’anno 2021 un calo del fatturato del 50% rispetto al primo semestre dell’anno 2019;
  2. Il comma 3 dell’articolo 40 prevede che i datori di lavoro privati del settore industriale, a decorrere dal 1° luglio, se sospendono o riducono l’attività, possono accedere a Cigo e alla Cigs del Dlgs 148/2015 senza pagare il contributo addizionale.

Per quanto riguarda, invece, l’utilizzo del contratto a termine, ricordiamo che l’articolo 21, comma 1, lettera c) del Dlgs 81/2015 prevede il divieto di utilizzo di tali contratti «presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato».

Stesso divieto è previsto dall’articolo 32, comma 1, lettera c) dello medesimo decreto per la somministrazione a tempo determinato.

Nel periodo emergenziale sono state introdotte delle deroghe alle previsioni normative sopra citate: nello specifico, l’articolo 19-bis del Dl 18/2020 prevede che «considerata l’emergenza epidemiologica da Covid-19», ai datori di lavoro che accedono agli ammortizzatori sociali di cui agli articoli da 19 a 22 dello stesso decreto, è consentita la possibilità, «in deroga alle previsioni di cui agli articoli 20, comma 1, lettera c), 21, comma 2, e 32, comma 1, lettera c), del Dlgs 81/2015» e nel medesimo periodo, di rinnovo o di proroga dei contratti a tempo determinato. La deroga al divieto però è legittima solo quando la cassa è di tipo emergenziale Covid-19.

Attualmente – nonostante il perdurare dell’emergenza epidemiologica –  l’utilizzo della Cig da parte delle aziende industriali, non consentirà più di sfruttare la deroga prevista dall’articolo 19-bis.

Ministero Salute: nuove linee guida Covid-19

Il Ministero della Salute pubblica una nuova circolare contenente aggiornamenti al regime di quarantena ed isolamento, a seguito della diffusione delle nuove varianti del virus.

Con riguardo alla quarantena viene seguito un nuovo approccio di base, che prende in considerazione anche il livello di rischio (alto e basso). I casi di contatti stretti asintomatici di casi con infezione da Sars-CoV-2, (inclusa la variante Voc 202012/01 sospetta o confermata) identificati dalle autorità sanitarie, possono rientrare in comunità dopo un periodo di quarantena di almeno 10 giorni dall’ultima esposizione al caso, al termine del quale risulti eseguito un test antigenico o molecolare con risultato negativo.

Con specifico riferimento ai casi di basso rischio, invece, non è obbligatorio osservare il regime di quarantena, ma semplicemente le comuni precauzioni igienico-sanitarie (indossare la mascherina, distanziamento fisico, igienizzazione frequente delle mani, seguire buone pratiche di igiene respiratoria, ecc.).

Per quanto riguarda l’isolamento, il documento profila diverse ipotesi sulla base della tipologica di virus contratto:

  • I soggetti che continuano a risultare positivi al test molecolare o antigenico per Sars-Cov-2 o Voc 202012/01 (sospetta/confermata), in caso di assenza di sintomatologia da almeno 7 giorni (con esclusione di ageusia/disgeusia e anosmia), potranno interrompere l’isolamento al termine del 21° giorno;
  • I casi positivi a lungo termine per le varianti Voc diverse da Voc 202012/01 (sospetta o confermata) potranno interrompere l’isolamento solo dopo l’avvenuta negativizzazione al test molecolare.

Per il reintegro, i lavoratori positivi oltre il ventunesimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario, da inviarsi al datore di lavoro e al medico competente (ove nominato).

Agenzia Entrate: esente il rimborso spese ai dipendenti in smart working

L’Agenzia delle Entrate – con la Risposta ad Interpello n. 314/2021 – approfondisce la tematica dei rimborsi spese ai dipendenti. Nello specifico, l’istante chiede quale trattamento fiscale debba essere riservato alle somme erogate in qualità di rimborsi spese nei confronti dei dipendenti in smart working; se le stesse possano essere escluse dalla formazione del reddito.

Il parere finale dell’AE, muove da una serie di considerazioni che riportiamo di seguito:

  • L’articolo 51, comma 1, del Tuir sancisce il “Principio di onnicomprensività” secondo cui costituiscono reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono;
  • Secondo la circolare 326/1997 possono essere esclusi da imposizione quei rimborsi che riguardano spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro, anticipate dal dipendente, ad esempio, per l’acquisto di beni strumentali di piccolo valore, quali la carta della fotocopia o della stampante, le pile della calcolatrice, ecc;
  • Non concorrono alla formazione della base imponibile le somme che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore e che non sono fiscalmente rilevanti, in capo al dipendente, le erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro (Risoluzione n. 178/E del 2003);
  • Le somme erogate per rimborsare i costi dei collegamenti telefonici non siano da assoggettare a tassazione essendo sostenute dal telelavoratore per raggiungere le risorse informatiche dell’azienda messe a disposizione dal datore di lavoro e quindi poter espletare l’attività lavorativa (Risoluzione n. 357/E del 2007);
  • In sede di determinazione del reddito di lavoro dipendente, le spese sostenute dal lavoratore e rimborsate in modo forfetario sono escluse dalla base imponibile solo nell’ipotesi in cui il legislatore abbia previsto un criterio volto a determinarne la quota che, dovendosi ritenere riferibile all’uso nell’interesse del datore di lavoro, può essere esclusa dall’imposizione (Cfr. articolo 51, comma 4, lettera a), del Tuir, sull’utilizzo promiscuo di autovetture);
  • Sulla base di quanto indicato nella Risoluzione n. 74/E del 2017, per determinare l’importo della spesa rimborsata –  nel caso in cui il legislatore non abbia provveduto ad indicare un criterio ai fini della determinazione della quota esclusa da imposizione – i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili, al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente. Nell’Interpello oggetto di esame, l’istante prospetta l’utilizzo di un criterio per determinare la quota dei costi da rimborsare ai dipendenti in smart working, basato su parametri diretti ad individuare i costi risparmiati dalla Società che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente.

Alla luce di tutte le considerazioni sopra riportate, l’AE conclude affermando che le somme erogate dalla Società al fine di rimborsare il dipendente dei costi sostenuti attraverso le modalità rappresentate possano essere escluse dalla base imponibile Irpef.

Leggi la Risposta AE n. 314/2021

 

 

Ccnl logistica, trasporto merci e spedizioni: l’ipotesi di rinnovo

E’ stata firmata il 18 maggio scorso l’ipotesi di accordo di rinnovo del Ccnl logistica, trasporto merci e spedizioni.

Il testo prevede un aumento delle retribuzioni di 90 euro, da riparametrate sui minimi tabellari, suddivisi in 4 tranches da erogarsi alle seguenti scadenze:

– 15 euro a ottobre 2021,

– 25 euro a ottobre 2022,

– 20 euro a ottobre 2023,

– 30 euro a marzo 2024.

E’ prevista, a decorrere da gennaio 2022, l’erogazione di un importo pari a 10 euro a titolo di EDR. Tale importo verrà erogato per 13 mensilità e non avrà incidenza su alcun istituto contrattuale.

Ulteriormente, è prevista l’erogazione di un importo una tantum a copertura del periodo di vacanza contrattuale. Tale importo verrà riconosciuto a tutti i lavoratori in forza alla data di stipula dell’accordo ed ammonta a 230 euro da suddividersi come segue:

– 100 euro erogati con la retribuzione del mese di luglio 2021,

– 50 euro erogati con la retribuzione del mese di ottobre 2021,

– 80 euro erogati con la retribuzione del mese di aprile 2022.

Welfare: prorogato il raddoppio dei limiti di esenzione

La conversione del Decreto Sostegni contiene – tra le altre misure – la proroga per l’anno 2021 del raddoppio della soglia limite per l’esenzione dei benefit erogati dal datore di lavoro che passa, così, da 258,23 euro a 516,46 euro.

Il raddoppio del limite riguarda il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati dall’azienda ai lavoratori dipendenti, al coniuge ed ai familiari, anche non fiscalmente a carico, o il diritto di ottenerli da terzi, che non concorrono alla formazione del reddito.

Per il controllo del superamento del limite vanno presi in considerazione tutti i benefit percepiti, in relazione a tutti i rapporti di lavoro intrattenuti nello periodo d’imposta di riferimento. In caso di superamento della soglia fissata, il valore dei beni e servizi prestati concorrerà interamente alla formazione del reddito.

Assegno unico universale: le fasi dell’entrata in vigore

Rinviato il debutto dell’assegno unico universale, che dovrebbe trovare la piena applicazione dal 2022.

Tuttavia, è stato ipotizzato che da luglio 2021 la misura possa essere applicata nei confronti dei soggetti che – attualmente – non possono beneficiare degli Assegni al nucleo familiare, ovvero lavoratori autonomi e disoccupati. Per gli altri lavoratori potrebbe essere, invece, un aumento degli importi Anf attualmente percepiti.

La fase transitoria dovrebbe servire a porre le fondamenta per l’avvio definitivo della misura, ad oggi fissata per il 2022. Perchè ciò possa concretizzarsi, devono essere approvati i decreti delegati attuativi della legge 1° aprile 2021, n. 46 e in combinato disposto con la preannunciata riforma dell’Irpef.
Per quanto riguarda i requisiti cui devono essere in possesso lavoratori autonomi e disoccupati per poter richiedere l’assegno unico, si può supporre che siano i medesimi individuati per l’accesso alla misura:
  • Essere cittadini italiani o cittadini comunitari, o familiari con diritto di soggiorno o diritto di soggiorno permanente, ovvero essere cittadini extracomunitari in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca, di durata almeno annuale;
  • Essere soggetti al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia;
  • Essere residenti e domiciliati in Italia ovvero essere stato (o essere) residente in Italia per almeno due anni, anche non continuativi, ovvero essere titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, o a tempo determinato di durata almeno biennale.

Prorogabile il contratto a termine anche con l’utilizzo degli ammortizzatori Covid

E’ possibile procedere alla proroga o al rinnovo dei contratti a tempo determinato anche nel caso in cui le azienda stiano utilizzando i trattamenti di integrazione salariale. L’Inl ha chiarito il dubbio con la pubblicazione della nota 762/2021.

Il documento, riprendendo la formulazione dell’articolo 19 bis del DL n. 18/2020 secondo cui: “Considerata l’emergenza epidemiologica da COVID19, ai datori di lavoro che accedono agli ammortizzatori sociali di cui agli articoli da 19 a 22 del presente decreto, nei termini ivi indicati, è consentita la possibilità, in deroga alle previsioni di cui agli articoli 20, comma 1, lettera c), 21, comma 2, e 32, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, di procedere, nel medesimo periodo, al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione, evidenzia che tale norma è da ritenersi a tutt’oggi in vigore come norma interpretativa delle disposizioni che disciplinano l’erogazione degli ammortizzatori sociali in fase emergenziale e richiamate dalle successive norme che ne hanno prorogato la fruizione.

Nello specifico, la dicitura “nei termini ivi indicati” contenuta nell’articolo sopra citato, va inteso in modo dinamico e, pertanto, ricondotto al complesso normativo che regola gli ammortizzatori sociali attualmente in vigore.

Leggi la Nota Inl n. 762/2021