Redditi di lavoro autonomo e redditi di pensione

Il messaggio Inps 4430/2019 individua i soggetti tenuti a comunicare all’Istituto i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo nell’anno 2018, a causa del divieto di cumulo con la pensione.

Il documento riassume – in due elenchi distinti – quali soggetti sono tenuti alla comunicazione e quali, invece, ne siano esclusi.

Inoltre, poiché le trattenute delle quote di pensione non cumulabili con i redditi da lavoro autonomo sono effettuate in via provvisoria dagli Enti previdenziali sulla base della dichiarazione dei redditi che i pensionati prevedono di conseguire nel corso dell’anno, gli interessati sono tenuti a rilasciare all’Ente previdenziale competente apposita dichiarazione. Tali trattenute vengono conguagliate sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti, rilasciata dagli interessati entro lo stesso termine previsto per la dichiarazione dei redditi ai fini dell’IRPEF.

Leggi il Messaggio Inps 4430/2019

Permessi per allattamento e buoni pasto: la pronuncia della Cassazione

La Corte di Cassazione è chiamata ad esprimersi sulla compatibilità dei buoni pasto con la fruizione dei permessi per allattamento.

Nella Sentenza n. 31137/2019 si afferma che, nelle giornate in cui la lavoratrice utilizza i permessi per allattamento, possono essere attribuiti i buoni pasto a condizione che la prestazione lavorativa abbia una durata superiore alle 6 ore. Le ore di permesso non devono rientrare nel computo delle 6 ore ai fini del godimento del buono pasto, avendo quest’ultimo natura assistenziale e non retributiva.

Dimissioni: valide anche quelle per fatti concludenti

Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Sentenza 25583/2019) porta l’attenzione su un tema delicato: le dimissioni del lavoratore.

Attualmente, il datore di lavoro può considerare valide esclusivamente le dimissioni volontarie rese dal lavoratore tramite apposita procedura telematica, come previsto dall’articolo 26 del D.Lgs. 151/2015.

Il problema si pone quando il lavoratore abbandona il posto di lavoro e non formalizza le dimissioni telematicamente; in teoria la sola possibilità in mano al datore di lavoro è quella di procedere con il licenziamento. Questa procedura ha come conseguenza che il datore di lavoro deve pagare il ticket NASpI e il lavoratore ha, così, diritto a percepire la relativa indennità, ove ne ricorrano i presupposti.

La sentenza dei Giudici afferma che la volontarietà del lavoratore può altresì essere dedotta sia da dichiarazioni che da comportamenti che palesino tale volontà interruttiva del rapporto di lavoro. Il concetto è suffragato dalla libertà di libero recesso così come prevista dall’articolo 2118 del Codice Civile, nel caso in cui sia palese che non vi è stato abuso dell’istituto delle dimissioni.

Se così fosse, potendo ritenere valide le dimissioni c.d. per fatti concludenti, il datore di lavoro non sarebbe tenuto al pagamento del ticket di licenziamento e potrebbe, inoltre, addebitare al lavoratore il mancato preavviso di recesso.

Cassazione: la ripetizione del patto di prova

Con la sentenza n. 22809/2019 la Corte di cassazione si esprime sulla possibilità di ripetere il patto di prova nel caso in cui il dipendente abbia già avuto un rapporto di lavoro con il medesimo datore di lavoro.

Secondo i Giudici la prova è ripetibile nel caso in cui sia dimostrata l’esigenza del datore di lavoro di effettuare una nuova verifica circa il comportamento del lavoratore e che la nuova verifica si renda necessaria perché – nel lasso di tempo tra il rapporto precedente e l’attuale – diversi fattori, quali ad esempio le abitudini di vita, i problemi di salute e le modifiche organizzative e tecnologiche, hanno subito rilevanti modifiche.

NASpI e indennità di malattia

L’Inps interviene – pubblicando il messaggio n. 4211/2019 – per fornire chiarimenti sulla presentazione della domanda di NASpI nel caso in cui un evento di malattia sia sorto prima della cessazione del rapporto di lavoro.

Possono verificarsi due fattispecie:

1. L’indennizzo per l’evento di malattia prosegue anche successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro – In questo caso il termine per la presentazione della domanda di NASpI rimane sospeso per tutto il periodo in cui l’evento di malattia viene indennizzato. La medesima situazione si verifica anche per gli eventi di malattia/Infortunio indennizzabili che sorgono dopo la cessazione del rapporto di lavoro;

2. L’indennizzo della malattia termina con la cessazione del rapporto di lavoro – In questo specifico caso i termini per la presentazione della domanda di NASpI decorrono regolarmente.

Leggi il Messaggio Inps n. 4211/2019

Lavoro a chiamata: lecito anche se il Ccnl lo vieta

Il contratto di lavoro a chiamata può essere stipulato anche quando il contratto collettivo applicato prevede un divieto all’utilizzo.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza 29423/2019, in cui viene ritenuto legittimo un contratto di lavoro intermittente stipulato nonostante il divieto previsto dall’Accordo collettivo nazionale.

La motivazione poggia sul concetto che nella Legge non è prevista una delega alla contrattazione collettiva che porti all’esclusione dell’applicabilità di questo istituto. L’unica delega specifica è relativa alla possibilità in capo alla contrattazione collettiva a determinare specifici casi di utilizzo.

Per completezza di trattazione vi rimandiamo al Parere della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro n. 7/2014, a firma Saverio Nicco, che, già cinque anni fa, giungeva alla medesima interpretazione fornita oggi dai Giudici di Cassazione.

Permessi per il padre lavoratore nel caso di madre lavoratrice autonoma

Con la Circolare 140/2019 l’Inps fornisce importanti chiarimenti in materia di riposi giornalieri per il padre lavoratore quando la madre risulta essere lavoratrice autonoma.

La nuova Circolare evidenzia che il padre lavoratore dipendente possa fruire dei riposi previsti dall’articolo 40 del D.Lgs. 151/02 dalla nascita o dall’ingresso in famiglia/Italia in caso di adozioni o affidamenti nazionali o internazionali del minore, a prescindere dal fatto che la madre sia lavoratrice autonoma e fruisca dell’indennità di maternità.

Pertanto, risulta non più valida la precedente interpretazione dell’Istituto (Circolare 8/2003) secondo cui se la madre è lavoratrice autonoma (artigiana, commerciante, coltivatrice diretta o colona, imprenditrice agricola, parasubordinata, libera professionista), il padre può fruire dei riposi dal giorno successivo a quello finale del periodo di trattamento economico spettante alla madre dopo il parto e sempre che la madre (qualora si tratti di commerciante, artigiana, coltivatrice diretta o colona, imprenditrice agricola) non abbia chiesto di fruire ininterrottamente, dopo il suddetto periodo, del congedo parentale, durante il quale, come sopra detto, è precluso al padre il godimento dei riposi giornalieri.

Continuano, invece, a ritenersi validi i seguenti casi di incompatibilità:

  • Il padre lavoratore dipendente non può fruire dei riposi giornalieri nel periodo in cui la madre lavoratrice autonoma si trovi in congedo parentale;
  • Il padre lavoratore dipendente non ha diritto alle ore che l’articolo 41 del D.Lgs n. 151/2001 riconosce al padre, in caso di parto plurimo, come “aggiuntive” rispetto alle ore previste dall’articolo 39 del medesimo decreto legislativo (vale a dire quelle fruibili dalla madre), per l’evidente impossibilità di “aggiungere” ore quando la madre non ha diritto ai riposi giornalieri.

Ricordiamo le nuove indicazioni riguardano le domande ancora in via di definizione e ad eventuali periodi pregressi, non ancora prescritti, dietro specifica richiesta dell’interessato.

Leggi la Circolare Inps 140/2019

Per la Cassazione no alle agevolazioni per assunzioni di lavoratori già dipendenti di un’impresa fallita

La Corte di Cassazione – con l’ordinanza n. 23781/2019 – esclude la possibilità di fruire delle agevolazioni per l’assunzione di lavoratori licenziati al termine di una procedura di riduzione di personale, nel caso in cui l’impresa fallita sia stata trasferita con un contratto di affitto ad altro soggetto.

La motivazione di tale decisione, secondo i Giudici, risiede nel fatto che il fallimento della società non determina, di per sé, il venir meno del bene giuridico azienda inteso come complesso di elementi materiali e giuridici organizzati al fine dell’esercizio dell’impresa. Pertanto, non sono ravvisabili le condizioni per godere di agevolazioni collegate all’assunzione dei dipendenti di tali aziende.

Presentazione tramite il canale Entratel anche per gli F24 con crediti in compensazione

Tra le novità introdotte dal Decreto collegato alla Finanziaria 2020 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili) è previsto anche l’obbligo di presentare attraverso il canale Entratel gli F24 in cui vengono utilizzati in compensazione crediti maturati in qualità di sostituto di imposta.

Per quanto riguarda la tipologia di crediti interessati, la norma è piuttosto sintetica. Il Dossier tecnico che accompagna la norma parla di crediti maturati come sostituto di imposta per il recupero delle eccedenze di versamento delle ritenute e dei rimborsi/bonus erogati ai dipendenti, portando come esempi:

  • I rimborsi da modello 730;
  • Il bonus 80 euro.

Per analogia si potrebbe desumere che ne siano investiti anche i crediti infrannuali da conguaglio irpef.

Una seconda questione interpretativa si pone, poi, sulla decorrenza di tale obbligo.

La norma in esame riporta che le nuove disposizioni si applicano con riferimento ai crediti maturati a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2019. Ne consegue che, non essendo previsto uno specifico termine di vigenza differito, sarebbe da considerarsi già in vigore dal 27 ottobre scorso.

Bisogna ricordare, però, che ciò sarebbe in contrasto con quanto previsto dallo Statuto del Contribuente, il quale impedisce l’efficacia immediata delle norme a carattere tributario, stabilendo che le stesse possano decorrere non prima che siano passati 60 giorni dall’adozione del provvedimento che li introduce (27 dicembre 2019 per il caso in questione).

Nonostante sia auspicabile la necessità di ulteriori chiarimenti in materia, vogliamo portare all’attenzione dei signori clienti che attualmente procedono alla spedizione delle deleghe F24 tramite home banking al fine di attivarsi tramite uno dei seguenti metodi:

A) Utilizzo del servizio di spedizione delle deleghe F24 tramite il canale Entratel messo a disposizione dallo Studio Nicco. Le deleghe spedite dallo Studio sono addebitate il giorno 16 del mese (o, se festivo, il primo giorno lavorativo successivo) e la spedizione del flusso viene effettuata il giorno lavorativo antecedente alla scadenza di pagamento;

B) Creazione di un’utenza aziendale sui canali telematici per la spedizione delle deleghe di pagamento F24 messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, per procedere in autonomia alla presentazione delle stesse.

A titolo prudenziale invitiamo le aziende clienti ad adeguarsi alle nuove procedure già per le deleghe in scadenza nel mese di dicembre 2019 e a comunicare allo Studio il metodo scelto.

Agenzia Entrate – Chiarimenti sulla detassazione dei premi di risultato

Con la risposta ad Interpello n. 456/2019, L’Agenzia delle Entrate fornisce un chiarimento in tema di detassabilità dei premi di risultati che vengono erogati in esecuzione di contratti aziendali.

Nello specifico, le aziende che, in seguito all’entrata in vigore della L. n. 208/2015, si trovavano nella condizione di avere in essere accordi non adeguati alle nuove disposizioni normative e hanno proceduto al loro adeguamento, possono applicare la detassazione del premio di risultato esclusivamente con riferimento ai premi maturati dopo la stipula degli accordi integrativi.

Il caso in esame riguarda una società che dopo l’entrata in vigore della Legge 208/2015 ha stipulato un accordo aziendale che prevedeva l’erogazione di Pdr variabili nel triennio 2016-2018. Lo stesso accordo stabiliva, inoltre, che i Pdr venissero erogati solo agli operai, con un anticipo del 30% all’inizio dell’anno di riferimento e con il saldo (70%) nei primi mesi dell’anno successivo.

Tale accordo, pur essendo stato stipulato dopo il 01.01.2016, non si adeguava precisamente alle nuove disposizioni, pertanto, l’impresa ha proceduto (nel mese di luglio del 2018) alla stipula di un nuovo accordo con cui venivano introdotti degli indicatori utili ai fini della verifica del soddisfacimento del requisito di incrementalità.

L’AE si incentra sul concetto che l’erogazione delle somme detassabili avvenga in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e di quelli stipulati con le Rsa ovvero le Rsu sempre che gli stessi prevedano criteri di misurazione e verifica degli incrementi, rispetto a un periodo congruo definito dall’accordo. Ne discende che la funzione incentivante si possa considerare assolta se la maturazione e l’erogazione del premio si realizzano successivamente alla stipula del contratto.

L’Agenzia ha ritenuto ammissibile la detassazione per il 2018 solo sul 50% dei Pdr vista la parziale vigenza dell’accordo modificativo.