Lavoratori somministrati: comunicazione annuale

Le aziende che hanno utilizzato – nel corso del 2019 – lavoratori somministrati, sono tenute ad effettuare una comunicazione annuale obbligatoria alle rappresentanze sindacali aziendali (RSA) ovvero alla rappresentanza sindacale unitaria (RSU) o, in mancanza, agli organismi territoriali di categoria delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, con i dati relativi ai contratti di somministrazione stipulati nel 2019.

La scadenza per l’invio della suddetta comunicazione è il 31 gennaio 2020.

I dati che la suddetta comunicazione deve contenere sono:

  • il numero e i motivi dei contratti di somministrazione conclusi,
  • la durata dei suddetti contratti,
  • il numero e la qualifica dei lavoratori interessati.

La comunicazione può essere inviata tramite posta raccomandata A/R oppure tramite posta elettronica certificata.

Si ricorda che, in caso di mancato assolvimento, la sanzione amministrativa pecuniaria prevista ha un importo variabile tra € 250,00 e € 1.250,00.

Per completezza di trattazione si rinvia alla Circolare dello Studio n. 28/2012 sottolineando che il riferimento normativo aggiornato è l’art. 36, comma 3, del D.Lgs. 81/2015.

Per completezza, si allega un fac-simile di comunicazione:

Comunicazione annuale somministrati – Fac simile

Il congedo di paternità 2020

La Legge di Bilancio per il 2020 prevede la proroga del congedo obbligatorio per i padri lavoratori dipendenti in caso di nascite o affidi/adozioni.
I giorni di congedo obbligatorio sono 7 (anziché i 5 previsti per il 2019), non obbligatoriamente consecutivi e devono essere utilizzati entro il compimento del 5° mese di vita del figlio (o entro il 5° mese dall’affidamento/adozione). Il congedo non può essere fruito ad ore. L’innalzamento del congedo a 7 giorni riguarda gli eventi di nascita (affido o adozioni) avvenuti nel 2020.

L’astensione obbligatoria è aggiuntiva rispetto a quella della madre.

Per i giorni di congedo obbligatorio, il padre lavoratore ha diritto ad un’indennità giornaliera, a carico dell’INPS, pari al 100% della retribuzione.
Per poter utilizzare i giorni di congedo obbligatorio, il padre lavoratore dipendente deve inviare – con anticipo di almeno 15 giorni – una comunicazione scritta al proprio datore di lavoro, che contenga indicazione delle date di fruizione.

Se il congedo viene richiesto in concomitanza dell’evento nascita, il preavviso dei quindici giorni va calcolato sulla data presunta del parto.

Il datore di lavoro, una volta ricevuta la richiesta scritta, comunica all’INPS le giornate di congedo fruite attraverso il flusso Uni-emens.

Con riferimento al congedo facoltativo per il padre lavoratore, la normativa prevede la possibilità di godere di un ulteriore giorno di astensione in aggiunta a quelli di congedo obbligatorio.

Il congedo facoltativo non è cumulabile con quello della madre, pertanto, in caso di utilizzo è necessario che la madre rinunci espressamente ad un giorno del proprio congedo.

Anche in questo caso deve essere presentata apposita richiesta al datore di lavoro, con un anticipo di almeno 15 giorni, cui deve essere allegata la dichiarazione sopra citata di rinuncia al godimento di un giorno di congedo da parte della madre; tale dichiarazione deve essere presentata anche al datore di lavoro della madre.

Sul sito dello Studio Nicco – Area Aziende – sono stati pubblicati i seguenti moduli:

Pagamento retribuzioni del mese di dicembre 2019

Le retribuzioni erogate al personale dipendente sono computate come costi – e per il lavoratore stesso come reddito – se erogate nel periodo d’imposta (01.01 – 31.12). Esiste, però, un’eccezione, il c.d. criterio di cassa allargato. Infatti, per poter essere contabilizzare le retribuzioni relative al mese di dicembre 2019 tra i costi aziendali sostenuti nell’anno e includerle nel reddito percepito nello stesso periodo d’imposta dal lavoratore, le stesse devono essere pagate al lavoratore al massimo entro il 12 gennaio dell’anno successivo.

Opzione congedo di maternità interamente post-partum: le istruzioni Inps

Il congedo per maternità può essere utilizzato:

1. nella forma tradizionale che prevede due mesi di astensione prima del parto e tre mesi di astensione dopo il parto;

2. utilizzando la flessibilità che consente di astenersi dal lavoro un mese prima del parto e quattro mesi dopo il parto;

3. scegliendo l’opzione – in vigore dal primo gennaio 2019 – che consente di godere dell’intera astensione dopo il parto.

E’ su quest’ultima possibilità che si concentra la Circolare Inps n. 148/2019, fornendo importanti chiarimenti operativi.

Documentazione necessaria

Per poter utilizzare la nuova opzione è necessario essere in possesso di una specifica ed esplicita attestazione che certifichi che il proseguimento dell’attività lavorativa fino al parto non arreca pregiudizio né alla gestante né al nascituro. La certificazione deve essere rilasciata:

– dal medico specialistico Ssn o con esso convenzionato;

– dal medico del lavoro competente se nominato.

Tale documentazione deve essere acquisita dalla lavoratrice nel corso del settimo mese di gravidanza, anche se viene presentata all’Istituto successivamente.

Se il parto dovesse avvenire prima dell’inizio dell’ottavo mese di gravidanza, l’opzione di godere dell’intero congedo prima del parto viene considerata come “non effettuata”, ma i giorni di congedo non goduti prima del parto si aggiungono integralmente al congedo di maternità post-partum, anche se la somma totale dovesse superare i cinque mesi.

Se la lavoratrice ha già scelto la flessibilità di fruire del congedo un mese prime del parto e quattro mesi dopo, può – nel corso dell’ottavo mese – scegliere di prolungare l’attività lavorativa fino alla data del parto e utilizzare l’intero congedo dopo il parto. La lavoratrice deve comunque produrre la documentazione sanitaria precedentemente citata, ma – in questo specifico caso – i documenti posso essere rilasciati al più tardi nel corso dell’ottavo mese.

Astensione anticipata

L’opzione di godere dell’intero congedo di maternità dopo il parto può essere compatibile con l’astensione anticipata nel caso in cui, prima del parto, cessino le complicanze della gravidanza o le precedenti forme morbose che potevano aggravare lo stato di gravidanza.

Mentre non è compatibile con l’astensione anticipata quando questa è determinata dalle condizioni di lavoro o ambientali pregiudizievoli – e la lavoratrice non può essere adibita ad altre mansioni – perché non si verifica ripresa del lavoro prima del parto.

Malattia

L’evento morboso insorto prima del parto interrompe automaticamente l’opzione e da’ inizio alla decorrenza del periodo di congedo per maternità. I giorni di astensione obbligatoria non goduti prima del parto, si aggiungono al congedo post-partum.

Rinuncia

L’opzione della lavoratrice di utilizzare l’intero congedo dopo il parto è una facoltà alternativa al metodo tradizionale che prevedere due mesi di astensione prime del parto e tre mesi dopo. Pertanto, è possibile rinunciare all’opzione prima dell’inizio del congedo di maternità ante-partum, ossia prima dell’inizio dell’ottavo mese di gravidanza.

In questo caso, eventuali periodi lavorati ante-partum prima della rinuncia sono computati come periodo di maternità ma non vengono indennizzati perché effettivamente lavorati. I giorni lavorati nel periodo prima del parto vengono aggiunti al congedo post-partum, dato che si tratta di un evento sopravvenuto e non dipendente dalla volontà della gestante.

Presentazione della domanda

La domanda deve essere presentata dalla lavoratrice esclusivamente per via telematica, scegliendo la specifica opzione.

La documentazione sanitari deve essere presentata in originale:

– Allo sportello territorialmente competente,

– A mezzo raccomandata in un plico chiuso riportante la dicitura “contiene dati sensibili”.

Leggi la Circolare Inps n. 148/2019

Redditi di lavoro autonomo e redditi di pensione

Il messaggio Inps 4430/2019 individua i soggetti tenuti a comunicare all’Istituto i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo nell’anno 2018, a causa del divieto di cumulo con la pensione.

Il documento riassume – in due elenchi distinti – quali soggetti sono tenuti alla comunicazione e quali, invece, ne siano esclusi.

Inoltre, poiché le trattenute delle quote di pensione non cumulabili con i redditi da lavoro autonomo sono effettuate in via provvisoria dagli Enti previdenziali sulla base della dichiarazione dei redditi che i pensionati prevedono di conseguire nel corso dell’anno, gli interessati sono tenuti a rilasciare all’Ente previdenziale competente apposita dichiarazione. Tali trattenute vengono conguagliate sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti, rilasciata dagli interessati entro lo stesso termine previsto per la dichiarazione dei redditi ai fini dell’IRPEF.

Leggi il Messaggio Inps 4430/2019

Permessi per allattamento e buoni pasto: la pronuncia della Cassazione

La Corte di Cassazione è chiamata ad esprimersi sulla compatibilità dei buoni pasto con la fruizione dei permessi per allattamento.

Nella Sentenza n. 31137/2019 si afferma che, nelle giornate in cui la lavoratrice utilizza i permessi per allattamento, possono essere attribuiti i buoni pasto a condizione che la prestazione lavorativa abbia una durata superiore alle 6 ore. Le ore di permesso non devono rientrare nel computo delle 6 ore ai fini del godimento del buono pasto, avendo quest’ultimo natura assistenziale e non retributiva.

Dimissioni: valide anche quelle per fatti concludenti

Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Sentenza 25583/2019) porta l’attenzione su un tema delicato: le dimissioni del lavoratore.

Attualmente, il datore di lavoro può considerare valide esclusivamente le dimissioni volontarie rese dal lavoratore tramite apposita procedura telematica, come previsto dall’articolo 26 del D.Lgs. 151/2015.

Il problema si pone quando il lavoratore abbandona il posto di lavoro e non formalizza le dimissioni telematicamente; in teoria la sola possibilità in mano al datore di lavoro è quella di procedere con il licenziamento. Questa procedura ha come conseguenza che il datore di lavoro deve pagare il ticket NASpI e il lavoratore ha, così, diritto a percepire la relativa indennità, ove ne ricorrano i presupposti.

La sentenza dei Giudici afferma che la volontarietà del lavoratore può altresì essere dedotta sia da dichiarazioni che da comportamenti che palesino tale volontà interruttiva del rapporto di lavoro. Il concetto è suffragato dalla libertà di libero recesso così come prevista dall’articolo 2118 del Codice Civile, nel caso in cui sia palese che non vi è stato abuso dell’istituto delle dimissioni.

Se così fosse, potendo ritenere valide le dimissioni c.d. per fatti concludenti, il datore di lavoro non sarebbe tenuto al pagamento del ticket di licenziamento e potrebbe, inoltre, addebitare al lavoratore il mancato preavviso di recesso.

Cassazione: la ripetizione del patto di prova

Con la sentenza n. 22809/2019 la Corte di cassazione si esprime sulla possibilità di ripetere il patto di prova nel caso in cui il dipendente abbia già avuto un rapporto di lavoro con il medesimo datore di lavoro.

Secondo i Giudici la prova è ripetibile nel caso in cui sia dimostrata l’esigenza del datore di lavoro di effettuare una nuova verifica circa il comportamento del lavoratore e che la nuova verifica si renda necessaria perché – nel lasso di tempo tra il rapporto precedente e l’attuale – diversi fattori, quali ad esempio le abitudini di vita, i problemi di salute e le modifiche organizzative e tecnologiche, hanno subito rilevanti modifiche.

NASpI e indennità di malattia

L’Inps interviene – pubblicando il messaggio n. 4211/2019 – per fornire chiarimenti sulla presentazione della domanda di NASpI nel caso in cui un evento di malattia sia sorto prima della cessazione del rapporto di lavoro.

Possono verificarsi due fattispecie:

1. L’indennizzo per l’evento di malattia prosegue anche successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro – In questo caso il termine per la presentazione della domanda di NASpI rimane sospeso per tutto il periodo in cui l’evento di malattia viene indennizzato. La medesima situazione si verifica anche per gli eventi di malattia/Infortunio indennizzabili che sorgono dopo la cessazione del rapporto di lavoro;

2. L’indennizzo della malattia termina con la cessazione del rapporto di lavoro – In questo specifico caso i termini per la presentazione della domanda di NASpI decorrono regolarmente.

Leggi il Messaggio Inps n. 4211/2019