Legge di Stabilità 2016

La Legge di Stabilità 2016 è stata approvata alla Camera dei Deputati e al Senato. In attesa della pubblicazione definitiva, analizziamo alcune novità:

  • E’ prevista la proroga dello sgravio contributivo per le nuove assunzioni con contratti di lavoro a tempo indeterminato effettuate nel 2016: il datore di lavoro ha diritto ad un esonero dal versamento del 40% dei complessivi contributi previdenziali a suo carico, nel limite di 3.250 euro su base annua, per un massimo di 24 mesi.
  • Al fine di promuovere il welfare aziendale e incentivare la contrattazione collettiva decentrata è prevista una disciplina tributaria specifica: i soggetti con reddito da lavoro dipendente fino a 50.000 euro, possono applicare un’imposta sostitutiva dell’IRPEF pari al 10% entro il limite di importo complessivo di 2.000 euro lordi, in relazione alle somme e ai benefit corrisposti per incrementi di produttività o sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.
  • Gli ammortizzatori sociali in deroga vengono rifinanziati per un importo pari a 250 milioni di euro per l’anno 2016.
  • Prorogata al 2016 la nuova disciplina del congedo di paternità. Il congedo obbligatorio è elevato da uno a due giorni.
  • Con riferimento ai soggetti salvaguardati, si garantisce l’accesso al trattamento previdenziale con i vecchi requisiti ad un massimo di ulteriori 26.300 soggetti, sia individuando nuove categorie di soggetti beneficiari, sia incrementando i contingenti di categorie già oggetto di precedenti salvaguardie, attraverso il prolungamento del termine (da 36 a 60 mesi successivi all’entrata in vigore della riforma pensionistica) entro il quale i soggetti devono maturare i vecchi requisiti.
  • Opzione donna: è prevista una proroga che consentente l’accesso all’istituto (transitorio e sperimentale) – istituto che che permette alle lavoratrici l’accesso al trattamento anticipato di pensione con calcolo esclusivamente contributivo – a chi matura i previsti requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2015.
  • No tax area per i pensionati: dal 2016  viene elevata la misura delle detrazioni dall’imposta lorda IRPEF spettanti con riferimento ai redditi da pensione.
  • E’ introdotta una disciplina che permette di trasformare il rapporto di lavoro subordinato da tempo pieno a tempo parziale, con copertura pensionistica figurativa e corresponsione al dipendente, da parte del datore di lavoro, di una somma pari alla contribuzione pensionistica che sarebbe stata a carico di quest’ultimo (relativa alla prestazione lavorativa non effettuata). Nello specifico, possono scegliere di ridurre l’orario di lavoro in una misura compresa tra il 40% e il 60% – d’intesa con il datore di lavoro – i lavoratori dipendenti del settore privato iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e alle forme sostitutive della medesima con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato che maturano entro il 31 dicembre 2018 il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia, a condizione di avere maturato i requisiti minimi di contribuzione per il diritto al predetto trattamento pensionistico di vecchiaia.

 

Agenzia delle Entrate: chiarimenti sui rimborsi chilometrici

L’Agenzia delle Entrate diffonde – con la risoluzione n° 92/E – un chiarimento riguardante la tassazione del rimborso chilometrico.

L’interpello è stato posto in merito ad un’azienda che, relativamente alla determinazione del rimborso chilometrico ai dipendenti che svolgono le proprie mansioni in trasferta, al di fuori del territorio del comune, opera il seguente distinguo:

  • quando il percorso per raggiungere la località di missione, calcolato a partire dall’abitazione, è più breve rispetto a quello calcolato partendo dalla sede di lavoro, l’indennità chilometrica spettante viene interamente riconosciuta in regime di esenzione fiscale;
  • quando, invece, il percorso per raggiungere la località di missione, calcolato a pratire dall’abitazione, è più lungo rispetto a quello calcolato partendo dalla sede di lavoro, l’indennità chilometrica, seppur corrisposta in ragione dell’intero percorso, è assoggettata a tassazione, fiscale e previdenziale, per la sola quota riferibile alla maggiore distanza percorsa; ciò nel presupposto che l’importo tassato è da considerarsi quale rimborso erogato per il tratto abitazione – sede lavoro.

Alcuni dipendenti hanno eccepito che tale comportamento determini la tassazione di importi che potrebbero costituire, invece, rimborsi analitici esclusi dall’imponibile ai sensi dell’art. 51, comma 5, del TUIR.

L’Amministrazione finanziaria – confermando la soluzione interpretativa proposta dall’istante – chiarisce e rammenta che i rimborsi chilometrici erogati per l’espletamento della prestazione lavorativa in un comune diverso da quello in cui è situata al sede di lavoro, sono esenti da imposizione, se calcolati con riferimento alle tabelle ACI e avendo riguardo alla percorrenza, al tipo di automezzo usato e al costo chilometrico attribuito al tipo di autovettura.

Pertanto, il comportamento utilizzato dall’azienda in questione, risulta corretto.

Riduzione premio Inail artigiani 2015

Pubblicato sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Decreto InterMinisteriale – di concerto con il Ministro dell’Economia e delle FInanze – 17 settembre 2015, riguardante lo sconto del premio Inail spettante alle imprese artigiane, relativamente all’anno 2015.

L’importo del sopra citato sconto è pari all’8,16% del premio assicurativo dovuto. Inoltre, il Decreto specifica che le eventuali economie generate dalla riduzione del premio “sono destinate ad incrementare l’ammontare delle risorse disponibili per il rispettivo periodo di riferimento, al fine di attribuire una maggiore riduzione a quelle imprese che hanno i requisiti previsti dal presente decreto”. E’ attribuito all’Istituto il compito di verifica relativamente alla sussistenza delle condizioni di ammissione al beneficio da parte delle imprese.

Decreto InterMinisteriale 17 settembre 2015

Appalti: vietato il ribasso sul costo del personale

Non è consentito stipulare un contratto di appalto nel quale il costo del personale abbia tariffe più basse, calcolate prendendo come parametro contratti collettivi sottoscritti da associazioni sindacali non comparativamente più rappresentative.

A stabilirlo è una sentenza della terza sezione del Consiglio di Stato (n. 4699 del 13.10.2015), nella quale il giudice amministrativo asserisce che “se si ammettono senza riserve offerte che sono formulate facendo applicazione di costi molto più contenuti oggetto di contratti di lavoro sottoscritti da sindacati non adeguatamente rappresentativi, si determinano pratiche di dumping sociale perchè solo alcune imprese possono beneficiare di disposizioni che giustificano un costo del lavoro inferiore”.

Il testo sottolinea, inoltre, che nelle gare in cui il costo del lavoro risulta decisivo poichè prevalente tra i valori complessivi dell’appalto stesso – c.d. labour intensive – non possono essere ammesse valutazioni fondate su contratti scarsamente rappresentativi, in quanto porterebbero ad un’offerta non congrua con i criteri fissati dall’articolo 86, comma 3 bis, del D.Lgs. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture).

Il congedo parentale a ore

Il D. Lgs. 80/2015 ha introdotto un criterio generale di fruizione del congedo parentale in modalità oraria, applicabile anche in assenza di contrattazione collettiva – anche a livello aziendale.

Tale misura ha carattere sperimentale e riguarda i periodi fruiti dal 25 giugno al 31 dicembre 2015, salva l’adozione di specifici decreti volti al definirne la stabilizzazione.

Con la Circolare n. 152, l’Inps ha fornito chiarimenti e illustrato le modalità operative a riguardo. Riassumiamo, di seguito, gli aspetti rilevanti.

  • Innanziatutto, ricordiamo che restano invariati la durata del congedo ed i limiti complessivi e individuali entro i quali i genitori possono assentarsi dal lavoro, in base all’ampliamento stabilito dal D.Lgs. 80/2015.
  • Le diverse modalità di fruizione del congedo (giornaliera, mensile, oraria) possono alternarsi tra loro. In caso di fruizione su base oraria, è importante sapere che le domeniche e i sabati (questi ultimi solo in caso di settimana corta) non vengono considerati né ai fini del computo né ai fini dell’indennizzo.
  • Il congedo è indennizzato su base giornaliera, anche nel caso in cui la fruizione avvenga in modalità oraria.
  • Le ore di congedo parentale sono coperta da contribuzione figurativa fino al dodicesimo anno di vita del bambino (o di ingresso del minore in caso di adozione o affidamento).

Presentazione della domanda

Il dipendente avente diritto al congedo richiede il congedo al datore di lavoro e all’Inps. Nella fase transitoria, la richiesta all’Inps è presentata con apposita domanda on line, diversa da quella per il congedo giornaliero o mensile, indicando: se il congedo sia richiesto in base alla contrattazione di riferimento oppure in base al criterio generale; il numero di giornate di congedo da fruire in modalità oraria; il periodo all’interno del quale queste giornate intere saranno fruite.

Nella prima fase di attuazione la domanda è presentata per ogni singolo mese e può riguardare anche giornate di congedo fruite in modalità oraria prima della presentazione della domanda stessa.

A regime, la domanda dovrà essere presentata prima dell’inizio del congedo, anche lo stesso giorno di inizio. L’applicazione è inserita nel gruppo di servizi denominati “Domande di maternità on line”.

L’acquisizione delle domande è possibile tramite i seguenti tre canali:

  • web (servizi OnLine dedicati al Cittadino con accesso tramite PIN, selezionando le voci “Invio Domande di prestazioni a Sostegno del reddito”, “Maternità”, “Acquisizione domanda”);
  • Contact center integrato, contattando il numero verde 803164, gratuito da rete fissa, o il numero 06164164 da telefono cellulare, a pagamento;
  • patronati, attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi.

Salvi i casi di oggettiva impossibilità, il genitore è tenuto a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a 5 giorni in caso di richiesta di congedo parentale mensile o giornaliero, e non inferiore a 2 giorni in caso di congedo orario.

Riduzione contributiva nel settore dell’edilizia per l’anno 2015

A decorrere dal 1° settembre 2015 le aziende del settore dell’edilizia potranno inoltrare l’istanza per accedere al beneficio nella misura fissata per il 2014, pari al 11,50%.

Hanno diritto all’agevolazione contributiva i datori di lavoro classificati nel settore industria con i codici statistici contributivi da 11301 a 11305 e nel settore dell’artigianato con i codici statistici contributivi da 41301 a 41305, nonché caratterizzati dai codici Ateco 2007 da 412000 a 439909.

Si ricorda, inoltre, che non costituiscono attività edili in senso stretto – pertanto sono escluse dalla riduzione contributiva in oggetto – le opere di installazione di impianti elettrici, idraulici ed altri lavori simili.

Lo sgravio è applicabile per i periodi di paga da gennaio a dicembre 2015.

Le modalità di determinazione della contribuzione su cui operare la riduzione e dei soggetti che ne hanno diritto, sono quelle stabilite dalla circolare Inps n. 75/2015.

Il part-time post-partum

Il D.Lgs. n. 81/2015, in attuazione del c.d. Jobs Act, ha rimesso mano a tutte le tipologie contrattuali, tra cui il lavoro part-time. Tra le molte novità, una di sicuro rilievo è quella relativa alla possibilità, in capo al lavoratore, di richiedere la trasformazione del rapporto da full-time a part-time in luogo della fruizione del congedo parentale. La particolarità del nuovo dettato normativo risiede nel fatto che, in caso di richiesta, l’azienda sarà obbligata ad accogliere la stessa.

Tale novità si accoda alle previsioni di alcuni contratti collettivi (vedi Ccnl commercio in primis) per i quali tale obbligo risiedeva già nella stesura degli stessi, restando però un obbligo di natura contrattuale e non legale.

Il legislatore, al fine di conciliare tempi di vita e di lavoro provvede, ora, ad inserire una specifica previsione legale che, ovviamente, ha valenza e portata generale.

Entriamo nel merito e vediamo schematicamente cosa prevede la norma.

Il lavoratore può richiedere per una sola volta, in luogo del congedo parentale od entro i limiti del congedo ancora spettante, la trasformazione del rapporto di lavoro da full-time a part-time.

Cosa ne discende?

  • Tale possibilità è prevista solo per i soggetti con rapporto di lavoro full-time, non anche per lavoratori già part-time che richiederebbero una riduzione della prestazione;
  • È possibile richiederlo al posto della fruizione del congedo parentale;
  • È possibile richiederlo anche dopo aver richiesto già un congedo parentale, basta che il periodo richiesto, sommato al congedo, stia nei limiti previsti dal D.Lgs. n. 151/2001 (vedi sotto);
  • La trasformazione del rapporto di lavoro in part-time è a termine, finito il periodo pari al massimo a quello previsto per il congedo parentale, il rapporto torna ad essere full-time;
  • Il lavoratore può richiedere solo una volta tale opzione, anche nel caso in cui non abbia fruito di tutto il periodo. Nulla vieta che, successivamente al periodo di part-time, venga richiesto un periodo di congedo parentale (facendo, ovviamente, attenzione al limite complessivamente previsto per la durata del congedo stesso).

Altre previsioni:

  • La riduzione del rapporto non può eccedere il 50% dell’orario contrattualmente previsto;
  • Il datore di lavoro è tenuto per legge a dare corso alla trasformazione del rapporto entro il termine di 15 giorni dalla richiesta.

Per completezza si sintetizza quanto previsto dal titolo V del D.Lgs. n. 151/2001, inerente il congedo parentale.

Congedo parentale in generale

Può essere fruito entro i 12 anni di vita del bambino.

Per un totale di 10 mesi, sommando il congedo di entrambi i genitori.

Madre: massimo 6 mesi consecutivi o frazionati, trascorso il congedo di maternità.

Padre: massimo 6 mesi, consecutivi o frazionati, dalla nascita del figlio, elevabile a 7 nel caso in cui si astenga per almeno 3 mesi frazionati o consecutivi. In tal caso il limite complessivamente fruibile dai genitori sale a 11 mesi.

In caso di unico genitore il limite è di 10 mesi.

Adozione o affidamento

Il congedo parentale può essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l’età del minore, entro dodici anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età.

Figli con handicap

Per ogni minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di cui all’articolo 32, non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore.

Scuole private ANINSEI: siglato il rinnovo

Sottoscritta l’ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL per il personale direttivo, docente, educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario occupato nelle scuole non statali. L’intesa, che sarà valida per il triennio 2015-2018, sarà sottoposta entro settembre all’approvazione dei lavoratori.

In breve le novità:

– 4 tranches di aumenti: 01.09.2015, 01.09.2016, 01.09.2017 e 01.09.2018;

– Prevista un’indennità una-tantum a copertura del periodo 01.01.2013 – 31.08.2015;

– Istituito a decorrere dal 01.01.2016 il salario di anzianità. A tutto il personale che avrà maturato i seguenti anni di servizio ininterrotto presso la stessa azienda verrà riconosciuto un importo mensile di: 10 € dopo 2 anni di servizio, 20 € dopo 4 anni di servizio, 30 € dopo 6 anni di servizio, 40 € dopo 10 anni di servizio e 55 € dopo 14 anni di servizio;

– Bilateralità: le aziende, a partire dal 01.01.2016, dovranno versare un contributo annuo di 120 € per ogni dipendente in forza, da frazionare in 12 quote mensili di importo pari a 10 €. Le imprese che non aderiranno al sistema bilaterale, dovranno erogare un importo mensile di importo pari a 25 € lordi per 13 mensilità, a titolo di elemento aggiuntivo della retribuzione (E.A.R.).

Il Jobs Act e le nuove collaborazioni

A distanza di oltre 10 anni dall’inserimento nel panorama italiano del contratto di collaborazione a progetto, il legislatore odierno cerca di porre un argine al continuo uso distorto delle c.d. “collaborazioni”, abrogando gli articoli dedicati a tale tipologia contrattuale inseriti all’interno del D.Lgs. n. 276/2003.

La prima cosa da notare è come i legislatori – quello del 2003 e quello del 2015 – si siano mossi sulla scia dello stesso intento: limitare gli abusi. Ovviamente – se no non ci sarebbe stato il caso di due diverse riforme – se il fine resta lo stesso, i mezzi cambiano.

Nel 2003 la riforma Biagi cercava di dare contezza di quali fossero i reali criteri di determinazione di una collaborazione genuina, sulla stessa scia si sono innestati i vari aggiustamenti di tiro operati negli anni successivi. Con il D.Lgs. n. 81/2015, invece, il legislatore opta per eliminare tout court la normativa inserita nel 2003, lasciando, però, in vigore l’art. 409 c.p.c..

La tecnica legislativa utilizzata nel 2003, cercando di colmare la lacuna aperta dal codice di procedura civile, all’articolo sopra richiamato, cercava di dare crismi e criteri di valutazione in ordine alle modalità di espletamento della prestazione lavorativa e alla determinazione del compenso dovuto. Semplificando, potremmo arrivare a dire che il legislatore, consapevole che le collaborazione nascano e si diffondano nel sistema lavoristico italiano, attingendo peculiarità sia dal lavoro subordinato che dal lavoro autonomo, aveva cercato di dare paletti entro i quali muoversi per restare nella genuinità. Da qui nasceva l’esigenza di determinare un progetto (o programma o fase di esso). Ulteriormente, per cercare di delineare meglio le diversità, si era poi previsto che se da un lato “il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi e ripetitivi”, per contro “Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e, in relazione a ciò nonché alla particolare natura della prestazione e del contratto che la regola, non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività, eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati”. È palese come il legislatore abbia “pescato” dalle tipologie contrattuali maggiormente strutturate per colmare le lacune di tale tipologia contrattuale.

Sicuramente questa incertezza normativa, seguita dall’incertezza giurisprudenziale e dai continui aggiustamenti normativi apportati in questi anni, ha mantenuto, nei fatti, aperta la partita, portando a continui abusi nell’utilizzo delle collaborazioni.

Il Governo Renzi, con l’intento di porvi rimedio, abroga la parte ad esse dedicata all’interno del D.Lgs. n. 276/2003 inserendo, all’articolo 2, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015, una nuova previsione relativa alle collaborazioni: “A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”. Per espressa previsione, all’art. 52, comma 2, resta salvo quanto previsto dall’art. 409 cp.c.. Resta applicabile quanto previsto dalla vecchia normativa ai contratti in essere alla data di entrata in vigore del decreto in analisi.

L’unica novità inserita, quindi, dal Jobs Act sulle collaborazioni è la previsione di riqualificazione automatica nel caso in cui le prestazioni rese dai collaboratori evidenzino tratti specifici del lavoro subordinato.

Prima di entrare nel merito della dizione utilizzata dal legislatore in ordine alle “nuove” collaborazioni, cerchiamo di capire la ratio sottesa al nuovo testo in vigore dal 25 giugno 2015.

Come abbiamo detto sopra, il nuovo dettato normativo è un ritorno al passato, a prima della riforma Biagi. La chiave di lettura dei pochi spunti di riflessione delle nuove collaborazioni è la differenza tra obbligazione di mezzi e obbligazione di risultati. Le modalità di esecuzione della prestazione non devono essere organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro: il committente non deve entrare nel merito di come verrà svolta la prestazione, con che tempi ed in che luogo, deve solo avere il risultato atteso e determinato in contratto. Questa “nuova” collaborazione, tralasciando tutte le sfumature previste nella previgente normativa in ordine a progetto, determinazione del compenso, modalità di erogazione della prestazione, prende le distanze in modo netto dal lavoro subordinato, ex art. 2094 c.c., puntando in modo evidente all’art. 2222 c.c.. Il lavoratore autonomo, infatti, “si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”. Per una più efficace determinazione circa i criteri di determinazione di tempi e luoghi di lavoro sicuramente verrà in aiuto giurisprudenza consolidata sulla riqualificazione del rapporto di lavoro.

Lascia, invece, perplessi la dizione utilizzata dal legislatore quando prevede che le collaborazioni che si concretino in prestazioni personali e continuative siano sinonimo di subordinazione. Infatti, se il legislatore ha optato per salvare l’art. 409 c.p.c. il quale prevede espressamente che le collaborazioni siano personali e continuative, non si capisce quale sia l’intento dell’art. 2 del D.Lgs. n. 81/2015. L’errore – grossolano – del legislatore è stato quello di porre l’accento sulla personalità e continuatività della prestazione, quasi volessero sottolineare che tali tipologie di prestazioni siano a basso valore aggiunto e/o ripetitive e, pertanto, denotino l’assenza di autonomia gestionale. Che qualifica una prestazione quale subordinata – o, per converso, autonoma – non è l’oggetto della stessa ma le modalità di esecuzione e svolgimento.

Cosa succede, quindi, dal 25 giugno 2015? Non esistendo più le previsioni della riforma Biagi, non esiste più specifica normativa per collaborazioni a progetto, mini-co.co.co., soggetti che percepiscono pensione di vecchiaia (ad eccezione di quelli in essere). Tutte le collaborazione, in generale, ritornano nell’alveo dell’art. 409 c.p.c. e soggiacciono a quanto previsto dal comma 1, dell’art. 2 del D.Lgs. n. 81/2015. Le uniche eccezioni per le quali non si applicano i crismi del comma 1 sono le seguenti:

  1. le collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative   del   relativo settore;
  2. le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
  3. le attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
  4. le collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

Restano, quindi, in vita le collaborazioni. Per un certo verso, se genuine, con alcune novità di non poco conto: ad esempio il compenso viene, ora, svincolato dai minimi previsti dai CCNL per mansioni equiparabili, non è più prevista una durata determinata o determinabile, non dovrà più essere determinato il progetto alla base della stipula dello stesso. I contratti vengono quindi liberati da lacci e lacciuoli, la qualificazione del rapporto verterà sulle modalità di espletamento dell’attività nel concreto, andrà valutato se esiste eterodirezione o solamente coordinamento utile al raggiungimento degli obiettivi comuni, se il committente punterà a raggiungere un risultato atteso e determinato.

Cogliendo due passaggi della circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 1/2004, riassumiamo quanto espresso sopra:

  • “Le collaborazioni coordinate e continuative [omissis] restano caratterizzate dall’elemento qualificatorio essenziale, rappresentato dall’autonomia del collaboratore (nello svolgimento della attività lavorativa dedotta nel contratto [omissis]), dalla necessaria coordinazione con il committente, e dall’irrilevanza del tempo impiegato per l’esecuzione della prestazione”;
  • “Il collaboratore deve gestire il progetto in funzione del risultato, che assume rilevanza giuridica indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa”.

Congedo parentale: al via il nuovo decreto

E’ in vigore dal 25 giugno 2015 il Decreto legislativo 80/2015 sulle “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”.

Tale decreto introduce alcune novità in relazione al congedo parentale, le più rilevanti sono le seguenti:

  • Aumento del termine per la fruizione del congedo parentale fino al compimento dei 12 anni di vita del figlio o fino ai 12 anni dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato (il precedente termine era fissato ad 8 anni),
  • Il nuovo decreto amplia il termine ultimo entro cui fruire del congedo indennizzato pari al 30% della retribuzione, portandolo da tre anni di vita del bambino a sei anni di vita del bambino (o sei anni dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato),
  • Relativamente ai periodi di congedo parentale fruiti tra gli 8 e i 12 anni di vita del figlio (o tra gli 8 e 12 anni dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato), gli stessi non sono – in  ogni caso – indennizzabili. Per i congedi fruiti tra i 6 e gli 8 anni, gli stessi potranno essere indennizzati a condizione che il reddito dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.

Il Messaggio Inps n. 4576 del 06/07/2015 fornisce indicazioni circa le modalità di presentazione della domanda durante il periodo transitorio, in attesa dell’adeguamento degli applicativi informatici dell’Istituto.

Nello specifico, sarà necessario presentare domanda in formato cartaceo sul modello reperibile sul sito internet dell’Inps attraverso il seguente percorso: www.inps.it -> modulistica -> digitare nel campo “ricerca modulo” il codice: SR23.

Il suddetto modulo cartaceo deve essere utilizzato dai genitori lavoratori dipendenti che fruiscono di periodi di congedo parentale a far data dal 25.06.2015 e fino al 31.12.2015, con riferimento ai figli di età compresa tra 8 e 12 anni (o per minori adottati o affidati che si trovano tra l’ottavo e il dodicesimo anno di ingresso in famiglia).

La domanda cartacea riguarda anche i periodi di congedo parentale fruiti in data antecedente a quella di presentazione della stessa, a partire comunque dal 25.06.2015.

Per la generalità dei genitori lavoratori dipendenti aventi diritto al congedo parentale con figli di età inferiore agli 8 anni, la domanda deve essere presentata in modalità telematica.

Leggi il Decreto Legislativo 80/2015.

Leggi il Messaggio Inps n. 4576/2015.