Cassazione e sgravi contributivi

Per poter accedere alla fruizione degli sgravi contributivi è necessario che l’azienda rispetti precisi requisiti di regolarità. Le recenti pronunce della Cassazione forniscono indicazioni ed interpretazioni in merito ad alcuni di questi.

Presenza di irregolarità contributive oggettive

Quando le irregolarità contributive sono oggettivamente riscontrate non è possibile per l’azienda accedere ai benefici contributivi. I Giudici di Cassazione ricordano che questo non è possibile anche nel caso in cui l’Inps non riesca a comunicare in maniera tempestiva l’oggetto e la consistenza di tali debenze: la mancata comunicazione non genera un’inesigibilità delle stesse e resta, comunque, in essere una posizione irregolare non sanata che non consente il rilascio del Durc.

Ulteriore situazione non rilevante ai fini della regolarità è il pagamento da parte dell’azienda oltre il termine previsto di 15 giorni. L’accettazione di tale fattispecie farebbe venir meno il collegamento tra la premialità del beneficio e la regolarità contributiva aziendale.

Creazione di nuovi posti di lavoro

Quando l’accesso al beneficio è subordinato alla creazione di nuovi posti di lavoro, è fondamentale che questa sia reale e non fittizia. Occorre, pertanto, verificare che il datore di lavoro che assume sia nuovo e diverso rispetto a quello da cui il dipendente proviene. Questo anche al fine di dimostrare che non sussiste il diritto di precedenza all’assunzione del lavoratore in questione.

Onere della prova

In deroga rispetto al principio contributivo ordinario, nel caso dei benefici contributivi si assiste ad un’inversione dell’onere della prova che ricade, così, in capo al fruitore degli stessi. Questo accade anche in caso di accertamento negativo dell’obbligo contributivo.

Agenzia Entate: detassazione premi di risultato

L’Agenzia delle Entrate pubblica la Risoluzione 78/E con la quale fornisce indicazioni in merito alla detassabilità di un premio di risultato la cui corresponsione è legata al raggiungimento di incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, sulla base di quanto definito nella Legge di Stabilità 2016.

Il documento si sofferma soprattutto sulla procedura di misurazione degli indici individuati.

Posto che gli indici sopracitati, il periodo di riferimento ed il metodo di calcolo degli stessi devono essere puntualmente indicati nella contrattazione di secondo livello, l’Agenzia sottolinea che è altresì necessario che il risultato conseguito dall’azienda risulti incrementale rispetto al risultato antecedente l’inizio del periodo di maturazione del premio.

Il requisito dell’incrementalità è fondamento necessario per poter applicare la c.d. detassazione dei premi correlati.

Pertanto, nel caso in cui, al termine del periodo di riferimento – che deve essere congruo per poter effettuare la rilevazione – non si registri l’incremento e il datore di lavoro abbia erogato il premio di risultato applicando il regime agevolativo, questi sarà tenuto, con la prima retribuzione utile, al recupero delle imposte non versate in occasione dell’erogazione dell’emolumento premiale.

Lavoro a chiamata e lavoro straordinario

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – con la pubblicazione dell’Interpello n. 6/2018 – si pronuncia in merito ad un quesito posto dall’Associazione nazionale delle imprese di sorveglianza antincendio.

Nello specifico, l’interrogazione riguardava la possibilità di non erogare le maggiorazioni previste per le ore di lavoro straordinario effettuato dai lavoratori a chiamata.

Il Ministero, in prima battuta, richiama la normativa vigente in tema di lavoro intermittente ricordando come il trattamento economico di questi lavoratori sia regolato dai principi di proporzionalità (retribuzione correlata alla prestazione effettivamente eseguita) e di non discriminazione. Inoltre, la normativa prevede che il lavoratore a chiamata riceva – con riferimento ai periodi lavorati – un trattamento economico e normativo complessivamente non meno favorevole rispetto a quello dei lavoratori di pari livello e che tutti gli istituti tipici del lavoro subordinato (importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa, delle ferie, dei trattamenti per malattia e infortunio, congedo di maternità e parentale) siano applicati in maniera proporzionale.

Il documento prosegue ricordando che la Circolare 4/2005 – emanata dal Ministero stesso con l’intento di fornire le prime indicazioni operative sul lavoro intermittente – sosteneva sì che le norme lasciassero all’autonomia contrattuale delle parti la determinazione dell’orario e della collocazione temporale della prestazione lavorativa, ma che non si potesse comunque prescindere dal concetto che il lavoro a chiamata è un rapporto di lavoro dipendente a tutti gli effetti e che – seppur nell’alveo della libera contrattazione tra le parti – sia necessario attenersi alla normativa vigente in materia e a quanto stabilito dal Contratto collettivo applicato in azienda, anche con riferimento all’orario di lavoro.

In conseguenza di ciò – afferma il Ministero – anche per i lavoratori a chiamata è necessario applicare sia le disposizioni di legge che regolano il lavoro straordinario che le previsioni del Ccnl.

Leggi l’interpello Mlps 6/2018

Inps: segnalazione tentativo di phishing

L’Istituto segnala che si sono verificati tentativi fraudolenti finalizzati al furto delle credenziali degli utenti Inps.

La truffa è messa in atto tramite l’invio di una e-mail contenente un link che consente di verificare i propri dati di accesso al Casellario dei lavoratori attivi. Tale link non conduce effettivamente alla pagina istituzionale Inps.

L’Istituto invita tutti coloro che hanno ricevuto questo tipo di e-mail e abbiano seguito la procedura contenuta, di MODIFICARE IL PROPRIO PIN DI ACCESSO AL SITO ISTITUZIONALE INPS.

Reperibilità durante la malattia: i chiarimenti Inps

L’Inps si è espresso sul tema dell’esonero dalle visite di controllo durante l’evento di malattia.

La precisazione si è resa necessaria in seguito alla pratica che ha recentemente preso campo e che prevede la richiesta del dipendente al proprio medico di apporre sul certificato medico il codice “E” con il fine di ottenere l’esonero dal sopra citato controllo.

Innanzitutto è opportuno precisare che il codice “E” viene utilizzato dai medici Inps durante la disamina dei certificati pervenuti con il fine di prendere decisioni in merito alle malattie gravissime; decisioni che vengono comunque prese sulla base di disposizioni diramate dall’Istituto a livello centrale.

L’Istituto ricorda che tale codice non prevede un esonero dal controllo, bensì un esonero dalla reperibilità nelle fasce stabilite.

Inoltre, tale codice può essere apposto sul certificato dal medico curante solo al momento della redazione del certificato (non successivamente) ed esclusivamente quando ricorrono le seguenti condizioni:

Per i dipendenti subordinati del settore privato

  • Patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
  • Stati patologici connessi alla situazione di invalidità riconosciuta pari o superiore al 67%;

Per i dipendenti pubblici

  • Patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
  • Causa di servizio riconosciuta che abbia dato luogo all’ascrivibilità della menomazione unica o plurima alle prime tre categorie della “tabella A” allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, ovvero a patologie rientranti nella “tabella E” dello stesso decreto;
  • Stati patologici connessi alla situazione di invalidità riconosciuta pari o superiore al 67%.

Per opportuna conoscenza, si rimanda alla Circolare Inps 95/2016

Inps: detrazioni e applicazione maggiore aliquota

Con la pubblicazione del messaggio 3806/2018 l’Inps ricorda è a cura dei beneficiari di prestazioni pensionistiche e previdenziali erogate dall’Istituto la comunicazione per l’eventuale applicazione su tali redditi di una maggiore aliquota degli scaglioni di reddito annui, nonché la richiesta di non applicazione delle detrazioni di imposta.

La comunicazione deve essere fatta ogni anno, compilando l’apposita dichiarazione on line dal sito www.inps.it tramite il servizio dedicato “Detrazioni fiscali – domanda e gestione”. Dal 15 ottobre 2018 è possibile inoltrare le richieste anche per l’anno d’imposta 2019.

L’Inps mette in guardia dalle truffe via mail

L’Inps rende noto che si sono verificati tentativi di truffa a danno degli utenti, con il fine di ottenere i dati personali nonché le credenziali bancarie dei soggetti contattati.

Nello specifico, gli utenti venivano contattati tramite:

  • Mail contenenti indicazioni per ottenere rimborsi contributivi;
  • Telefonate da parte di falsi funzionari che comunicavano la restituzione di somme non dovute.

L’Istituto ricorda che non acquisisce, né telefonicamente né via email ordinaria, le coordinate bancarie o altri dati che permettano di risalire a qualsivoglia informazione finanziaria relativa agli assistiti.

L’unico modo per accedere ai servizi è collegarsi al seguente indirizzo: https://www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx e ogni modalità difforme è da ritenersi non corretta.

Condotta illecita: se il dipendente è consapevole, può essere licenziato

Il dipendente che mette in atto consapevolmente una condotta illecita – ancorché comandatagli da un superiore – può essere licenziato per giusta causa.

E’ il contenuto della Sentenza 23600/2018 emanata dalla Corte di Cassazione: nel caso di specie il dipendente aveva contabilizzato l’esecuzione di alcuni lavoro che, tuttavia, non erano mai avvenuti. In seguito al licenziamento, il dipendente si è giustificato sostenendo di aver proceduto in tal modo a seguito di un ordine impartitogli da un diretto superiore durante una riunione con altri colleghi.

I Giudici di Cassazione, affermando che nel rapporto di lavoro non può sussistere il c.d. rapporto di supremazia, ossia la presenza di un potere superiore conferito dalla legge in capo ad un soggetto nei confronti di un altro, evidenziano come il lavoratore fosse in grado di valutare – in maniera autonoma – che il comportamento configurava una condotta illegittima ma si è limitato ad eseguire il compito, senza neppure opporre il suo dissenso.

Il licenziamento per giusta causa del lavoratore risulta legittimo, perché – in conseguenza dell’accaduto – vengono meno il vincolo fiduciario e i doveri di fedeltà e diligenza posti alla base del rapporto di lavoro.

Utilizzo di investigatori privati per verificare l’attività dei dipendenti? La Cassazione dice no

Un’azienda non può utilizzare l’attività delle agenzie investigative private per controllare che i propri dipendenti adempiano effettivamente alla mansioni oggetto del contratto di lavoro.

Tale divieto vige anche in relazione alle attività svolte dai dipendenti al di fuori dei locali aziendali.

E’ quanto afferma la Cassazione nella sentenza 15094/2018.

Nel caso in esame, un’azienda ha licenziato un proprio dipendente – cui erano state affidate mansioni di ispezioni, verifica e controllo presso cantieri – poiché, da un indagine svolta da un’agenzia di investigazioni privata, era emerso che il lavoratore non aveva effettivamente eseguito i propri compiti, ma aveva comunque rilasciato certificati che attestavano l’esecuzione dei sopra citati controlli.

La condotta posta in atto – altamente lesiva dei doveri di diligenza e fedeltà in capo al lavoratore – giustificherebbe, di per sé, il licenziamento per giusta causa. Tuttavia, secondo i giudici di Cassazione, il licenziamento non è legittimo.

Lo Statuto dei Lavoratori consente la possibilità di avvalersi dei servizi esterni (e quindi anche delle agenzie di investigazione private) esclusivamente per fatti che riguardano la tutela del patrimonio aziendale. Pertanto, rimane preclusa per il datore di lavoro la possibilità di utilizzare tali servizi per il controllo dell’effettivo adempimento della prestazione lavorativa. Di tale tipo di controllo, pertanto, è titolare esclusivo il datore di lavoro, anche per il tramite dei suoi collaboratori.

La sola ipotesi in cui il datore di lavoro può avvalersi delle agenzie private di investigazione per compiere indagini attinenti le effettive attività svolte dai propri dipendenti – anche al di fuori dei locali aziendali – è quando su di esse esista un giustificato sospetto che riguardino comportamenti illeciti dei lavoratori.