Riduzione contributiva nel settore dell’edilizia per l’anno 2015

A decorrere dal 1° settembre 2015 le aziende del settore dell’edilizia potranno inoltrare l’istanza per accedere al beneficio nella misura fissata per il 2014, pari al 11,50%.

Hanno diritto all’agevolazione contributiva i datori di lavoro classificati nel settore industria con i codici statistici contributivi da 11301 a 11305 e nel settore dell’artigianato con i codici statistici contributivi da 41301 a 41305, nonché caratterizzati dai codici Ateco 2007 da 412000 a 439909.

Si ricorda, inoltre, che non costituiscono attività edili in senso stretto – pertanto sono escluse dalla riduzione contributiva in oggetto – le opere di installazione di impianti elettrici, idraulici ed altri lavori simili.

Lo sgravio è applicabile per i periodi di paga da gennaio a dicembre 2015.

Le modalità di determinazione della contribuzione su cui operare la riduzione e dei soggetti che ne hanno diritto, sono quelle stabilite dalla circolare Inps n. 75/2015.

Il part-time post-partum

Il D.Lgs. n. 81/2015, in attuazione del c.d. Jobs Act, ha rimesso mano a tutte le tipologie contrattuali, tra cui il lavoro part-time. Tra le molte novità, una di sicuro rilievo è quella relativa alla possibilità, in capo al lavoratore, di richiedere la trasformazione del rapporto da full-time a part-time in luogo della fruizione del congedo parentale. La particolarità del nuovo dettato normativo risiede nel fatto che, in caso di richiesta, l’azienda sarà obbligata ad accogliere la stessa.

Tale novità si accoda alle previsioni di alcuni contratti collettivi (vedi Ccnl commercio in primis) per i quali tale obbligo risiedeva già nella stesura degli stessi, restando però un obbligo di natura contrattuale e non legale.

Il legislatore, al fine di conciliare tempi di vita e di lavoro provvede, ora, ad inserire una specifica previsione legale che, ovviamente, ha valenza e portata generale.

Entriamo nel merito e vediamo schematicamente cosa prevede la norma.

Il lavoratore può richiedere per una sola volta, in luogo del congedo parentale od entro i limiti del congedo ancora spettante, la trasformazione del rapporto di lavoro da full-time a part-time.

Cosa ne discende?

  • Tale possibilità è prevista solo per i soggetti con rapporto di lavoro full-time, non anche per lavoratori già part-time che richiederebbero una riduzione della prestazione;
  • È possibile richiederlo al posto della fruizione del congedo parentale;
  • È possibile richiederlo anche dopo aver richiesto già un congedo parentale, basta che il periodo richiesto, sommato al congedo, stia nei limiti previsti dal D.Lgs. n. 151/2001 (vedi sotto);
  • La trasformazione del rapporto di lavoro in part-time è a termine, finito il periodo pari al massimo a quello previsto per il congedo parentale, il rapporto torna ad essere full-time;
  • Il lavoratore può richiedere solo una volta tale opzione, anche nel caso in cui non abbia fruito di tutto il periodo. Nulla vieta che, successivamente al periodo di part-time, venga richiesto un periodo di congedo parentale (facendo, ovviamente, attenzione al limite complessivamente previsto per la durata del congedo stesso).

Altre previsioni:

  • La riduzione del rapporto non può eccedere il 50% dell’orario contrattualmente previsto;
  • Il datore di lavoro è tenuto per legge a dare corso alla trasformazione del rapporto entro il termine di 15 giorni dalla richiesta.

Per completezza si sintetizza quanto previsto dal titolo V del D.Lgs. n. 151/2001, inerente il congedo parentale.

Congedo parentale in generale

Può essere fruito entro i 12 anni di vita del bambino.

Per un totale di 10 mesi, sommando il congedo di entrambi i genitori.

Madre: massimo 6 mesi consecutivi o frazionati, trascorso il congedo di maternità.

Padre: massimo 6 mesi, consecutivi o frazionati, dalla nascita del figlio, elevabile a 7 nel caso in cui si astenga per almeno 3 mesi frazionati o consecutivi. In tal caso il limite complessivamente fruibile dai genitori sale a 11 mesi.

In caso di unico genitore il limite è di 10 mesi.

Adozione o affidamento

Il congedo parentale può essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l’età del minore, entro dodici anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età.

Figli con handicap

Per ogni minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di cui all’articolo 32, non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore.

Scuole private ANINSEI: siglato il rinnovo

Sottoscritta l’ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL per il personale direttivo, docente, educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario occupato nelle scuole non statali. L’intesa, che sarà valida per il triennio 2015-2018, sarà sottoposta entro settembre all’approvazione dei lavoratori.

In breve le novità:

– 4 tranches di aumenti: 01.09.2015, 01.09.2016, 01.09.2017 e 01.09.2018;

– Prevista un’indennità una-tantum a copertura del periodo 01.01.2013 – 31.08.2015;

– Istituito a decorrere dal 01.01.2016 il salario di anzianità. A tutto il personale che avrà maturato i seguenti anni di servizio ininterrotto presso la stessa azienda verrà riconosciuto un importo mensile di: 10 € dopo 2 anni di servizio, 20 € dopo 4 anni di servizio, 30 € dopo 6 anni di servizio, 40 € dopo 10 anni di servizio e 55 € dopo 14 anni di servizio;

– Bilateralità: le aziende, a partire dal 01.01.2016, dovranno versare un contributo annuo di 120 € per ogni dipendente in forza, da frazionare in 12 quote mensili di importo pari a 10 €. Le imprese che non aderiranno al sistema bilaterale, dovranno erogare un importo mensile di importo pari a 25 € lordi per 13 mensilità, a titolo di elemento aggiuntivo della retribuzione (E.A.R.).

Il Jobs Act e le nuove collaborazioni

A distanza di oltre 10 anni dall’inserimento nel panorama italiano del contratto di collaborazione a progetto, il legislatore odierno cerca di porre un argine al continuo uso distorto delle c.d. “collaborazioni”, abrogando gli articoli dedicati a tale tipologia contrattuale inseriti all’interno del D.Lgs. n. 276/2003.

La prima cosa da notare è come i legislatori – quello del 2003 e quello del 2015 – si siano mossi sulla scia dello stesso intento: limitare gli abusi. Ovviamente – se no non ci sarebbe stato il caso di due diverse riforme – se il fine resta lo stesso, i mezzi cambiano.

Nel 2003 la riforma Biagi cercava di dare contezza di quali fossero i reali criteri di determinazione di una collaborazione genuina, sulla stessa scia si sono innestati i vari aggiustamenti di tiro operati negli anni successivi. Con il D.Lgs. n. 81/2015, invece, il legislatore opta per eliminare tout court la normativa inserita nel 2003, lasciando, però, in vigore l’art. 409 c.p.c..

La tecnica legislativa utilizzata nel 2003, cercando di colmare la lacuna aperta dal codice di procedura civile, all’articolo sopra richiamato, cercava di dare crismi e criteri di valutazione in ordine alle modalità di espletamento della prestazione lavorativa e alla determinazione del compenso dovuto. Semplificando, potremmo arrivare a dire che il legislatore, consapevole che le collaborazione nascano e si diffondano nel sistema lavoristico italiano, attingendo peculiarità sia dal lavoro subordinato che dal lavoro autonomo, aveva cercato di dare paletti entro i quali muoversi per restare nella genuinità. Da qui nasceva l’esigenza di determinare un progetto (o programma o fase di esso). Ulteriormente, per cercare di delineare meglio le diversità, si era poi previsto che se da un lato “il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi e ripetitivi”, per contro “Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e, in relazione a ciò nonché alla particolare natura della prestazione e del contratto che la regola, non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività, eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati”. È palese come il legislatore abbia “pescato” dalle tipologie contrattuali maggiormente strutturate per colmare le lacune di tale tipologia contrattuale.

Sicuramente questa incertezza normativa, seguita dall’incertezza giurisprudenziale e dai continui aggiustamenti normativi apportati in questi anni, ha mantenuto, nei fatti, aperta la partita, portando a continui abusi nell’utilizzo delle collaborazioni.

Il Governo Renzi, con l’intento di porvi rimedio, abroga la parte ad esse dedicata all’interno del D.Lgs. n. 276/2003 inserendo, all’articolo 2, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015, una nuova previsione relativa alle collaborazioni: “A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”. Per espressa previsione, all’art. 52, comma 2, resta salvo quanto previsto dall’art. 409 cp.c.. Resta applicabile quanto previsto dalla vecchia normativa ai contratti in essere alla data di entrata in vigore del decreto in analisi.

L’unica novità inserita, quindi, dal Jobs Act sulle collaborazioni è la previsione di riqualificazione automatica nel caso in cui le prestazioni rese dai collaboratori evidenzino tratti specifici del lavoro subordinato.

Prima di entrare nel merito della dizione utilizzata dal legislatore in ordine alle “nuove” collaborazioni, cerchiamo di capire la ratio sottesa al nuovo testo in vigore dal 25 giugno 2015.

Come abbiamo detto sopra, il nuovo dettato normativo è un ritorno al passato, a prima della riforma Biagi. La chiave di lettura dei pochi spunti di riflessione delle nuove collaborazioni è la differenza tra obbligazione di mezzi e obbligazione di risultati. Le modalità di esecuzione della prestazione non devono essere organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro: il committente non deve entrare nel merito di come verrà svolta la prestazione, con che tempi ed in che luogo, deve solo avere il risultato atteso e determinato in contratto. Questa “nuova” collaborazione, tralasciando tutte le sfumature previste nella previgente normativa in ordine a progetto, determinazione del compenso, modalità di erogazione della prestazione, prende le distanze in modo netto dal lavoro subordinato, ex art. 2094 c.c., puntando in modo evidente all’art. 2222 c.c.. Il lavoratore autonomo, infatti, “si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”. Per una più efficace determinazione circa i criteri di determinazione di tempi e luoghi di lavoro sicuramente verrà in aiuto giurisprudenza consolidata sulla riqualificazione del rapporto di lavoro.

Lascia, invece, perplessi la dizione utilizzata dal legislatore quando prevede che le collaborazioni che si concretino in prestazioni personali e continuative siano sinonimo di subordinazione. Infatti, se il legislatore ha optato per salvare l’art. 409 c.p.c. il quale prevede espressamente che le collaborazioni siano personali e continuative, non si capisce quale sia l’intento dell’art. 2 del D.Lgs. n. 81/2015. L’errore – grossolano – del legislatore è stato quello di porre l’accento sulla personalità e continuatività della prestazione, quasi volessero sottolineare che tali tipologie di prestazioni siano a basso valore aggiunto e/o ripetitive e, pertanto, denotino l’assenza di autonomia gestionale. Che qualifica una prestazione quale subordinata – o, per converso, autonoma – non è l’oggetto della stessa ma le modalità di esecuzione e svolgimento.

Cosa succede, quindi, dal 25 giugno 2015? Non esistendo più le previsioni della riforma Biagi, non esiste più specifica normativa per collaborazioni a progetto, mini-co.co.co., soggetti che percepiscono pensione di vecchiaia (ad eccezione di quelli in essere). Tutte le collaborazione, in generale, ritornano nell’alveo dell’art. 409 c.p.c. e soggiacciono a quanto previsto dal comma 1, dell’art. 2 del D.Lgs. n. 81/2015. Le uniche eccezioni per le quali non si applicano i crismi del comma 1 sono le seguenti:

  1. le collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative   del   relativo settore;
  2. le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
  3. le attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
  4. le collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

Restano, quindi, in vita le collaborazioni. Per un certo verso, se genuine, con alcune novità di non poco conto: ad esempio il compenso viene, ora, svincolato dai minimi previsti dai CCNL per mansioni equiparabili, non è più prevista una durata determinata o determinabile, non dovrà più essere determinato il progetto alla base della stipula dello stesso. I contratti vengono quindi liberati da lacci e lacciuoli, la qualificazione del rapporto verterà sulle modalità di espletamento dell’attività nel concreto, andrà valutato se esiste eterodirezione o solamente coordinamento utile al raggiungimento degli obiettivi comuni, se il committente punterà a raggiungere un risultato atteso e determinato.

Cogliendo due passaggi della circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 1/2004, riassumiamo quanto espresso sopra:

  • “Le collaborazioni coordinate e continuative [omissis] restano caratterizzate dall’elemento qualificatorio essenziale, rappresentato dall’autonomia del collaboratore (nello svolgimento della attività lavorativa dedotta nel contratto [omissis]), dalla necessaria coordinazione con il committente, e dall’irrilevanza del tempo impiegato per l’esecuzione della prestazione”;
  • “Il collaboratore deve gestire il progetto in funzione del risultato, che assume rilevanza giuridica indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa”.

Congedo parentale: al via il nuovo decreto

E’ in vigore dal 25 giugno 2015 il Decreto legislativo 80/2015 sulle “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”.

Tale decreto introduce alcune novità in relazione al congedo parentale, le più rilevanti sono le seguenti:

  • Aumento del termine per la fruizione del congedo parentale fino al compimento dei 12 anni di vita del figlio o fino ai 12 anni dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato (il precedente termine era fissato ad 8 anni),
  • Il nuovo decreto amplia il termine ultimo entro cui fruire del congedo indennizzato pari al 30% della retribuzione, portandolo da tre anni di vita del bambino a sei anni di vita del bambino (o sei anni dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato),
  • Relativamente ai periodi di congedo parentale fruiti tra gli 8 e i 12 anni di vita del figlio (o tra gli 8 e 12 anni dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato), gli stessi non sono – in  ogni caso – indennizzabili. Per i congedi fruiti tra i 6 e gli 8 anni, gli stessi potranno essere indennizzati a condizione che il reddito dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.

Il Messaggio Inps n. 4576 del 06/07/2015 fornisce indicazioni circa le modalità di presentazione della domanda durante il periodo transitorio, in attesa dell’adeguamento degli applicativi informatici dell’Istituto.

Nello specifico, sarà necessario presentare domanda in formato cartaceo sul modello reperibile sul sito internet dell’Inps attraverso il seguente percorso: www.inps.it -> modulistica -> digitare nel campo “ricerca modulo” il codice: SR23.

Il suddetto modulo cartaceo deve essere utilizzato dai genitori lavoratori dipendenti che fruiscono di periodi di congedo parentale a far data dal 25.06.2015 e fino al 31.12.2015, con riferimento ai figli di età compresa tra 8 e 12 anni (o per minori adottati o affidati che si trovano tra l’ottavo e il dodicesimo anno di ingresso in famiglia).

La domanda cartacea riguarda anche i periodi di congedo parentale fruiti in data antecedente a quella di presentazione della stessa, a partire comunque dal 25.06.2015.

Per la generalità dei genitori lavoratori dipendenti aventi diritto al congedo parentale con figli di età inferiore agli 8 anni, la domanda deve essere presentata in modalità telematica.

Leggi il Decreto Legislativo 80/2015.

Leggi il Messaggio Inps n. 4576/2015.

Riforma dei contratti: che cosa è cambiato

Il Decreto legislativo 81/2015 – in vigore dal 25.06.2015 stabilisce la nuova “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni”.

Il Decreto statuisce che la forma comune del rapporto di lavoro è da ravvisarsi nel contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Il prosieguo del testo fornisce una regolamentazione organica del lavoro ad orario ridotto e del c.d. “lavoro flessibile”, ossia:

  • Lavoro intermittente,
  • Lavoro a tempo determinato,
  • Somministrazione di lavoro,
  • Apprendistato,
  • Lavoro accessorio.

Le “Disposizioni finali” contengono norme rigurdanti i seguenti contratti di lavoro:

Contratto a progetto

Le disposizioni relative al contratto di lavoro a progetto sono abrogate e restano valide esclusivamente con riferimento ai contratti già in essere alla data di entrata in vigore del decreto.

Contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro

Quando l’associato è una persona fisica l’apporto non può consistere, nemmeno in parte, in una prestazione di lavoro.

I contratti in atto alla data di entrata in vigore del Decreto in cui l’apporto dell’associato persona fisica consiste, in tutto o in parte, in una prestazione di lavoro, restano validi fino alla loro cessazione.

Stabilizzazione dei Co.co.co anche a progetto e di persone titolari di partita IVA

L’assunzione a tempo indeterminato – alle specifiche condizioni stabilite dal Decreto – comporta l’estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi all’erronea qualificazione del rapporto di lavoro, fatti salvi gli illeciti accertati a seguito di accessi ispettivi effettuati in data antecedente all’assunzione.

 Per ulteriori informazioni si invitano i clienti a contattare lo Studio.

Leggi il Decreto Legislativo 81/2015.

L’ingresso al lavoro per i cittadini croati è libero dal 1° luglio 2015

Stop al regime transitorio di limitazioni all’ingresso nel mercato del lavoro italiano per i cittadini croati.

La Circolare congiunta del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’interno comunica la decisione di non prorogare – oltre la scadenza originaria deol 30.06.2015 – il regime transitorio di limitazioni.

Ne deriva che, a partire dal ° luglio 2015, per effetto del meccanismo automatico previsto dal “Trattato di adesione all’Unione Europea della Croazia”, si ritengono decadute le limitazioni all’accesso al lavoro nei settori produttivi relativamente ai quali la restrizione era in vigore.

Leggi la Circolare congiunta prot. 3233.

 

Ticket pasto, nuovi importi di esenzione da luglio 2015

Si ricorda che, in base alle modifiche apportate con la legge di stabilità per il 2015, a decorrere dal 1° luglio 2015 il limite di esenzione per i buoni pasto elettronici acquistati in favore di lavoratori dipendenti ed assimilati viene innalzato a 7,00 € su base giornaliera. Per i buoni cartacei il limite di esenzione resta di 5,29 €. La quota eccedente i suddetti limiti sarà assoggettata a contribuzione ed irpef.

Lavoratori a chiamata: nuovo indirizzo per la comunicazione preventiva

A far data dal 1° giugno 2015 il è stato istituito il nuovo indirizzo di posta elettronica a cui inviare il modello UNI_intermittenti intermittenti@pec.lavoro.gov.it, relativo alle comunicazioni preventive delle prestazioni effettuate dai lavoratori assunti con contratto a chiamata.

Sul sito www.cliclavoro.gov.it è possibile scaricare il pdf del modello che genera e spedisce il file xml al nuovo indirizzo.

Scarica qui il modello aggiornato

Semplificazione, dal 1° luglio il DURC si potrà richiedere on-line

Dal 1° luglio 2015 sarà operativa la nuova procedura di richiesta DURC ON-LINE, che permetterà di ottenere in tempo reale un documento di regolarità contributiva valido 120 giorni. Il Durc sarà scaricabile e utilizzabile per ogni finalità richiesta dalla legge, senza bisogno di effettuare ogni volta una nuova richesta.

Schematizziamo, di seguito, le principali caratteristiche della nuova procedura.

Soggetti abilitati

  • amministrazioni aggiudicatrici, organismi di diritto pubblico, enti aggiudicatori, altri soggetti aggiudicatori, soggetti aggiudicatori e stazioni appaltanti,
  • organismi di attestazione SOA,
  • pubbliche amministrazioni concedenti,
  • pubbliche amministrazioni procedenti, concessionari e gestori pubblici,
  • imprese o lavoratori autonomi in relazione alla propria posizione contributiva o, previa delega, chi ne abbia interesse,
  • banche e intermediari finanziari.

Verifica della regolarità contributiva

Avviene in tempo reale con strumenti informatici e sostituisce il Durc previsto:

  • per l’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici, di ogni genere,
  • nell’ambito di procedure di appalto di opere, servizi e forniture pubblici e nei lavori privati dell’edilizia,
  • per il rilascio dell’attestazione SOA.

La verifica riguarda i pagamenti dovuti:

  • dall’impresa in realzione ai lavoratori subordinati e a quelli impiegati con contratto di co.co.co, che operano nell’impresa stessa,
  • dai lavoratori autonomi,

scaduti sino all’ultimo giorno del secondo mese antecedente a quello in cui si effettua la verifica, a condizione che sia scaduto anche il termine di presentazione delle relative denunce contributive.

Requisiti di regolarità

La regolarità sussiste anche nei seguenti casi:

  • rateizzazioni INPS, INAIL, Casse edili o presso Agenti della riscossione,
  • sospensione dei pagamenti per disposizioni legislative,
  • crediti in fase amminstrativa,
  • crediti affidati per il recupero agli Agenti della riscossione per cui è disposta la sospensione della cartella o dell’avviso di pagamento a seguito di ricorso giudiziario,
  • scostamento non grave tra somme dovute e somme versate.

Assenza di regolarità

Gli enti trasmettono, tramite PEC, all’interessato o al soggetto delegato l’invito a regolarizzare con indicazione analitica delle cause di irregolarità rilevate da ogni Ente tenuto al controllo.

La regolarizzazione può avvenire entro e non oltre 15 giorni.

L’invito a regolarizzare sospende la possibilità di effettuare ulteriori richieste di regolarità contributiva durante i suddetti 15 giorni e comunque per un periodo non superiore a 30 giorni dall’interrogazione.

Decorsi inutilmente i 15 giorni, il risultato negativo della verifica viene comunicato ai soggetti che hanno effettuato l’interrogazione.

Specifici requisiti di regolarità sono previsti per le imprese sottoposte a procedure concorsuali.

Modalità di verifica

I soggetti abilitati alla verifica, muniti di credenziali, effettuano un’unica interrogazione negli archivi Inps, Inail e Cassa edile. Tale verifica può essere effettuata dall’interessato o da un Consulente del Lavoro e da altri soggetti abilitati da norme speciali.

Se un Durc è già stato richesto, la procedura rinvia a detto documento.

Il Durc ha valità 120 giorni dalla data in cui è stata effettuata la verifica ed è liberamente consultabile tramite specifiche applicazioni predisposte dagli Enti.

Cause ostative alla regolarità

Specifiche violazioni di natura previdenziale e in materia di tutela delle condizioni di lavoro che risultano ostative al rilascio del documento sono indicate nell’allegato A del Decreto del 30 gennaio 2015 che istituisce la nuova procedura.

Ai fini della regolarità contributiva l’interessato è tenuto ad autocertificare alla competente Direzione territoriale del lavoro, che ne verifica la veridicità a campione, l’inesistenza a suo carico di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali definitivi in ordine alla commissione delle violazioni presenti nel succitato Allegato A, ovvero il decorso del periodo indicato del medesimo allegato per ciascun illecito.

Le cause ostative non sussistono se il procedimento penale è estinto a seguito di:

  • prescrizione obbligatoria,
  • oblazione.

Esclusioni

Entro e non oltre il 1° gennaio 2017 restano assoggettate alle previgenti modalità di rilascio i Durc richiesti in applicazione delle seguenti norme:

  • certificazione e compensazione dei crediti vantati dai fornitori di beni e servizi nei confronti delle pubbliche amministrazioni,
  • disposizioni per favorire i pagamenti delle pubbliche amministrazioni,
  • lavoratori extra-comunitari irregolarmente soggiornanti – sanatoria 2012 – regolarizzazione delle somme ricevute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributiovo e fiscale,
  • esecuzione dei lavori per la ricostruzione e la riparazione di edifici ubicati nel Comune di L’Aquila e negli altri Comuni del Cratere,
  • casi in cui la verifica non sia possibile per assenza delle informazioni necessarie negli archivi degli Enti.