Dall’Inail una guida per la gestione del “rischio caldo”

L’Inail, pubblica – in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche-Istituto per la BioEconomia (Cnr-Ibe) – un vademecum che approfondisce gli effetti delle condizioni di stress termico ambientale sui lavoratori, offrendo indicazioni per prevenire le patologie da calore nei luoghi di lavoro, destinato ai lavoratori, ai datori di lavoro e alle figure aziendali che si occupano di salute e sicurezza.

La pubblicazione rientra nell’ambito delle attività del progetto Worklimate.

Scarica e leggi il vademecum Inail

Buoni carburante: alcune precisazioni dall’AE

La Circolare 27/2022, pubblicata il 14 luglio 2022 dall’Agenzia delle Entrate, si esprime in tema di bonus carburante e, in particolare, sui requisiti da soddisfare per la sua deducibilità.

Per completezza, ricordiamo che il DL 21/2022 ha introdotto – per il solo periodo d’imposta 2022, – la possibilità per i datori di lavoro privati di erogare ai propri lavoratori dipendenti buoni benzina, o titoli analoghi, esclusi da imposizione fiscale ai sensi dell’articolo 51, comma 3, del TUIR3, per un ammontare massimo di euro 200 per lavoratore.

Il testo evidenzia che in merito alla specifica categoria di lavoratori dipendenti destinatari dei buoni benzina, il richiamato decreto non effettua espressamente delle distinzioni e non pone alcun limite reddituale per l’ammissione al beneficio.

In aggiunta, visto che la norma si riferisce genericamente ai lavoratori dipendenti, al fine di identificare i potenziali beneficiari dei buoni benzina, si debba fare riferimento alla tipologia di reddito prodotto, ossia quello di lavoro dipendente.

In secondo luogo, dato che il Decreto chiama in causa solo il comma 3 dell’articolo 51 del TUIR e non l’intero articolo 51, l’AE ritiene che i buoni carburante possano essere corrisposti dal datore di lavoro sin da subito, nel rispetto dei presupposti e dei limiti normativamente previsti, anche ad personam e senza necessità di preventivi accordi contrattuali.

Unico limite è che gli stessi non siano erogati in sostituzione dei premi di risultato. Se così fosse, l’erogazione dei buoni carburante dovrebbe avvenire in “esecuzione dei contratti aziendali o territoriali di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 (comma 187)”.

Per quanto riguarda la determinazione del reddito d’impresa, la Circolare ricorda che l’articolo 95 del TUIR statuisce che «le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili nella determinazione del reddito comprendono anche quelle sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori, salvo il disposto dell’articolo 100, comma 1».
Pertanto, non rientrando nelle ipotesi di cui all’articolo 100, comma 16, del TUIR, il costo connesso all’acquisto dei buoni carburante in commento è integralmente deducibile dal reddito d’impresa, se l’erogazione di tali buoni sia, comunque, riconducibile al rapporto di lavoro e, per tale motivo, il relativo costo possa qualificarsi come inerente.

In materia di tassazione, la norma esaminata riconduce i buoni benzina nell’ambito di applicazione dell’articolo 51, comma 3, ultimo periodo, del TUIR, secondo cui non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se, complessivamente, di importo non superiore, nel periodo d’imposta, a euro 258,23; se il valore in questione è superiore a detto limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.

Nello specifico, per la soglia di esenzione di 258,23 euro, è stato chiarito che la stessa riguarda le sole erogazioni in natura, con esclusione di quelle in denaro, per le quali resta applicabile il principio generale secondo cui qualunque somma percepita dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro costituisce reddito di lavoro dipendente, ad eccezione di eventuali specifiche esclusioni. Ne consegue che i buoni carburante (agevolati fino a 200 euro) si sommano ai benefit (beni o servizi erogati gratuitamente ai lavoratori) per altri 258,23 euro, fino ad arrivare a 458,23 euro.

Contratto di lavoro: nuovi obblighi informativi

La direttiva (UE) 1152 del 2019 introduce nuovi obblighi in materia di condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili, inserendo nuovi obblighi informativi in capo ai datori di lavoro in fase di stipula di nuovi contratti.

Il testo del decreto legislativo di recepimento della direttiva UE è ancora in bozza, in attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

I nuovi obblighi riguardano le informazioni che dovranno essere indicati nella lettera di assunzione ed in tutte le variazioni contrattuali che avranno luogo successivamente.

Entrando nel dettaglio, le nuove informazioni sono le seguenti:

Identità delle parti Datore di lavoro
Lavoratore
Luogo di lavoro
Sede/Domicilio del datore di lavoro
Inquadramento Qualifica
Livello
Mansione
Data inizio rapporto
Tipologia rapporto di lavoro
Durata rapporto di lavoro [eventuale]
Data di fine rapporto [eventuale]
Periodo di prova
Formazione [eventuale]
Durata delle ferie e di eventuali altri congedi retribuiti
Preavviso per recesso da parte datoriale o del lavoratore Procedura
Forma
Tempi
Retribuzione / Compenso con indicazione del periodo e delle modalità di pagamento
Orario di lavoro
Se prevedibile Distribuzione
Straordinario: condizioni e maggiorazioni
Cambi turno
Se non prevedibile Variabilità della programmazione, l’ammontare minimo di ore retribuite garantite e la retribuzione per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite
Ore e giorni di riferimento per lo svolgimento della prestazione
Periodo minimo di preavviso dovuto al lavoratore prima dell’inizio della prestazione [per l’eventuale recesso, ove previsto]
Ccnl applicato
Parti sociali firmatarie del Ccnl
Enti e Istituti che ricevono contributi previdenziali e assicurativi dovuti dal datore di lavoro
Forme di protezione in materia di sicurezza sociale fornite dal datore di lavoro

Le nuove disposizioni si applicano ai seguenti contratti di lavoro:

  • contratto di lavoro subordinato,
  • contratto di lavoro in somministrazione,
  • contratto di lavoro a chiamata,
  • rapporto di collaborazione con prestazione prevalentemente personale e continuativa organizzata dal committente (art. 2, c. 1, D.Lgs 81/2015),
  • contratto di collaborazione coordinata e continuativa (art. 409, c.1, n.3, c.p.c.),
  • contratto di prestazione occasionale (art. 54-bis DL 50/2017),
  • lavoratori marittimi e della pesca, fatta salva la disciplina speciale in materia,
  • lavoro domestico,
  • rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici.

Sono, inoltre, previsti nuovi e specifici obblighi informativi per i dipendenti distaccati all’estero e in caso di utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.

La sanzione amministrativa pecuniaria prevista in caso di mancata comunicazione o nel caso in cui la stessa avvenga in ritardo rispetto ai termini previsti o in modo incompleto varia da un minimo di 250 euro ad un massimo 1.500 euro per ogni lavoratore interessato.

Cassazione: in regola anche le attrezzature acquistate prima della “Direttiva Macchine”

L’obbligo di mettere a disposizione dei lavoratori macchinari provvisti di blocco automatico che impedisca di entrare in contatto con le parti in movimento della macchina, vale anche per i macchinari acquistati prima del 1996, cioè prima della emanazione della c.d. Direttiva Macchine.

E’ quanto affermato dalla Sentenza n. 11034/ 2022 della quarta sezione penale della Corte di Cassazione, sulla base del combinato disposto di cui all’art. 70, comma 2, del decreto legislativo n. 81/2008 e del punto 6.3 dell’Allegato V al predetto decreto legislativo.

Cassazione: caporalato e coercizione del lavoratore

Con la sentenza n. 24388 del 24 giugno 2022 la quarta sezione penale della Corte di Cassazione si pronuncia in tema di caporalato.

Nello specifico i Giudici affermano che è possibile ravvisare gli estremi del reato di caporalato nella trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale quando il lavoratore è ugualmente obbligato allo svolgimento dell’orario pieno di lavoro e non gli viene concesso il godimento delle ferie né dei permessi contrattualmente previsti. Nel caso di specie, inoltre, era stato appurato che il datore di lavoro mettesse in atto azioni tese a sfruttare i dipendenti, approfittando dello stato di bisogno degli stessi.

Bonus 200 euro una tantum: integrazioni e chiarimenti

In relazione a quanto già pubblicato in merito al bonus 200 euro, sono stati pubblicati integrazioni e chiarimenti, che rendono necessario un aggiornamento informativo e procedurale.

Estensione del periodo di verifica in capo al datore per i lavoratori assunti fino al 23 giugno 2022, con verifica fino a tutto il mese di giugno 2022.

La Circolare Inps n. 73/2022 evidenzia che il decreto-legge n. 50/2022, emanato in data 17 maggio 2022, individua nel primo quadrimestre dell’anno 2022 il periodo di riferimento all’interno del quale verificare il diritto all’esonero di cui alla legge n. 234/2021, al fine di beneficiare dell’indennità una tantum di 200 euro.

Al riguardo, si precisa che, a seguito di conforme parere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, tale periodo di riferimento è esteso fino al giorno precedente la pubblicazione della presente circolare.

In aggiunta, l’istituto – tramite Assosoftware – in tema di periodo di osservazione precisa che l’esonero 0,8% riconosciuto sulla retribuzione del mese di giugno sarà rilevante ai fini della spettanza dell’indennità in oggetto solamente in caso di dipendente assunto fino al giorno 23.06.2022.

Conseguentemente, con riferimento ai dipendenti assunti fino al 23.06.2022, l’indennità una tantum potrà essere riconosciuta qualora l’esonero 0,8% risulti fruito con riferimento ad almeno un mese nel periodo da gennaio a giugno 2022.

Lo Studio effettuerà dei controlli per verificare se, alla luce del nuovo orientamento, sono presenti lavoratori – precedentemente esclusi – che rientrano nella platea di beneficiari del bonus.

Incompatibilità del bonus 200 euro con il reddito di cittadinanza.

La norma fa riferimento al percettore “diretto” del reddito di cittadinanza, riconoscendo in capo al nucleo la non erogazione del bonus se lo stesso è percepito dal solo lavoratore.

Tuttavia, l’Inps – con il messaggio 2559/2022 – amplia la portata normativa ai soggetti facenti parte del nucleo percettore.

Sembra che ciò sia giustificato da una probabile correzione inserita in fase di conversione.

 Nello specifico:

Il D.L. n. 50/2022 all’art. 31, c. 4, afferma che l’indennità è riconosciuta in via automatica, previa dichiarazione del lavoratore di non essere titolare delle prestazioni di cui all’articolo 32, commi 1 e 18.

Il Messaggio n. 2559/2022, fornisce ulteriori indicazioni in merito alla dichiarazione richiesta ai fini dell’erogazione dell’indennità da parte del datore di lavoro, con la quale il lavoratore deve attestare, in particolare, di non essere titolare delle prestazioni di cui all’art. 32, commi 1 (trattamenti pensionistici) e 18 (reddito di cittadinanza). In particolare, con riferimento alle prestazioni di cui al comma 18, nel messaggio viene precisato che il lavoratore dovrà dichiarare di “non appartenere a un nucleo familiare beneficiario del Reddito di Cittadinanza”.

Le aziende sono invitate ad informare il personale dipendente della modifica dei requisiti di spettanza ed invitarli a rettificare le comunicazioni già inviate, qualora si rendesse necessario.

Misure di contrasto al Covid-19: il protocollo aggiornato

Il 30 giugno scorso è stato aggiornato il protocollo delle misure anti-contagio, sottoscritto dal Consiglio dei Ministri e dalle parti Sociali; di seguito, i contenuti principali.

Informazione

Il datore di lavoro, attraverso le modalità più idonee ed efficaci, informa tutti i lavoratori e chiunque entri nel luogo di lavoro del rischio di contagio da Covid-19 e di una serie di misure precauzionali da adottare, fra le quali:

  • divieto di ingresso in caso di sintomi manifesti;
  • rispetto delle norme di legge e delle disposizioni aziendali;
  • l’impegno ad informare il datore di lavoro in caso di comparsa dei sintomi.

L’informazione deve tenere conto delle mansioni e dei contesti lavorativi, con particolare riferimento al complesso delle misure adottate cui il personale deve attenersi in particolare sul corretto utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) per contribuire a prevenire ogni possibile forma di diffusione del contagio.

Modalità di ingresso nei luoghi di lavoro

All’atto di accesso ai luoghi aziendali, al personale può essere rilevata la temperatura corporea e – nel caso in cui questa superi i 37,5 °C – il soggetto deve essere allontanato.

La riammissione al lavoro dopo l’infezione da virus SARS-CoV-2/COVID-19 avverrà secondo le modalità previste dall’art. 4 del decreto legge 24 marzo 2022 n. 24 convertito in legge 19 maggio 2022 n. 52 e dalla circolare del Ministero della salute n. 19680 del 30 marzo 2022.
Qualora, l’autorità sanitaria competente disponga misure aggiuntive specifiche, il datore di lavoro fornirà la massima collaborazione, anche attraverso il medico competente, ove presente.

Gestione degli appalti

In caso di lavoratori dipendenti da aziende terze che operano nello stesso sito produttivo (es. manutentori, fornitori, addetti alle pulizie o Vigilanza, etc.) che risultassero positivi al tampone COVID-19, l’appaltatore dovrà informare immediatamente il committente, per il tramite del medico competente laddove presente.
L’azienda committente è tenuta a dare, all’impresa appaltatrice, completa informativa dei contenuti del Protocollo aziendale e deve vigilare affinché i lavoratori della stessa o delle aziende terze che operano a qualunque titolo nel perimetro aziendale, ne rispettino integralmente
le disposizioni.

Pulizia, sanificazione e ricambio dell’aria

Il datore di lavoro assicura la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago.
Nel caso di presenza di una persona con COVID-19 all’interno dei locali aziendali, si procede alla pulizia e sanificazione dei medesimi, nonché alla loro ventilazione.
Occorre garantire la pulizia, a fine turno, e la sanificazione periodica di tastiere, schermi touch e mouse con adeguati detergenti, sia negli uffici che nei reparti produttivi, anche con riferimento alle attrezzature di lavoro di uso promiscuo.
In tutti gli ambienti di lavoro vengono adottate misure che consentono il costante ricambio dell’aria, anche attraverso sistemi di ventilazione meccanica controllata.

Precauzioni igieniche personali

È obbligatorio che le persone presenti nel luogo di lavoro adottino tutte le precauzioni igieniche, in particolare per le mani.
Il datore di lavoro mette a disposizione idonei e sufficienti mezzi detergenti e disinfettanti per le mani, accessibili a tutti i lavoratori anche grazie a specifici dispenser collocati in punti facilmente accessibili.
È raccomandata la frequente pulizia delle mani, con acqua e sapone.

Dispositivi di protezione delle vie respiratorie

Fermi gli obblighi previsti dalla normativa vigente (art. 10-quater del decreto legge 22 aprile 2021 n. 52 convertito con modificazioni dalle legge 17 giugno 2021 n. 87, come modificato dall’art. 11, comma 1, del decreto-legge 16 giugno 2022, n. 68), l’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo facciali filtranti FFP2, anche se attualmente obbligatorio solo in alcuni settori (quali, ad esempio, trasporti, sanità), rimane un presidio importante per la tutela della salute dei lavoratori ai fini della prevenzione del contagio nei contesti di lavoro in ambienti chiusi e condivisi da più lavoratori o aperti al pubblico o dove comunque non sia possibile il distanziamento interpersonale di un metro per le specificità delle attività lavorative.

Il datore di lavoro:

  • assicura la disponibilità di FFP2 al fine di consentirne a tutti i lavoratori l’utilizzo;
  • individua particolari gruppi di lavoratori ai quali fornire adeguati dispositivi di protezione individuali (FFP2), che dovranno essere indossati, sulla base delle specifiche mansioni e dei contesti lavorativi sopra richiamati,  avendo particolare attenzione ai soggetti fragili e su specifica indicazione del medico competente o del responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

Analoghe misure sono individuate anche nell’ipotesi in cui sia necessario gestire un focolaio infettivo in azienda.

Gestione degli spazi comuni

L’accesso agli spazi comuni deve essere contingentato, con la previsione di una ventilazione continua dei locali e di un tempo ridotto di sosta all’interno di tali spazi.
Occorre provvedere all’organizzazione degli spazi e alla sanificazione degli spogliatoi, per lasciare nella disponibilità dei lavoratori luoghi per il deposito degli indumenti da lavoro e garantire loro idonee condizioni igieniche sanitarie.
Occorre garantire la sanificazione periodica e la pulizia giornaliera, con appositi detergenti, dei locali delle mense, delle tastiere dei distributori di bevande e snack.

Gestione entrata e uscita dei dipendenti

L’ingresso e l’uscita devono essere il più possibile organizzati in orari scaglionati per evitare assembramenti nelle zone comuni.
Ove possibile, occorre dedicare una porta di entrata e una porta di uscita da questi locali e garantire la presenza di detergenti segnalati da apposite indicazioni.

Gestione di un caso sintomatico

Nel caso in cui una persona presente nel luogo di lavoro sviluppi febbre (temperatura corporea superiore a 37,5° C) e sintomi di infezione respiratoria o similinfluenzali quali la tosse, lo deve dichiarare immediatamente al datore di lavoro o all’ufficio del personale e si dovrà procedere al suo isolamento in base alle disposizioni dell’autorità sanitaria.
La persona sintomatica deve essere subito dotata – ove già non lo fosse – di mascherina FFP2.

Sorveglianza sanitaria, medico competente, Rls

La sorveglianza sanitaria ha come obiettivo il completo ripristino delle visite mediche previste, previa documentata valutazione del medico competente che tiene conto dell’andamento epidemiologico nel territorio di riferimento.
La sorveglianza sanitaria oltre ad intercettare possibili casi e sintomi sospetti del contagio, rappresenta un’occasione sia di informazione e formazione che il medico competente può fornire ai lavoratori in particolare relativamente alle misure di prevenzione e protezione, ivi
compresa la disponibilità di specifica profilassi vaccinale anti SARS-CoV-2/Covid-19 e sul corretto utilizzo dei DPI nei casi previsti.
Il medico competente collabora con il datore di lavoro, il RSPP e le RLS/RLST nell’identificazione ed attuazione delle misure volte al contenimento del rischio di contagio da virus SARS-CoV-2/COVID-19 e attua la sorveglianza sanitaria eccezionale.

Per il reintegro progressivo dei lavoratori già risultati positivi al tampone con ricovero ospedaliero, il MC effettuerà la visita medica
precedente alla ripresa del lavoro a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione – anche per valutare profili specifici di rischiosità – indipendentemente dalla durata dell’assenza per
malattia.

Lavoro agile

Anche nella situazione attuale, il lavoro agile rappresenta uno strumento utile per contrastare la diffusione del contagio da Covid-19, soprattutto con riferimento ai lavoratori fragili, maggiormente esposti ai rischi derivanti dalla malattia.

Lavoratori fragili

Il datore di lavoro stabilisce – con il parere del medico competente – specifiche misure prevenzionali e organizzative per i lavoratori fragili.

Rspp: non è il ruolo del datore di lavoro

L’ Rspp riveste un  ruolo consultivo ed interlocutorio, che necessita di essere distinto – a livello funzionale – dagli altri ruoli decisionali che sono presenti in azienda; in particolar modo da quello del datore di lavoro. In questo modo si evitano sovrapposizioni di ruoli e funzioni che – per la loro intrinseca natura – sono diversi.

E’ quanto affermato dalla Cassazione nella Sentenza 16565/2022. I Giudici evidenziano che il dialogo tra i soggetti che esercitano i poteri organizzativi e coloro che hanno un ruolo tecnico è l’elemento fondante di qualsiasi scelta organizzativa, amministrativa, tecnica, produttiva, in materia di sicurezza. Per questo, se i ruoli non hanno un confine ben definito, si rischia di incorrere in una mancanza rilevante a livello di organizzazione aziendale, che ricade pienamente sul datore di lavoro.

Conciliazione in sede protetta e assistenza sindacale al lavoratore

La conciliazione in sede protetta (articolo 2113, comma 4, Codice Civile) può essere considerata valida se il rappresentante sindacale sottoscrittore appartiene al sindacato cui il dipendente risulta iscritto, essendo egli l’unico soggetto legittimato a fornire l’assistenza qualificata che costituisce il presupposto di validità della conciliazione.

Parimenti non può essere dato alcun valore all’incarico eventualmente conferito dal lavoratore all’atto della sottoscrizione del verbale di conciliazione, perché la circostanza di averlo rilasciato al momento in cui si transige lo rende inidoneo a comprovare che il lavoratore abbia ricevuto una effettiva assistenza.

Quanto sopra riportato è il contenuto della Sentenza del Tribunale di Bari del 6 aprile scorso relativa ad una controversia in cui un lavoratore sosteneva che la sottoscrizione del verbale di conciliazione fosse stata raggiunta senza una volontà condivisa, ma dietro iniziativa del datore di lavoro. Inoltre, il lavoratore affermava di non aver conferito alcun mandato di assistenza alla organizzazione sindacale, alla quale – per altro – non era neppure iscritto.

Per i Giudici, la non iscrizione del lavoratore alla sigla sindacale firmataria, ha avuto un peso preponderante nell’accoglimento delle richieste del lavoratore e sulla conseguente dichiarazione di nullità del verbale di conciliazione.

Ne consegue che, se durante una transazione in sede protetta, l’assistenza al lavoratore viene resa dal rappresentante di una sigla sindacale cui il lavoratore non ha ufficialmente aderito, il verbale di conciliazione è privo di valore e il lavoratore resta libero di impugnare la stessa.

Salute e sicurezza sul lavoro: il tirocinante è equiparato al dipendente

In tema di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, il tirocinante deve essere considerato come un lavoratore dipendente. Pertanto, il datore di lavoro ha l’obbligo di osservare tutte le disposizioni contenute nel TU Sicurezza (D.Lgs. 81/2008). Questo il contenuto della sentenza n. 7093/2022, pronunciata dalla Corte di Cassazione (Quarta Sezione Penale) il 1° marzo scorso.

Il caso in esame riguarda un infortunio sul lavoro occorso ad una studentessa tirocinante presso un’azienda agricola; la tirocinante sostiene di non aver ricevuto alcun tipo di formazione in materia di sicurezza né istruzioni sulle modalità operative di svolgimento dei compiti assegnati.

La Corte di legittimità – conformandosi al giudizio di merito – ha affermato che il tirocinante deve essere equiparato al lavoratore ritenendo, pertanto, applicabile il TU Sicurezza.

La Corte afferma, infatti che, sono soggetti alla tutela coloro che svolgono attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro […] anche al solo fine di apprendere un mestiere, nonché il beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento.

In conseguenza di ciò, il datore di lavoro ha il dovere  – anche nei confronti dei tirocinanti – di adempiere a tutti gli obblighi previsti dalla normativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Questo con particolare riferimento alle regole cautelari di previsione del rischio specifico cui il lavoratore è esposto nell’attività a cui è adibito, di formazione e informazione del tirocinante e di fornitura di idonei dispositivi di protezione.

I Giudici di Cassazione sottolineano che non posso essere portate in difesa del datore di lavoro le seguenti posizioni:

Avvalersi di un professionista incaricato della gestione delle tematiche in materia di salute e sicurezza del lavoro. Questo non esime il datore di lavoro dagli obblighi di valutazione del rischio, che non sono demandabili a terzi;

Il comportamento c.d. abnorme della persona offesa. La disapplicazione, da parte del lavoratore, di norme basilari in materia di sicurezza non può essere considerato estraneo all’area di rischio propria del titolare della posizione di garanzia. Soprattutto se l’evento può essere ricondotto alla violazione di diverse prescrizioni in materia di prevenzione e sicurezza del lavoro, determinandosi un ampliamento della stessa sfera di rischio in capo al datore di lavoro, che porta a ricomprendervi atti il cui prodursi dipende dall’inerzia del datore di lavoro.