Bonus Baby-Sitter: le istruzioni operative

L’Inps pubblica le istruzioni operative per la presentazione delle domande del bonus baby-sitting da utilizzarsi nei casi di sospensione dell’attività didattica in presenza del figlio, per la durata dell’infezione da Sars COVID-19 del figlio o della quarantena del figlio disposta dal Dipartimento di prevenzione dell’Asl territorialmente competente a seguito di contatto ovunque avvenuto con (Circolare n. 58 del 14/04/2021).

Le richieste riguardano gli eventi compresi nel periodo che va dal 1° gennaio 2021 al 30 giugno 2021.

Possono inoltrare le richieste i seguenti soggetti:

  • Gli iscritti in via esclusiva alla Gestione separata;
  • I lavoratori autonomi iscritti alle Gestioni speciali Inps;
  • I lavoratori autonomi iscritti alle Casse professionali autonome non gestite dall’Inps;
  • Il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico;
  • I lavoratori dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato, appartenenti a specifiche categorie (medici, infermieri, tecnici di laboratorio biomedico, tecnici di radiologia medica e operatori sociosanitari).

I canali di presentazione della domanda sono:

  • L’applicazione web, disponibile sul portale istituzionale www.inps.it al percorso: “Prestazioni e servizi” > “Tutti i servizi” > “Domande per Prestazioni a sostegno del reddito” > “Bonus servizi di baby sitting D.L.30/2021”. Il documento ricorda che si accede al servizio utilizzando lo Spid almeno di livello 2, Cie, Cns. E’ ancora possibile accedere tramite Pin, ma l’Istituto non rilascia nuovi pin dal 01/10/2020;
  • I patronati.

Leggi la Circolare Inps 58/2021.

Il divieto di licenziamento si applica anche al dirigente?

Il Tribunale di Roma ha dichiarato illegittimo il licenziamento di un dirigente per giustificato motivo oggettivo, alla luce del c.d. blocco dei licenziamenti disposto dalla Legge 178/2020.

Nonostante il dettato normativo dell’articolo 3 della Legge 604/1966 si applichi (in virtù dell’articolo 10 stessa Legge) nei confronti del personale inquadrato nelle categorie di quadri, impiegati e operai (escludendo, pertanto, i dirigenti), il Giudice di primo grado fonda la pronuncia sulle seguenti considerazioni:

1) L’obiettivo sotteso al “blocco dei licenziamenti” è certamente quello di evitare che le conseguenze dell’emergenza sanitaria si traducano in un’immediata soppressione dei posti di lavoro. Necessità in cui di certo rientra anche la categoria dei dirigenti; categoria che soggiace ad un regime contrattuale caratterizzato da “maggiore elasticità” e che, pertanto, merita di essere tutelato dalle pratiche dei c.d. licenziamenti arbitrari.

2) L’articolo 3 della Costituzione, secondo cui “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”, non ne giustifica – ulteriormente – l’esclusione.

3) La categoria dirigenziale – per converso – è tutelata in caso di licenziamento collettivo dall’articolo 24, c. 1, Legge n. 223/91 così come novellato dall’articolo 16, c. 1, lett. a, Legge n.161/2014.

Il medesimo Tribunale si è espresso – nella sentenza del 21 aprile 2021 – con un giudizio diametralmente opposto a quello sopra riportato, riconoscendo come legittimo il licenziamento di un dirigente avvenuto durante il c.d. blocco dei licenziamenti.

La pronuncia si fonda proprio sul fatto che il disposto normativo dell’articolo 3 della Legge 604/1966 (Licenziamento per gmo) – già richiamato – non si applica, secondo quanto previsto dal successivo articolo 10, al personale assunto con qualifica dirigenziale.

Interdizione dal lavoro post-partum: chiarimenti dall’INL

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro pubblica la Nota Protocollo n. 553 del 2 aprile 2021 con lo specifico intento di fare chiarezza sull’interdizione dal lavoro post-partum.

Le interpretazioni fornite concordano con quanto già espresso dal Ministero del Lavoro nella Nota Protocollo 2437 del 25 marzo scorso, emesse a seguito di specifica richiesta dell’Itl di Perugia.

Vediamo, di seguito, i contenuti del documento.

Il D.Lgs. 151/2001 contiene specifiche disposizioni che hanno l’intento di tutelare la salute della madre lavoratrice e dei suoi figli stabilendo specifiche misure di protezione in relazione alle condizioni di lavoro e alle mansioni svolte o attraverso l’astensione dal lavoro:

  • L’articolo 7 al comma 1 prevede il divieto di adibire la lavoratrice al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché a lavori pericolosi faticosi ed insalubri, mentre al comma 6 abilita gli organi di vigilanza ad autorizzare l’interdizione dal lavoro laddove non sia possibile adibire la lavoratrice ad altre mansioni;
  • Il comma 2 dell’articolo 17, invece, abilita gli Ispettorati del lavoro ad autorizzare l’interdizione dal lavoro, tra gli altri, per i seguenti motivi: “(…) b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino”.

Per poter adottare i provvedimenti di tutela, l’Inl ritiene che sia sufficiente la mera constatazione della adibizione della lavoratrice madre a mansioni di trasporto e al sollevamento di pesi, a prescindere dalla valutazione del rischio inerente all’interno del DVR.

Pertanto, anche se il rischio collegato al sollevamento dei pesi non sia espressamente valutato nel DVR, l’adibizione della lavoratrice a tali mansioni è condizione sufficiente per il riconoscimento della sua tutela con la conseguente emanazione del provvedimento di interdizione da parte dell’amministrazione competente, previa valutazione sull’impossibilità di adibizione ad altre mansioni.

Quanto al termine finale da indicare nel provvedimento di interdizione post-partum in caso di parto prematuro, l’Inl ribadisce – come già accade per la maternità anticipata e obbligatoria e ribadito dall’Inps nella Circolare 69/2016 – che i giorni antecedenti al parto non goduti a titolo di astensione obbligatoria si aggiungono al periodo di congedo obbligatorio di maternità da fruire dopo il parto.

Da ultimo, la Nota Protocollo ricorda che, nel caso in cui venga emanato un provvedimento giurisdizionale che dichiara l’effettiva sussistenza del diritto all’astensione, la sola sentenza non è – di per sé – sufficiente, ma deve essere emanato anche il relativo provvedimento amministrativo. Anche per ottenere l’indennità sostitutiva Inps è comunque necessario che la lavoratrice inoltri la specifica istanza all’Inps.

Scivolo pensionistico, uno strumento per l’uscita dal mondo del lavoro

La Legge di Bilancio 2021 – estendendo il periodo di utilizzo e ridisegnando i contorni del contratto di espansione – fornisce uno strumento utile per l’uscita dal mondo del lavoro: lo scivolo pensionistico.

La norma consente alle imprese con un organico di almeno 250 unità di stipulare un contratto presso il Ministero del Lavoro con le organizzazioni sindacali, a seguito della procedura di consultazione prevista per la Cigs. La dimensione aziendale deve essere calcolata complessivamente facendo riferimento all’aggregazione di imprese stabile con un’unica finalità produttiva o di servizi.

Nonostante si tratti di uno strumento di non semplice gestione, le azienda possono soddisfare due distinte esigenze:

1) Quella del ricambio generazionale attraverso l’attività congiunta di inserimento di nuove risorse e l’accompagnamento alla pensione del personale con più anzianità.

Il progetto prevede la possibilità di assumere nuove professionalità con contratto a tempo indeterminato (anche in apprendistato professionalizzante), in linea con i piani di reindustrializzazione e riorganizzazione. Il numero di assunzioni non è stabilito dalla legge, ma può essere oggetto di negoziazione tra le parti. Per converso, è prevista l’attivazione di uno scivolo pensionistico per i lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dalla decorrenza della pensione di vecchiaia e che abbiano maturato il requisito contributivo o della pensione anticipata.

Il lavoratore deve fornire il proprio consenso rispetto alla cessazione del rapporto e può godere del diritto alla NASpI. Al lavoratore viene riconosciuta un’indennità mensile di importo pari al trattamento pensionistico maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto, come quantificato dall’Inps. Il datore versa la provvista mensile all’istituto di previdenza, che poi provvederà al riconoscimento dell’indennità al lavoratore. Da tale importo viene detratto il corrispettivo della NASpI teoricamente spettante. Se l’accompagnamento è verso la pensione anticipata, allora devono essere pagati anche i relativi contributi previdenziali (con esclusione del periodo coperto dalla NASpI).

2) La formazione del personale in organico.

Viene redatto un progetto dettagliato di formazione e riqualificazione per tutto il personale che – in seguito alla modifica dei processi aziendali, del progresso e dello sviluppo tecnologico – risulti in possesso di conoscenze obsolete.

E’ previsto un obbligo di certificazione della formazione effettuata, da parte di organismi terzi rispetto all’impresa.

Uno strumento alternativo al progetto di formazione e riqualificazione è la possibilità di effettuare una riduzione di orario connessa e funzionale alla formazione e assistita dal trattamento di Cigs, per un periodo massimo pari a 18 mesi, anche non continuativi.

Prorogata la procedura semplificata per lo smart working

Il D.L. 52/2021 (“Decreto riaperture”) proroga fino al 31 luglio 2021 la possibilità di utilizzare la procedura semplificata prevista per l’utilizzo dello smart working.

Pertanto, per le comunicazioni che interessano le prestazioni rese in smart working fino al 31 luglio p.v. si potrà utilizzare la c.d. procedura semplificata (con accesso tramite SPID), che prevede le seguenti agevolazioni:

  • Utilizzo dello smart working senza sottoscrizione dell’accordo individuale con i lavoratori;
  • Invio dei dati relativi allo smart working tramite il file xls messo a disposizione dal Ministero del lavoro;
  • Obblighi di informativa in materia di sicurezza sul lavoro assolvibili in via telematica tramite l’apposita documentazione resa disponibile dall’Inail.

Il termine per l’invio della  comunicazione è fissato nel giorno antecedente a quello di inizio della prestazione. La mancata comunicazione è sottoposta ad una sanzione amministrativa il cui importo può variare da un minimo di 100 euro ad un massimo di 500 euro.

Sì alle ferie “forzate” se il lavoratore rifiuta il vaccino

Opera nel giusto il datore di lavoro che decide di collocare in ferie “forzate” il lavoratore che rifiuta di sottoporsi al vaccino anti covid-19.

E’ quanto è successo ai dipendenti di una Rsa che si sono rifiutati di eseguire la profilassi vaccinale. Il datore di lavoro – stante anche il fatto che la mansione svolta prevede il contatto con altre persone – ha ritenuto necessario procedere a mettere in ferie i lavoratori.

Il Tribunale di Belluno – presso cui i dipendenti oggetto del provvedimento hanno presentato ricorso d’urgenza per la riammissione al lavoro – ha ritenuto lecito il comportamento del datore di lavoro definendolo come “doveroso” per ottemperare al dovere di sicurezza che il datore stesso ha nei confronti del proprio personale dipendente.

L’Ordinanza evidenzia che, essendo il vaccino uno strumento idoneo a contrastare l’evoluzione negativa dell’infezione, costituisce una misura idonea a tutelare l’integrità fisica degli individui cui viene inoculato, nonché quella dei pazienti dell’Rsa. Gli stessi lavoratori erano stati dichiarati inidonei dal medico del lavoro – secondo quanto stabilito dall’art. 41 D.Lgs. 81/2008 – proprio perché non si erano sottoposti al vaccino che, in questo caso, è da considerarsi strumento utile per la riduzione del rischio.

Il datore di lavoro – dopo aver verificato che i dipendenti non potevano essere adibiti ad altre mansioni – ha proceduto con le c.d. “ferie forzate”.

Congedi Covid per genitori: una nuova Circolare Inps, ma la procedura è ancora ai blocchi di partenza

L’Inps pubblica una nuova Circolare (la n. 63 del 14/04/2021) sui congedi 2021 per genitori, lavoratori dipendenti del settore privato con figli affetti da Covid-19, in quarantena da contatto o con attività didattica in presenza sospesa o con centri diurni assistenziali chiusi. La Circolare riprende le istruzioni già fornite con il precedente Messaggio 1246/2021 e illustra alcuni chiarimenti, ma l’aggiornamento delle procedure telematiche per la presentazione delle domande si fa attendere.

Gli aspetti di approfondimento della nuova Circolare sono i seguenti:

  • Si ha diritto al congedo se il figlio ha meno di 14 anni. Ne deriva che, al compimento del 14° anno di età, il diritto decade. Tale limite “mobile” deve essere verificato per ciascun ragazzo, diversamente da quanto accadeva per i congedi Covid 2020.
  • Alle ipotesi di sospensione già presenti si aggiunge quella di chiusura dei centri diurni frequentati dai ragazzi affetti da handicap grave.

Leggi:

La Circolare Inps 63/2021,

L’articolo “Lavoratori con figli in DAD o in quarantena: cosa prevede il nuovo Decreto Legge”.

Covid & Prevenzione in azienda: il Protocollo di aggiornamento

Il protocollo di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento del Coronavirus negli ambienti di lavoro contiene indicazioni aggiornate alla luce dei nuovi sviluppi dell’emergenza sanitaria. Vediamo, di seguito, i contenuti principali.

Esito del tampone

Il lavoratore che abbia contratto il covid e il cui tampone risulti positivo anche dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi può interrompere l’isolamento, ma non è autorizzato a riprendere il lavoro.

Utilizzo dei Dpi

Ribadendo che lo smart working ed il lavoro da remoto sono le forme di lavoro che devono essere privilegiate, nei casi in cui la prestazione venga resa in presenza (spazi condivisi, al chiuso e all’aperto), fermo restando il mantenimento della distanza interpersonale di almeno un metro, vige sempre l’obbligo di indossare la mascherina chirurgica. Sono esclusi i casi in cui la mansione non comporti l’uso di Dpi più protettivi.

Trasferte

Si possono effettuare trasferte previa valutazione – da parte del datore di lavoro di concerto con il medico competente e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, se presente – dell’andamento epidemiologico nelle sedi di destinazione.

Permane il divieto delle riunioni in presenza, tranne per i casi di necessità e urgenza in cui non sia possibile il collegamento a distanza e comunque sempre con utilizzo delle mascherine.

Rimangono sospesi anche gli eventi interni e le attività di formazione in aula, anche nei casi in cui quest’ultima sia obbligatoria.

Sorveglianza sanitaria

Il protocollo di aggiornamento ribadisce l’importanza del medico competente tra i cui compiti ricade anche la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori fragili secondo quanto previsto dal DL 34/2020 e la possibilità di indirizzare l’azienda verso l’adozione di particolari azioni di test o di screening, nel caso in cui queste possano essere utili al contenimento del virus. La rilevanza del ruolo del medico del lavoro si ravvisa anche nella Circolare del Ministero della salute del 12 aprile 2021, che gli attribuisce specifici compiti:

  • Prendere visione del referto molecolare negativo necessario per il rientro dei lavoratori con risultato positivo dopo i 21 giorni dalla comparsa dei sintomi;
  • Effettuare la verifica dell’idoneità alla mansione dei lavoratori ammalati con sintomi gravi o per cui è stato necessario il ricovero, quando questi risultino negativi. Tale visita deve essere effettuata anche per le assenze inferiori ai 60 giorni continuativi.

Leggi il Protocollo di aggiornamento;

Leggi la Circolare del Ministero della salute del 12/04/2021.

La deroga sui contratti a termine vale anche per la somministrazione

La CSEA (Cassa per i servizi energetici ambientali) ha sottoposto al Ministero del lavoro e delle politiche sociali il seguente quesito: posto che al personale dipendenti dell’Ente si applicano le norme che regolano il rapporto di lavoro privato e la contrattazione collettiva del settore elettrico, la deroga (attualmente valida fino al 31 dicembre c.a. a seguto dell’entrata in vigore del DL 41/2021) stabilita dall’articolo 93 del decreto legge n.34/2020 secondo cui la proroga o il rinnovo possono avvenire per un periodo massimo di 12 mesi e per una sola volta, senza la neccesità di apporre le causali e – comunque – nel rispetto della durata massima complessiva di 24 mesi prevista in via generale per i contratti a termine, si applica anche ai contratti di somministrazione?

Il Ministero, partendo dalla definizione di somministrazione di lavoro, ricorda che il datore di lavoro viene individuato nella figura del somministratore, il quale ha facoltà di stipulare sia contratti a tempo indeterminato che a tempo determinato.

In questo secondo caso, al rapporto di lavoro vengono applicate tutte le disposizioni sul contratto a termine con esclusione di quelle riguardanti:

  • Lo stop&go;
  • Il diritto di precedenza;
  • Il limite del 20% quale percentuale massima di contratti stipulabili rispetto a quelli a tempo indeterminato.

Per converso, al contratto a termine tra agenzia e lavoratore si applicano le norme riguardanti l’apposizione delle causali, il numero massimo di proroghe e la durata massima del contratto, coordinando le norme di legge con quanto previsto dal Ccnl agenzie di somministrazione.

Pertanto, le deroghe previste dal D.L. 104/2020 sono applicabili anche al contratto di somministrazione tra il lavoratore e l’utilizzatore.

Il documento ricorda anche altri due concetti importanti:

Il primo riguarda la facoltà di utilizzo della deroga. Ovvero, che il differimento al 31 marzo 2021 del termine entro cui poter prorogare o rinnovare i contratti a termine derogando alle disposizioni di legge non consente di operare una nuova proroga o rinnovo a chi ha già proceduto in tal senso. Merita evidenziare che su questo passaggio il DL 41/2021, oltre a posticipare la fine del periodo in deroga, ha innovato, riconoscendo alle aziende di non tener conto dei rinnovi o delle proroghe in deroga intervenuti prima del 23 marzo 2021.

Da ultimo il Ministero ricorda che, se il contratto tra agenzia e lavoratore è stato stipulato a tempo indeterminato, fino al 31.12.2021 l’utilizzatore può impiegare il lavoratore per periodi anche superiori a 24 mesi (non necessariamente continuativi), senza che ciò comporti la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra il lavoratore somministrato e l’utilizzatore.

Leggi l’Interpello ministeriale 2/2021