L’Inl non è competente per l’accertamento di violazioni del committente negli appalti labour intensive

Nella Nota 1037/2020 l’INL afferma che non rientrano tre le sue competenze:

  • L’accertamento della violazione dei nuovi obblighi a carico del committente di appalti labour intensive,
  • L’irrogazione delle relative sanzioni.

Secondo quanto stabilito dall’Agenzia delle Entrate le norme in materia soddisfano la necessità di contrastare il “fenomeno consistente nell’omesso o insufficiente versamento, anche mediante l’indebita compensazione, delle ritenute fiscali sui percettori di redditi di lavoro dipendente e assimilati” attraverso la creazione di sistemi di controllo posti a carico del committente di appalti  labour intensive.

In aggiunta, la violazione degli obblighi previsti in capo al committente è sanzionata con una somma pecuniaria pari a quella irrogata all’impresa affidataria per la non corretta determinazione ed esecuzione delle ritenute, nonché per il tardivo versamento delle stesse, senza possibilità di compensazione.

La sanzione non è dovuta quando – nonostante il committente non abbia correttamente adempiuto ai propri obblighi  – l’impresa appaltatrice o affidataria o subappaltatrice abbia correttamente assolto gli obblighi cui si fa riferimento, ovvero si sia avvalsa dell’istituto del ravvedimento operoso per sanare le violazioni commesse prima della contestazione da parte degli organi preposti al controllo.

Ne consegue che l’illecito a carico del committente si configuri esclusivamente quando l’ulteriore verifica da parte dei soggetti preposti alla vigilanza fiscale risulti negativa. Pertanto, gli obblighi di controllo del committente sono volti esclusivamente a rendere effettivi gli adempimenti di natura fiscale a carico delle imprese affidatarie e la loro violazione non può essere ricompresa  tra quelle di competenza dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

Leggi la Nota 1037/2020 dell’Inl

AE: premio di risultato e valutazione del raggiungimento degli obiettivi

L’Agenzia delle Entrate pubblica la Risposta ad interpello n. 550/2020, con la quale afferma che, quando è stato sottoscritto un accordo collettivo contenente la previsione di premi di risultato, il compito di valutazione –  la relativa responsabilità – circa la sussistenza dei presupposti necessari per l’applicazione della detassazione, nel caso in cui il raggiungimento degli obiettivi prefissati risulti incerto, gravano sul sostituto d’imposta.

Nel caso di specie, l’azienda non ha applicato l’imposta sostitutiva poiché – alla data di sottoscrizione del contratto –  era già a conoscenza del raggiungimento dell’obbiettivo incrementale relativo al secondo semestre dell’anno. Il contribuente istante sostiene, invece, che gli unici dati a conoscenza della società – in tale data – erano quelli relativi al primo semestre 2019.

L’AE, in prima battuta richiama la fonte normativa secondo cui è possibile applicare la tassazione agevolata (imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali del 10%) ai premi di risultato di ammontare variabile, la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base di specifici criteri definiti da uno specifico Decreto.

Tale Decreto prevede, oltre alla presenza, nei contratti collettivi, di criteri di misurazione e verifica degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, un elenco esemplificativo dei metodi di misurazione degli indici incrementali cui i premi devono essere rapportati.

L’analisi prosegue, ricordando che, al termine del periodo contrattualmente previsto – c.d. periodo congruo – è necessario operare una valutazione sull’effettivo concretizzarsi dell’incremento di uno degli obiettivi prefissati e che costituirà la giustificazione dell’applicazione del regime agevolato.

Ne consegue che non basta che l’obiettivo indicato nella contrattazione di secondo livello sia effettivamente raggiunto, ma è necessario che lo stesso sia incrementale rispetto al risultato consolidato all’inizio del periodo di riferimento. Questa è una caratteristica imprescindibile per l’applicazione dell’agevolazione ed è specificatamente previsto dalla normativa.

Appare logico dedurre che – anche in virtù della funzione incentivante delle norme – l’incrementalità degli obiettivi debba essere verificata successivamente alla data di stipula del contratto, anche se non necessariamente con riferimento ad uno specifico momento temporale.

Secondo l’AE, nonostante le azienda dispongano di strumenti di analisi e di indicatori giudicabili attendibili ed affidabili nella valutazione dell’andamento degli indici, è comunque vero che ricade sul sostituto di imposta la responsabilità circa la valutazione del raggiungimento dell’incrementalità e della relativa applicazione dell’imposta sostitutiva. Pertanto, non è condivisibile la soluzione avanzata dal contribuente istante, a favore dell’operato della società.

Legge Finanziaria per il 2021: le agevolazioni alle assunzioni

La Legge Finanziaria per il 2021 interviene sulle agevolazioni alle assunzioni, di seguito una breve panoramica.

Sgravio contributivo per l’assunzione di giovani under 36

I commi dal 10 a 15 della L. Finanziaria modifica – per il biennio 2021 e 2020 – la disciplina dell’esonero contributivo previsto per l’assunzione di giovani under 35 che non abbiamo mai stipulato un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Nello specifico, l’esonero passa dal 50% al 100% per un periodo massimo di 36 mesi e con un limite massimo di 6.000 euro annui, in luogo dei 3.000 precedenti. L’età del lavoratore viene innalzata da 35 a 36 anni non compiuti.

L’esonero è riconosciuto per:

  • Le nuove assunzioni di soggetti fino a 36 anni di età con contratto a tempo indeterminato;
  • Le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato;

Che siano effettuate negli anni 2021 e 2022.

Se l’assunzione avviene in una sede o unità produttiva ubicata nelle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna, l’esonero contributivo è riconosciuto per un periodo massimo di 48 mesi.

L’esonero spetta ai datori di lavoro che non abbiano proceduto, nei 6 mesi precedenti l’assunzione, né procedano, nei 9 mesi successivi alla stessa, a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero a licenziamenti collettivi nei confronti di lavoratori inquadrati con la medesima qualifica nella stessa unità produttiva.

Sgravio contributivo per l’assunzione di donne

I commi da 16 a 19 della L. Finanziaria rivedono la portata dello sgravio alle assunzioni delle lavoratrici donne –  effettuate nel biennio 2021-2022 – già previsto dall’articolo 4, commi 9-11, della legge n. 92/2012.

Lo sgravio riguarda le assunzioni di donne con contratto di lavoro dipendente a tempo determinato che siano effettuate nel 2021 e nel 2022 e la sua misura è pari al 100% dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL e dura 12 mesi (elevabili a 18 in caso di assunzioni o trasformazioni a tempo indeterminato).

Il limite massimo dello sgravio è pari a 6.000 euro annui.

Le assunzioni devono comportare un incremento occupazionale netto calcolato sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori occupati rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori mediamente occupati nei 12 mesi precedente.

I soggetti destinatari dell’agevolazione sono i seguenti:

  • donne con almeno cinquant’anni di età che siano disoccupate da oltre dodici mesi ovunque residenti;
  • donne di qualsiasi età residenti in una delle aree ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
  • donne di qualsiasi età con una professione o di un settore economico caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere e che siano prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
  • donne di qualsiasi età, ovunque residenti e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi.

Decontribuzione Sud

I commi 161-169 della L. Finanziaria prevedono – per il periodo 2021-2029 – un esonero contributivo parziale in favore dei datori di lavoro del settore privato che operano nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Lo sgravio è pari:

– al 30% dei contributi previdenziali da versare fino al 31 dicembre 2025;

– al 20% dei contributi previdenziali da versare per gli anni 2026 e 2027;

– al 10% dei contributi previdenziali da versare per gli anni 2028 e 2029.

Non è previsto un tetto massimo dell’esonero.

Per il periodo 1° gennaio 2021 -30 giugno 2021, l’esonero è concesso in conformità al “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19″, mentre per il periodo successivo (1° luglio 2021-31 dicembre 2029) l’agevolazione è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea.

Il congedo di paternità 2021

La Legge di Bilancio per il 2021 prevede la proroga del congedo obbligatorio per i padri lavoratori dipendenti in caso di nascite o affidi/adozioni.
I giorni di congedo obbligatorio sono 10 (anziché i 7 previsti per il 2020), non obbligatoriamente consecutivi e devono essere utilizzati entro il compimento del 5° mese di vita del figlio (o entro il 5° mese dall’affidamento/adozione). Il congedo non può essere fruito ad ore. L’innalzamento del congedo a 10 giorni riguarda gli eventi di nascita (affido o adozioni) avvenuti nel 2021 e è esteso anche ai casi di morte perinatale.

L’astensione obbligatoria è aggiuntiva rispetto a quella della madre.

Per i giorni di congedo obbligatorio, il padre lavoratore ha diritto ad un’indennità giornaliera, a carico dell’INPS, pari al 100% della retribuzione.
Per poter utilizzare i giorni di congedo obbligatorio, il padre lavoratore dipendente deve inviare – con anticipo di almeno 15 giorni – una comunicazione scritta al proprio datore di lavoro, che contenga indicazione delle date di fruizione.

Se il congedo viene richiesto in concomitanza dell’evento nascita, il preavviso dei quindici giorni va calcolato sulla data presunta del parto.

Il datore di lavoro, una volta ricevuta la richiesta scritta, comunica all’INPS le giornate di congedo fruite attraverso il flusso Uni-emens.

Con riferimento al congedo facoltativo per il padre lavoratore, la normativa prevede la possibilità di godere di un ulteriore giorno di astensione in aggiunta a quelli di congedo obbligatorio.

Il congedo facoltativo non è cumulabile con quello della madre, pertanto, in caso di utilizzo è necessario che la madre rinunci espressamente ad un giorno del proprio congedo.

Anche in questo caso deve essere presentata apposita richiesta al datore di lavoro, con un anticipo di almeno 15 giorni, cui deve essere allegata la dichiarazione sopra citata di rinuncia al godimento di un giorno di congedo da parte della madre; tale dichiarazione deve essere presentata anche al datore di lavoro della madre.

Sul sito dello Studio Nicco – Area Aziende – sono stati pubblicati i seguenti moduli:

Lavoratori somministrati: comunicazione annuale

Le aziende che hanno utilizzato – nel corso del 2020 – lavoratori somministrati, sono tenute ad effettuare una comunicazione annuale obbligatoria alle rappresentanze sindacali aziendali (RSA) ovvero alla rappresentanza sindacale unitaria (RSU) o, in mancanza, agli organismi territoriali di categoria delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, con i dati relativi ai contratti di somministrazione stipulati nel 2020.

La scadenza per l’invio della suddetta comunicazione è il 31 gennaio 2021.

I dati che la suddetta comunicazione deve contenere sono:

  • il numero e i motivi dei contratti di somministrazione conclusi,
  • la durata dei suddetti contratti,
  • il numero e la qualifica dei lavoratori interessati.

La comunicazione può essere inviata tramite posta raccomandata A/R oppure tramite posta elettronica certificata.

Si ricorda che, in caso di mancato assolvimento, la sanzione amministrativa pecuniaria prevista ha un importo variabile tra € 250,00 e € 1.250,00.

Per completezza di trattazione si rinvia alla Circolare dello Studio n. 28/2012 sottolineando che il riferimento normativo aggiornato è l’art. 36, comma 3, del D.Lgs. 81/2015.

Si allega un fac-simile di comunicazione:

Comunicazione annuale somministrati – Fac simile

Proroga Cassa Integrazione Covid per il 2021

La Legge Finanziaria per il 2021 prevede la concessione di altre 12 settimane di trattamenti di cassa integrazione ordinaria e in deroga e di assegno ordinario previsti in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

Tali 12 settimane (gratuite) devono essere collocate nel periodo ricompreso tra:

  • il 1° gennaio 2021 e il 31 marzo 2021 per i trattamenti di cassa integrazione ordinaria;
  • il 1° gennaio 2021 e il 30 giugno 2021 per i trattamenti di assegno ordinario e di cassa integrazione in deroga.

Le 12 settimane costituiscono la durata massima che può essere richiesta con causale Covid-19.

I periodi di integrazione precedentemente richiesti e autorizzati ai sensi dell’articolo 12 del decreto Ristori (D.L. 137/2020, convertito) collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 1° gennaio 2021 sono imputati, ove autorizzati, alle 12 settimane aggiuntive previste.

Ai sensi del comma 305, tutti i predetti benefici sono riconosciuti anche in favore dei lavoratori assunti dopo il 25 marzo 2020 e in ogni caso in forza al 1° gennaio 2021 (data di entrata in vigore della Legge di Bilancio 2021).

Lo smart working alla luce del DL milleproroghe

L’art. 19 del DL milleproroghe proroga i termini di alcune disposizioni legislative collegate allo stato di emergenza, fino al  termine di tale stato e, comunque, non oltre il 31 marzo 2021.

Tale proroga investe anche lo smart working e, nello specifico, riguarda:

  • La possibilità per i datori di lavoro privati di applicare la modalità di lavoro agile ad ogni rapporto di lavoro subordinato, anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa vigente;
  • L’obbligo per i datori di lavoro privati di comunicare – in modalità telematica tramite il portale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile, utilizzando alla documentazione resa disponibile sul sito dal ministero stesso.

Pagamento retribuzioni del mese di dicembre 2020

Le retribuzioni erogate al personale dipendente sono computate come costi – e per il lavoratore stesso come reddito – se erogate nel periodo d’imposta (01.01 – 31.12). Esiste, però, un’eccezione, il c.d. criterio di cassa allargato. Infatti, per poter essere contabilizzare le retribuzioni relative al mese di dicembre 2020 tra i costi aziendali sostenuti nell’anno e includerle nel reddito percepito nello stesso periodo d’imposta dal lavoratore, le stesse devono essere pagate al lavoratore al massimo entro il 12 gennaio dell’anno successivo.

Quota di riserva in caso di passaggio di appalto: la precisazione dell’Inl

L’Itl di Milano ha richiesto chiarimenti circa la modalità di individuazione della base di computo per il calcolo della quota di riserva – come previsto dall’articolo 3, della Legge n. 68/1999 – per le imprese che subentrano in un appalto. Le spiegazioni sono state fornite dall’Inl con la nota n. 1046/2020 all’interno della quale vengono espresse le seguenti considerazioni:

Il Ministero del Lavoro si era espresso – con specifico riferimento alle imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati – attraverso la Circolare n. 77/2001 affermando che la copertura della quota di riserva debba essere calcolata sulla base dell’organico già in servizio presso l’impresa medesima al momento dell’acquisizione dell’appalto, ferma restando, com’è evidente, la permanenza in servizio dei disabili eccedenti provenienti dall’impresa cessata, a norma di legge, poichè l’incremento occupazionale è da considerarsi temporaneo, in virtù del carattere provvisorio dell’appalto in oggetto. Ne consegue che il personale che passa dall’azienda uscente a quella che subentra non deve essere computato nella quota di riserva ai fini dell’articolo 3 della Legge n. 68/1999.

L’interpello 23/2020 conferma l’interpretazione, con specifico riguardo alla natura temporanea dell’acquisizione del nuovo personale.

Anche la giurisprudenza (sentenza n. 2252 del 15/05/2017 del Consiglio di Stato, sez. terza) ha, di recente, confermato la tesi: nel caso di un appalto di “servizi di assistenza educativa domiciliare” in favore dei minori, viene affermato che l’incremento occupazionale del personale già impegnato in un appalto e acquisito per “cambio appalto” ha carattere provvisorio, destinato a ridursi al termine dell’esecuzione dell’appalto, e pertanto non dovrà essere computato nella quota di riserva.

In conseguenza di tutto ciò, possiamo ritenere consolidato l’orientamento secondo cui in caso di “cambio appalto”, il personale assorbito in adempimento di obbligo di legge, contratto collettivo o clausola contenuta nel bando è escluso dalla base di computo della quota di riserva ex Legge n. 68/1999.

Corte di Giustizia UE: gli Anf spettano anche per i familiari all’estero del dipendente straniero

La Corte di Giustizia UE ha ritenuto non conforme la normativa italiana sugli assegni al nucleo familiare per la parte secondo cui non vengono considerati parte del nucleo familiare del lavoratore straniero il coniuge e i figli che non sono residenti in Italia.

La Corte si è trovata ad esaminare due richieste: quella di un lavoratore in possesso di un permesso di soggiorno a fini lavorativi che si è visto negare dall’Inps gli assegni familiari per tutto il periodo durante il quale moglie e figli hanno vissuto nel Paese di origine e quella di un lavoratore straniero in possesso di un permesso per lungo periodo.

Nel primo caso, la decisione negativa dell’Inps si basa sulla norma che esclude dal nucleo familiare dello straniero i componenti che non risiedono in Italia, salvo che lo Stato di origine del titolare del permesso di soggiorno preveda un trattamento di reciprocità per gli italiani o sia stata stipulata una convenzione internazionale in materia di trattamenti di famiglia.

Secondo il parere dei Giudici, la norma in esame non può essere considerata conforme poiché, per converso, l’ordinamento giuridico italiano considera come facenti parte del nucleo familiare di un lavoratore italiano i familiari che risiedono in un paese estero.

Ragionamento simile può essere fatto nei confronti del secondo lavoratore straniero prendendo, però, come riferimento la norma CE che impone di far beneficiare i soggiornanti di lungo periodo dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda, in particolare, le prestazioni sociali.

Ne consegue che non è corretto applicare un trattamento differenziato per italiani e stranieri.

Per la Corte, la possibilità di escludere la parità di trattamento tra italiani e stranieri potrebbe essere considerata solo se questa viene espressa in sede di recepimento della direttiva nella legislazione nazionale. L’Italia, non avendo operato in tal senso, non può applicare un trattamento differente al soggiornante di lungo periodo.