Ticket di licenziamento: l’Inps rettifica le modalità di calcolo

L’Inps pubblica la Circolare 137/2021 che contiene alcuni importanti chiarimenti in merito al calcolo del ticket di licenziamento, generando non pochi problemi a livello operativo: nel Messaggio a suo tempo pubblicato dall’Istituto (ndr: anno 2015) veniva evidenziato un metodo di calcolo dell’importo del ticket che prevedeva un massimale inferiore rispetto a quello indicato dalla legge e fornendo, peraltro, svariati esempi di calcolo a sostegno di ciò. Durante tutti questi anni gli operatori si sono, ovviamente, adeguati alle istruzioni fornite dall’Inps e non hanno ricevuto nessun avvertimento circa possibili errori sull’importo calcolato. Ora l’Istituto torna sui suoi passi affermando che il massimale da utilizzarsi era quello contenuto nella legge e che, pertanto, sarà necessario adeguare gli eventuali minori importi al dato “corretto”.

Analizziamo, di seguito, i passaggi che si sono susseguiti.

Sulla base di quanto stabilito dall’articolo 2, c. 31, della Legge 92/2012 il prelievo a carico del datore di lavoro è pari al 41 per cento del massimale mensile della NASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Il calcolo dell’importo prescinde dall’importo della prestazione individuale del dipendente cessato ed è dovuto in misura identica a prescindere dalla tipologia contrattuale di lavoro subordinato a tempo pieno o parziale.

Da un recente controllo effettuato dall’Istituto è emerso che la modalità di calcolo della contribuzione in argomento non è sempre stata conforme al disposto dell’articolo 2, c. 31, della legge n. 92/2012, essendo talvolta stata valorizzata in termini inferiori al dovuto per l’utilizzazione di una base di calcolo difforme dal massimale annuo della NASpI di cui all’art. 4, c. 2, del D.Lgs. n. 22/2015.

La norma in oggetto stabilisce che:

  • Nei casi in cui la retribuzione mensile sia pari o inferiore nel 2015 all’importo di 1.195 euro (rivalutato annualmente), la NASpI è pari al 75% della retribuzione mensile;
  • Nei casi in cui la retribuzione mensile sia superiore al predetto importo, l’indennità è pari al 75% del predetto importo incrementato di una somma pari al 25% della differenza tra la retribuzione mensile e il predetto importo. La NASpI non può in ogni caso superare nel 2015 l’importo mensile massimo di 1.300 euro, (rivalutato annualmente).

Tuttavia, appare non trascurabile il fatto che il Messaggio Inps a suo tempo pubblicato per fornire istruzioni operative (n. 4441/2015) precisasse che la somma limite di cui all’articolo 4, c. 2 del D.Lgs. 22/2015 dovesse essere stabilita in euro 1.195,00 e non in euro 1.300. Lo stesso Messaggio, pertanto, individua – per le interruzioni di rapporti intervenuti dal mese di maggio 2015 – la soglia annuale del contributo di cui sopra in euro 489,95 (euro 1195,00 * 41%) e l’importo massimo – riferito ai rapporti di lavoro della durata pari o superiore a 36 mesi – in euro 1.469,85 (euro 489,95 * 3).

Adeguandosi alle istruzioni a suo tempo fornite dall’Istituto è stato, inevitabile, generare importi differenti da quelli che sarebbero scaturiti seguendo il dettato normativo. Tuttavia, poiché le istruzioni sono state fornite dallo stesso Ente che gestisce tali prestazioni, sembra opportuno conformarsi alle interpretazioni ed istruzioni dallo stesso fornite.

Nella recente circolare l’Inps  comunica che – con apposito successivo messaggio – saranno fornite le indicazioni operative per la regolarizzazione dei periodi di paga scaduti alla data del 17 settembre 2021.  Ci si augura che venga tenuto in considerazione che eventuali errori nella determinazione degli importi dei ticket di licenziamento sono scaturiti proprio a seguito delle istruzioni fornite dall’Inps.

Controllo dei dati di navigazione dei dipendenti: la pronuncia del Garante Privacy

La Newsletter 478/2021 del Garante Privacy contiene il principio secondo cui non sia possibile, per il datore di lavoro, controllare in maniera indiscriminata la navigazione internet dei lavoratori.

A prescindere dagli accordi sindacali eventualmente sottoscritti, le attività di controllo devono sempre avvenire nel rispetto di quanto previsto dalla legge 300/70 (Statuto dei lavoratori).

Il caso di specie riguarda un provvedimento sanzionatorio nei confronti del Comune di Bolzano, emesso a seguito di un reclamo presentato da un dipendente: il lavoratore, durante un procedimento disciplinare a suo carico, è venuto a conoscenza del controllo costante effettuato dal datore di lavoro sui dati di navigazione.

Nello specifico, la PA aveva attivato – da circa dieci anni – un sistema di controllo e filtraggio della navigazione internet dei dipendenti, con la conservazione dei dati per un mese e la creazione di apposita reportistica, per finalità di sicurezza della rete, senza fornire adeguata informazione ai dipendenti.

A riguardo, il datore di lavoro aveva stipulato un accordo con le organizzazioni sindacali, così come previsto dalla normativa vigente, tuttavia il  Garante ha evidenziato che tale trattamento di dati deve comunque rispettare anche i principi di protezione dei dati previsti dal Gdpr.

Poiché il sistema di controllo consentiva lo svolgimento di operazioni di trattamento non necessarie e sproporzionate rispetto alla finalità di protezione e sicurezza della rete interna, effettuando una raccolta preventiva e generalizzata di dati relativi alle connessioni ai siti web visitati dai singoli dipendenti, raccogliendo anche informazioni estranee all’attività professionale e comunque riconducibili alla vita privata dell’interessato, nei confronti del Comune è stata comminata una sanzione per il trattamento illecito dei dati del personale. Inoltre, il Comune dovrà provvedere ad adottare misure tecniche e organizzative per anonimizzare il dato relativo alla postazione di lavoro dei dipendenti, cancellare i dati personali presenti nei log di navigazione web registrati, nonché aggiornare le procedure interne individuate e inserite nell’accordo sindacale.

Cosa fare se il lavoratore non vuole vaccinarsi

Il Tribunale di Modena si è pronunciato in tema di rifiuto da parte del lavoratore a sottoporsi a vaccinazione anti Covid-19.

L’ordinanza 2467/2021 afferma il datore di lavoro ricopre – tra gli altri – il ruolo di garante della salute e della sicurezza dei dipendenti e dei terzi che, per diverse ragioni, si trovano all’interno dei locali aziendali e ha, quindi, l’obbligo ai sensi dell’art. 2087 del codice civile di adottare tutte quelle misure di prevenzione e protezione che sono necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori.

Inoltre, ricorda che la direttiva UE 2020/739 ha incluso il Covid-19 tra gli agenti biologici da cui è obbligatoria la protezione anche negli ambienti di lavoro. Pertanto, fa parte dei doveri di protezione e sicurezza sui luoghi di lavoro – così come previsto dal Dlgs 81/2008 – quello di tutelare i lavoratori da agenti di rischio esterni.

Ne consegue che, in caso di rifiuto da parte dei dipendenti ad eseguire il vaccino, il datore di lavoro – pur non potendo procedere all’erogazione di sanzioni disciplinari – può certamente operare una valutazione oggettiva dell’idoneità alla mansione. Nel caso in cui non siano presenti in azienda altre mansioni cui adibire tali lavoratori al fine di garantire la sicurezza degli altri soggetti, può procedere alla sospensione degli stessi, senza obbligo di retribuzione.

Tale comportamento non lede il diritto alla privacy né il diritto all’autodeterminazione che deve trovare sì attuazione, ma parimenti con quello della salute dei clienti, degli altri dipendenti e il principio di libera iniziativa economica.

Il Consiglio di Stato si esprime sul valore delle Faq

Con la Sentenza 1245/2021 la prima sezione del Consiglio di Stato fornisce il proprio orientamento sul valore delle Faq (frequently asked question) che sempre più frequentemente sono contenute nei siti delle pubbliche amministrazioni e forniscono istruzioni su temi importanti senza, tuttavia, contenere la firma dell’autore né riferimenti normativi.

Per il Consiglio di Stato:

A) le FAQ sono sconosciute all’ordinamento giuridico;

B) non possono essere, in alcun modo, equiparate a circolari o pareri scritti, in quanto non c’è la firma dei responsabili o dei curatori e non costituiscono obbligo nemmeno per le amministrazioni che le hanno emesse.

Tuttavia, se un soggetto ha basato il proprio comportamento sul contenuto di una FAQ di una amministrazione, quest’ultima è tenuta ad ottemperarvi. Poiché è rilevante la presenza della Faq sul sito istituzionale nel momento in cui l’utente ha messo in atto le proprie azioni, è consigliabile salvare (o fotografare) le FAQ nel momento in cui vengono utilizzate.

La Guida Ance sulla revisione del corrispettivo nei contratti di appalto

Anche a seguito dei nuovi controlli inerenti la verifica della congruità sull’incidenza della manodopera nei contratti di appalto, l’ Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) pubblica una guida riguardante la determinazione del corrispettivo nei contratti di appalto per l’esecuzione di lavori edili in ambito privato.

Uno dei temi più attuali che interessi sia il committente che l’appaltatore – nell’esecuzione di lavori edili in ambito privato – è quello della variazione del corrispettivo originariamente pattuito. Tema che assume sempre maggiore rilevanza alla luce dell’aumento improvviso e rilevante dei prezzi di diverse materie prime verificatosi durante il periodo emergenziale e tutt’ora in essere.

Lo scopo della Guida è quello di fornire un’analisi operativa di tutte le disposizioni normative utili, nel caso in cui le parti non abbiano previsto una disciplina specifica.

Gli ulteriori argomenti affrontati sono:

  • La determinazione nel prezzo nell’appalto
  • La revisione dei prezzi dovuta ad un aumento dei costi dei materiali
  • La revisione dei prezzi dovuta ad un aumento dei costi della manodopera
  • Eccezionale incremento del costo delle materie prime – indicazioni operative
  • La revisione dei prezzi dovuta a difficoltà di esecuzione
  • Le varianti in fase di esecuzione
  • Le variazioni proposte dall’appaltatore ed approvate dal committente
  • Le variazioni necessarie per realizzare l’intervento a “regola d’arte”
  • Le variazioni ordinate dal committente
  • L’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione nell’appalto.

Scarica la Guida ANCE “Contratto di appalto e revisione del corrispettivo”

Tutela dei lavoratori fragili

Torna sotto i riflettori la vicenda della tutela dei lavoratori “fragili”, ovvero tutti i lavoratori che non possono rendere la propria prestazione direttamente in azienda poiché si trovano in una condizione di elevato rischio contagio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, compresi quelli in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 104/1992 e che – contemporaneamente – sono adibiti ad una mansione che non può essere svolta da casa o in smart working.

Il nuovo Decreto Legge 105/2021, (GU 23/07/2021), si limita a prorogare l’utilizzo del lavoro agile fino al 31 ottobre, così come previsto dall’articolo 26, comma 2-bis, del DL 18/2020.

Tale previsione, così strutturata, non proroga anche le misure di sostegno al reddito per i lavoratori fragili che non possono utilizzare lo smart working, lasciandoli – di fatto – senza retribuzione né misure sostitutive, a partire dal 1° luglio scorso.

L’assenza per quarantena non è più equiparata alla malattia

L’Inps, a seguito della mancata previsione da parte del legislatore di un nuovo stanziamento a tutela della quarantena, ricorda che le assenze per quarantena a seguito di contatto con una persona positiva al Covid-19 avvenute nel 2021 non possono più essere equiparate a quella per malattia.

Ne consegue che il lavoratore che si trova in isolamento fiduciario perché è venuto a contatto con un soggetto positivo al Covid-19 deve essere considerato in aspettativa e/o in sospensione non retribuita.

Per completezza, ricordiamo che la normativa emergenziale equiparava – con riferimento al trattamento economico – alla malattia, i periodi trascorsi in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria per chi:

  • aveva avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva;
  • faceva ingresso in Italia da zone a rischio epidemiologico, così come identificate dall’Oms.

Si evidenzia come, a seguito dell’eco mediatico di tale informazione, il Ministero si sia impegnato a cercare appositi stanziamenti a copertura della quarantena 2021.

Circolare Studio Nicco n. 58/2021 – Il contratto di rioccupazione

Per incentivare l’inserimento nel mercato del lavoro dei soggetti in stato di disoccupazione, nella fase di ripresa delle attività dopo l’emergenza epidemiologica, il Decreto-Legge “Sostegni Bis” ha istituito il Contratto di Rioccupazione: contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato la cui stipula attribuisce al datore di lavoro il diritto a beneficiare di un esonero contributivo dell’100% dei contributi previdenziali da lui dovuti, nel limite massimo di 6.000 euro su base annua e per un periodo massimo di sei mesi.

La Circolare n. 58 dello Studio Nicco ne analizza – nel dettaglio – le principali caratteristiche.

Leggi qui: Circolare n. 58 Studio Nicco – Il contratto di rioccupazione

Contratti a termine: le novità

Con l’entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Sostegni Bis sono state introdotte rilevanti novità anche con riferimento ai contratti a tempo determinato.

Le novità apportate riguardano le c.d. causali che devono essere inserite nel contratto:

  • Quando questo supera la durata di 12 mesi;
  • Quando si tratta di un rinnovo (nuovo contratto a termine tra medesimo lavoratore e datore di lavoro), a prescindere dal superamento dei 12 mesi di cui al punto precedente.

Le causali introdotte dal Decreto Dignità erano le seguenti:

  1. Esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;
  2. Esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
  3. Esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

A queste si aggiunge la possibilità per i Contratti collettivi di lavoro di prevedere – in via ordinatoria – specifiche esigenze cui subordinare la stipula dei contratti a termine, nelle situazioni sopra indicate (rinnovo o superamento dei 12 mesi di durata). Tale ultima opzione è percorribile fino alla data del 30 settembre 2022.

Appalti edili: al via la verifica di congruità sull’incidenza della manodopera

Il Decreto n. 143/2021 del Ministero del lavoro introduce un sistema di verifica della congruità dell’incidenza della manodopera utilizzata nella realizzazione di lavori edili pubblici e privati.

I lavori interessati dal controllo saranno quelli per cui verrà presentata la dnl alla Cassa Edile competente per territorio a decorrere dal 1° novembre 2021.

Con specifico riferimento ai lavori privati, saranno interessati solo quelli il cui importo complessivo non sia inferiore a 70.000 euro. Saranno esclusi i lavori inerenti la ricostruzione delle aree territoriali colpite dagli eventi sismici del 2016 per cui siano state adottate specifiche ordinanze da parte del Commissario straordinario del governo.

Le aziende per cui verrà effettuata la verifica saranno quelle che svolgono attività edili direttamente e funzionalmente connesse all’attività prestata dall’impresa affidataria dei lavori, che applicano il Ccnl edilizia a livello nazionale e territoriale:

  • I lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o i altri materiali, comprese le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali , ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale o di sterro.
  • I lavori di costruzione edile o di ingegneria civile gli scavi ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile.

In prima battuta, la verifica verrà effettuata sugli indici minimi di congruità riferiti alle singole categorie di lavori, cui corrisponde uno specifico valore che verrà periodicamente aggiornato dal Ministero del lavoro.

Le categorie ed i relativi indici contenuti nel Decreto sono:

  • Nuova edilizia civile, compresi impianti e forniture (14,28%);
  • Nuova edilizia industriale, esclusi impianti (5,36%);
  • Ristrutturazione di edifici civili (22,00);
  • Ristrutturazione di edifici industriali, esclusi impianti (6,69%);
  • Restauro e manutenzione di beni tutelati (30,00%);
  • Opere stradali, ponti, ecc. (13,77%);
  • Opere d’arte nel sottosuolo (10,82%);
  • Dighe (16,07%);
  • Acquedotti e fognature (14,63%);
  • Gasdotti (13,66%);
  • Oleodotti (13,66%);
  • Opere di irrigazione ed evacuazione (12,48%);
  • Opere marittime (12,16%);
  • Opere fluviali (13,31%);
  • Impianti per la produzione di energia elettrica (14,23%);
  • Impianti per la trasformazione e la distribuzione (5,36%);
  • Bonifica e protezione ambientale (16,47%).

Il calcolo verrà eseguito tenendo conto delle informazioni dichiarate dall’impresa principale, con specifico riferimento a:

  • Valore complessivo dell’opera,
  • Valore dei lavori edili previsti per la realizzazione della stessa,
  • Committenza,
  • Eventuali imprese subappaltatrici e sub-affidatarie.

In caso di variazioni che interessino i valori oggetto di verifica, l’impresa è tenuta a dimostrare la congruità sulla base dei nuovi valori dichiarati.

L’attestazione viene rilasciata dalla Cassa Edile, entro 10 giorni dalla richiesta, su istanza dell’impresa affidataria, del soggetto da essa delegato o dal committente.

Se dalle verifiche effettuate non si riscontra congruità con gli indici, è previsto un meccanismo di regolazione della posizione, su invito della Cassa Edile competente:

  1. Se l’impresa regolarizza la propria posizione nel termine di 15 giorni, viene rilasciata la dichiarazione di congruità;
  2. Se l’impresa non regolarizza entro il termine di 15 giorni, l’esito negativo andrà ad incidere sulle successive verifiche di regolarità contributiva finalizzare al rilascio del Durc dell’impresa affidataria.

L’attestazione di congruità viene rilasciata anche se lo scostamento rispetto agli indici è pari o inferiore al 5% della percentuale di incidenza della manodopera.

Il controllo degli esiti delle verifiche di congruità della manodopera impiegata sarà definito da una convezione di prossima sottoscrizione tra il Ministero del lavoro, l’Inps, l’Inail e la Cnce.