I nuovi congedi per i genitori

Dal 13 agosto scorso sono operative le nuove norme sui congedi per i genitori; analizziamo – di seguito – le novità.

Congedo padre

Il padre lavoratore dipendente si astiene dal lavoro per un periodo di 10 giorni lavorativi (non frazionabili a ore, ma fruibili anche in via non continuativa), nell’arco temporale che va dai 2 mesi precedenti la data presunta del parto fino ai 5 mesi successivi alla nascita. Il congedo è fruibile, entro lo stesso arco temporale, anche in caso di morte perinatale del figlio.

In caso di parto plurimo, la durata del congedo è aumentata a 20 giorni lavorativi.

Il congedo si applica anche al padre adottivo o affidatario.

I giorni di congedo sono fruibili dal padre anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice e sono compatibili con la fruizione (non negli stessi giorni) del congedo di paternità alternativo.

Per i giorni di congedo di paternità obbligatorio è riconosciuta un’indennità giornaliera pari al 100 per cento della retribuzione.

Maternità lavoratrici autonome

per le lavoratrici autonome viene introdotto il diritto all’indennità giornaliera anche per i periodi antecedenti i 2 mesi prima del parto nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza.

L’indennità per i periodi antecedenti i 2 mesi prima del parto è, pertanto, erogabile in presenza di un accertamento medico della ASL. L’indennità spettante è la stessa calcolata per i periodi di tutela della maternità/paternità a seconda della categoria di appartenenza della lavoratrice autonoma.

Congedo parentale

Novità anche per le norme sul congedo parentale facoltativo: il periodo complessivo richiedibile da parte di entrambe i genitori è sempre il medesimo (sei mesi per la madre e sei per il padre elevabili a sette nel caso ne prenda almeno tre con un massimo per la coppia di 11 mesi); ma viene aumentato da sei a nove il numero di quelli indennizzabili al 30%.

Il congedo può essere fruito fino al dodicesimo anno di vita del figlio (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) ed i genitori lavoratori dipendenti avranno diritto a un’indennità pari al 30% della retribuzione per tre mesi, non trasferibili all’altro genitore.

In aggiunta, può essere utilizzato – in alternativa tra i genitori – un ulteriore periodo di congedo di durata massima pari a tre mesi, indennizzati al 30%.

Nel complesso, il periodo indennizzabile per ogni figlio passa dai sei precedenti ai nove attuali.

Schematizzando, i periodi indennizzabili sono:

  • Alla madre, fino al dodicesimo anno (e non più fino al sesto anno) di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) spetta un periodo indennizzabile di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore;
  • Al padre, fino al dodicesimo anno (e non più fino al sesto anno) di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) spetta un periodo indennizzabile di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore;
  • Entrambi i genitori hanno, altresì, diritto, in alternativa tra loro, a un ulteriore periodo indennizzabile della durata complessiva di 3 mesi, per un periodo massimo complessivo indennizzabile tra i genitori di 9 mesi (e non più 6 mesi).

Non cambiano i i limiti massimi individuali e di entrambi i genitori:

  • La madre può fruire di massimo 6 mesi di congedo parentale per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento;
  • Il padre può fruire di massimo 6 mesi (elevabili a 7 mesi nel caso in cui si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi) per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento;
  • Entrambi i genitori possono fruire complessivamente di massimo 10 mesi di congedo parentale (elevabili a 11 mesi nel caso in cui il padre si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi) per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento.

Il genitore solo

Al genitore solo, sono riconosciuti 11 mesi (e non più 10 mesi) continuativi o frazionati di congedo parentale, di cui 9 mesi (e non più 6 mesi) sono indennizzabili al 30% della retribuzione. Per genitore solo deve intendersi anche il genitore nei confronti del quale sia stato disposto l’affidamento esclusivo del figlio.

Riposi e permessi per handicap grave

Il coniuge convivente, ma anche la parte di un’unione civile e il convivente di fatto, di soggetto con disabilità in situazione di gravità accertata, ha diritto a fruire del congedo, continuativo o frazionato, non superiore a 2 anni nella vita lavorativa, per ogni soggetto portatore di handicap a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del soggetto che presta assistenza, entro 30 giorni dalla richiesta (prima 60).

In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente o della parte di un’unione civile o del convivente di fatto, hanno diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o delle sorelle conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi, ha diritto a fruire del congedo il parente o l’affine entro il terzo grado convivente.

Il diritto al congedo spetta anche nel caso in cui la convivenza sia stata instaurata successivamente alla richiesta di congedo.
Conseguentemente, a fare data dal 13 agosto 2022 è possibile usufruire del congedo secondo il seguente ordine di priorità:

  • il coniuge convivente/la parte dell’unione civile convivente/il convivente di fatto della persona disabile in situazione di gravità;
  • il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente/della parte dell’unione civile convivente/del convivente di fatto;
  • uno dei figli conviventi della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il coniuge convivente/la parte dell’unione civile convivente/il convivente di fatto ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  • uno dei fratelli o sorelle conviventi della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il coniuge convivente/la parte dell’unione civile convivente/il convivente di fatto, entrambi i genitori e i figli conviventi del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  • un parente o affine entro il terzo grado convivente della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il coniuge convivente/la parte dell’unione civile convivente/il convivente di fatto, entrambi i genitori, i figli conviventi e i fratelli o sorelle conviventi siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.

Ai fini del riconoscimento del diritto, la convivenza normativamente prevista potrà essere instaurata anche successivamente alla presentazione della domanda, purché sia garantita per tutta la fruizione del congedo.

Genitori lavoratori iscritti alla Gestione separata
Introdotta la possibilità di fruire del congedo parentale entro il dodicesimo anno (e non più entro il terzo anno) di vita del bambino o dall’ingresso in famiglia/Italia del minore in caso di adozione o affidamento preadottivo.

Ciascun genitore ha diritto a 3 mesi di congedo parentale indennizzato, non trasferibile all’altro genitore.

I genitori hanno, inoltre, diritto a ulteriori 3 mesi indennizzati in alternativa tra loro, per un periodo massimo complessivo indennizzabile tra i genitori di 9 mesi (e non più 6 mesi).
Restano invariate le condizioni richieste dalla legge e dai decreti ministeriali per potere fruire del congedo parentale.

Genitori lavoratori autonomi
La nuova norma introduce il diritto a 3 mesi di congedo parentale per ciascuno dei genitori, da fruire entro l’anno di vita (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) del minore.

Domanda
Nella attesa dell’adeguamento delle procedure telematiche, sarà comunque possibile fruire dei nuovi congedi a partire dal 13 agosto 2022, facendo richiesta al proprio datore di lavoro o al proprio committente.

La fruizione sarà formalizzata successivamente mediante presentazione della domanda telematica all’INPS.

I lavoratori autonomi che fruiscono del congedo parentale possono astenersi dal lavoro, presentando successivamente domanda all’INPS attraverso i consueti canali non appena sarà rilasciata l’apposita domanda telematica.

Il congedo padre e il divieto di licenziamento

La vigente normativa in materia di divieto di licenziamento viene integrata con riferimento al congedo obbligatorio per paternità.
Il divieto di licenziamento sussiste per l’intera durata del congedo (da intendersi quale primo giorno di fruizione) e fino al compimento di un anno di età del bambino.
Le eccezioni a tale divieto di licenziamento sono:
  • colpa grave costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;
  • cessazione, per scadenza del termine, del contratto a tempo determinato o della prestazione per il quale il lavoratore è stato assunto;
  • cessazione totale dell’attività dell’azienda;
  • esito negativo del patto di prova.
Durante il periodo di congedo vige anche il divieto di sospendere il lavoratore, tranne in caso di sospensione dell’attività dell’impresa o del reparto dotato di autonomia funzionale e relativo ricorso agli ammortizzatori sociali.

Ministero del lavoro: prolungamento del periodo di prova anche per congedi e permessi ex L. 104/1992

Il Ministero del lavoro pubblica sul proprio sito un articolo in cui si afferma che il prolungamento del periodo di prova in caso di eventi sopravvenuti (articolo 7, comma 3, del decreto legislativo n. 104/2022) si applica anche nelle ipotesi di assenze diverse da quelle riportate in maniera esemplificativa nella disposizione in esame.

Tale disposizione normativa  incide sulla natura del periodo di prova, per la cui effettività deve essere preso in considerazione esclusivamente il servizio effettivamente prestato.

Ne consegue che, il periodo di prova resta sospeso in caso di assenza per malattia e in tutti gli altri casi di assenza previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva, compresi, quindi, i congedi e i permessi di cui alla legge n. 104 del 1992.

AE: Rimborsi per trasferte fuori dal Comune

Con la risposta a interpello 405/2022, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti con specifico riferimento alle modalità di determinazione dell’indennità che può essere corrisposta al dipendente che utilizzi il proprio mezzo di trasporto per lo svolgimento di trasferte al di fuori del comune in cui è ubicata la sede di lavoro e sulla relativa esenzione d’imposta.

Il caso oggetto di Interpello riguarda un ente territoriale che, in via eccezionale e per far fronte di particolari esigenze di servizio aveva autorizzato i dipendenti all’uso del mezzo di trasporto personale per delle trasferte al di fuori del Comune ove era situata la sede di lavoro ordinaria. A fronte di tale uso, la pubblica amministrazione aveva previsto l’erogazione di un indennizzo pari alla somma che il dipendente avrebbe speso se, per l’espletamento della medesima trasferta, si fosse avvalso dei mezzi di trasporto pubblico.

L’istante chiede all’Agenzia:

  • Una pronuncia sul regime di tassazione applicabile a tale erogazione;
  • Se la stessa possa ritenersi esentabile in base all’articolo 51, comma 5 del Tuir, poiché sostanzialmente equiparabile al rimborso chilometrico determinato sulla base delle apposite tabelle Aci.

L?AE ricorda che per le trasferte fuori dal territorio del Comune è in ogni caso previsto che i rimborsi analitici delle spese di viaggio, anche sotto forma di indennità chilometrica, e di trasporto non concorrono a formare il reddito quando siano effettuati sulla base di idonea documentazione; questo è possibile se l’indennità chilometrica viene determinata dal datore di lavoro sulla base di elementi oggettivamente riscontrabili; elementi che la prassi ricorrente ha individuato nelle tabelle Aci, avuto riguardo alla percorrenza, al tipo di automezzo usato dal dipendente e al costo chilometrico ricostruito secondo il tipo di autovettura.

L’Agenzia sottolinea che le richiamate tabelle rappresentano un parametro di riferimento ai fini della detassazione delle indennità chilometriche, non essendo possibile ipotizzare, accanto alle fattispecie individuate dal legislatore tributario nel comma 5 dell’articolo 51 del Tuir, nuovi diversi sistemi di calcolo degli importi che non concorrono al reddito.

Dopo quanto esposto, un diverso criterio di commisurazione dell’indennizzo riconosciuto ai dipendenti in trasferta – parametrato alle tariffe del trasporto pubblico – risulterà comunque esente qualora lo stesso risulti minore o uguale rispetto all’indennità chilometrica determinata in base alle tabelle Aci.

Il lavoratore assente senza giustificazione può essere validamente licenziato

E’ legittimo il licenziamento per assenza ingiustificata del lavoratore che si assenta dal lavoro senza fornire alcuna giustificazione; questo il contenuto della Sentenza del 27/05/2022 del Tribunale di Udine.

Il Giudice ravvisa, nel comportamento del lavoratore, una manifestazione sintomatica della propria volontà di non proseguire il contratto di lavoro, affermando che “si tratta di atteggiamenti i quali lasciano presumere che l’intento perseguito sia quello di conseguire illegittimamente l’indennità Naspi, riconosciuta nella sola ipotesi di disoccupazione involontaria e che, pertanto, non viene corrisposta laddove la disoccupazione non sia tale”.

 

Esonero contributivo: dallo 0,8% al 2%

Il Decreto Aiuti Bis introduce novità in merito all’esonero contributivo sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore di cui all’art. 1, comma 121, della legge 30 dicembre 2021, n. 234. Infatti, per i mesi da luglio a dicembre 2022 – lo stesso passa (in via eccezionale) dallo 0,8% al 2%.
Possono usufruire del beneficio tutti i lavoratori dipendenti di datori di lavoro, pubblici e privati, a prescindere dalla circostanza che assumano o meno la natura di imprenditore. L’agevolazione trova applicazione, nel periodo temporale fisso e appositamente predeterminato dalla norma, per tutti i rapporti di lavoro dipendente (esclusi quelli di lavoro domestico) nel rispetto del limite della  retribuzione imponibile ai fini previdenziali, di 2.692 euro.

Condizione per l’applicazione della riduzione è che la retribuzione imponibile, anche nelle ipotesi di rapporti di lavoro a tempo parziale, parametrata su base mensile per 13 mensilità, non ecceda l’importo mensile di 2.692 euro, maggiorato, per la competenza del mese di dicembre, del rateo di tredicesima. L’esonero, perciò, si applica sulla retribuzione lorda del lavoratore.

Laddove sia superato tale limite, non spetterà alcuna riduzione della quota a carico del lavoratore e, quindi, se il lavoratore in un singolo mese percepisce una retribuzione di importo superiore a 2.692 euro lordi, per quel mese non avrà diritto al beneficio.

Dato che l’importo mensile di 2.692 euro deve essere maggiorato, per la competenza del mese di dicembre, del rateo di tredicesima, la riduzione sarà riconosciuta, a dicembre 2022, sia sulla retribuzione corrisposta nel mese, laddove inferiore o uguale al limite di 2.692 euro, sia sull’importo della tredicesima, purché inferiore o uguale a 2.692 euro. Se, invece, i ratei di tredicesima sono erogati nei singoli mesi, fermo restando che la retribuzione lorda (imponibile ai fini previdenziali, al netto dei ratei di tredicesima corrisposti nel mese) sia inferiore o uguale a 2.692 euro, la riduzione potrà essere applicata anche sui ratei di tredicesima, purché di importo non superiore a 224 euro (2.692/12). In caso di cessazione del rapporto di lavoro prima di dicembre 2022, la riduzione può essere applicata anche sulle quote di tredicesima corrisposte nel mese di cessazione, se di importo inferiore o uguale a 2.692 euro.

Se i Ccnl prevedono l’erogazione di mensilità ulteriori rispetto alla tredicesima (ad esempio la quattordicesima), nel mese di erogazione di tale mensilità aggiuntiva la riduzione non si applica, perché la norma fa riferimento alla sola mensilità aggiuntiva della tredicesima per la maggiorazione della soglia mensile di reddito di 2.692 euro.

L’agevolazione non è soggetta all’applicazione dei principi generali in materia di incentivi all’occupazione (articolo 31, D.Lgs. 150/2015) e non è subordinata al possesso del Durc.

Compatibilità con la normativa in materia di aiuti di Stato

L’esonero non è soggetto alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato e, quindi, all’autorizzazione della Commissione Europea, al rispetto delle condizioni previste dal c.d. Temporary Framework e alla registrazione nel Registro nazionale degli aiuti di Stato.

Coordinamento con altri incentivi

L’esonero è cumulabile, per i periodi di paga dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022 e nei limiti della contribuzione dovuta, con gli esoneri contributivi previsti a legislazione vigente.

Per l’effettiva applicazione dell’incremento dell’esonero, si resta in attesa delle istruzioni Inps, sia per le quote ordinarie che per le quote relative ai mesi pregressi.

Il Decreto “Aiuti bis”

Il Decreto c.d. Aiuti Bis (recante “Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali”) è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 9 agosto scorso. In continuità con il Decreto Aiuti, implementa una serie di misure in materia di energia, politiche sociali e industriali per contrastare di effetti economici della crisi internazionale.

Di seguito, le principali aree di intervento in materia di lavoro.

Estensione ad ulteriori categorie di lavoratori dell’indennità una tantum prevista dagli articoli 31 e 32 del Decreto Aiuti

  • l’indennità una tantum di 200 euro per i lavoratori dipendenti (introdotta dall’art. 31 del Decreto Aiuti), viene riconosciuta anche ai lavoratori con rapporto di lavoro in essere nel mese di luglio 2022 e che fino alla data di entrata in vigore del Decreto Aiuti non hanno beneficiato dell’esonero sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti di cui alla Legge di Bilancio 2022, poiché interessati da eventi con copertura di contribuzione figurativa integrale dall’INPS;
  • l’indennità prevista dall’art. 32, comma 1, del Decreto Aiuti è estesa in favore dei soggetti beneficiari di trattamenti pensionistici a carico di qualsiasi forma previdenziale obbligatoria, di pensione o assegno sociale, di pensione o assegno per invalidi civili, ciechi e sordomuti, nonché di trattamenti di accompagnamento alla pensione con decorrenza entro il 1° luglio 2022 (anziché entro il 30 giugno 2022);
  • inoltre, l’indennità di 200 euro di cui all’art. 32, comma 12, del Decreto Aiuti è riconosciuta anche in favore dei collaboratori sportivi.

Rifinanziamento del Fondo per il sostegno del potere d’acquisto dei lavoratori autonomi

Il provvedimento incrementa le risorse del Fondo istituito in favore dei lavoratori autonomi nello stato di previsione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dal Decreto Aiuti (art. 33), portando la dotazione finanziaria a 600 milioni di euro per il 2022.

Esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti

Per i periodi di paga dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022, compresa la tredicesima o i relativi ratei erogati nei predetti periodi di paga, l’esonero sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico dei lavoratori dipendenti con esclusione dei rapporti di lavoro domestico, è incrementato di 1,2 punti percentuali. In considerazione dell’eccezionalità della misura, resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

Anticipo della rivalutazione delle pensioni all’ultimo trimestre 2022 

Per contrastare gli effetti negativi dell’inflazione per il 2022 e di sostenere il potere di acquisto delle prestazioni pensionistiche, in via eccezionale, si prevede l’anticipazione al 1° novembre 2022 del conguaglio per il calcolo della perequazione delle pensioni per l’anno 2021.

Inoltre, nelle more dell’applicazione della percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l’anno 2022 con decorrenza 1° gennaio 2023, con riferimento al trattamento pensionistico lordo complessivo in pagamento per ciascuna delle mensilità di ottobre, novembre e dicembre 2022, inclusa la tredicesima mensilità, è riconosciuto in via transitoria un incremento, limitatamente a tali mensilità, di 2 punti percentuali.

Infine, il provvedimento prevede anche proroghe dei crediti di imposta alle imprese per l’acquisto di gas ed energia, ulteriori misure in materia di agevolazioni alle imprese e di investimenti in aree di interesse strategico oltre che il rifinanziamento dei contratti di sviluppo industriale.

Welfare aziendale: nuovi limiti per il 2022

Il decreto legge Aiuti-bis prevede un aumento dell’esenzione annua per i fringe benefit assegnati ai dipendenti, che passa da 258,23 a 600,00 euro.

Per la prima volta, vengono incluse in tale limite le spese sostenute dai lavoratori per il pagamento delle utenze domestiche. In questo caso il datore dovrà acquisire e conservare idonea documentazione che attesti che le somme erogate o rimborsate siano state impiegate per lo scopo prefissato.

L’esenzione riguarda i «lavoratori dipendenti» e si applica anche quando i fringe benefit vengono attribuiti tramite voucher. Tuttavia, nel caso specifico dell’anticipo o del rimborso delle spese per le utenze domestiche, non si dovrebbe ricorrere ai voucher, poiché gli stessi costituiscono una modalità di erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi e non anche di somme di denaro.

Resta separato il tetto previsto per i buoni benzina, fissato nell’importo di 200 euro.

Nuovi obblighi per il contratto di lavoro: in GU il decreto “Semplificazioni”

E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 29 luglio ed entrerà in vigore il prossimo 13 agosto il Decreto Semplificazioni, che introduce nuovi obblighi riguardanti le indicazioni contenute nel contratto di lavoro e le informazioni da rendere al personale in caso di utilizzo di strumenti per la gestione automatizzata.

Per quanto riguarda i nuovo obblighi contrattuali, rimandiamo al precedente articolo https://news.studionicco.it/wordpress/contratto-di-lavoro-nuovi-obblighi-informativi/. Con la pubblicazione in GU dell’ultimo minuto non sono state recepite le modifiche attese.

Con riferimento ai sistemi automatizzati si tratta di quelli decisionali o di monitoraggio automatizzati che forniscono indicazioni rilevanti per i diversi momenti del rapporto di lavoro (assunzione, gestione, cessazione, …) e di quelli che hanno riverbero sulla sorveglianza, valutazione e prestazioni.

I nuovo obblighi introdotti dal Decreto per i datori di lavoro che utilizzano gli strumenti in questione riguardano le modalità informative e obblighi che hanno impatto su adempimenti che vengono già messi in atto per il rispetto della vigente normativa sulla privacy.

Nello specifico, il datore di lavoro è tenuto a verificare in maniera analitica i sistemi automatizzati in uso in azienda, con l’obiettivo di descriverne caratteristiche come la logica e il funzionamento, i dati e i parametri di programmazione, gli impatti potenzialmente discriminatori, ecc.

Dopo aver eseguito questo controllo, le informazioni desunte dovranno essere rese consultabili, riportandole in un formato strutturato e di uso comune, consultabile anche dai dispositivi automatici. Le informazioni dovranno essere condivise anche con soggetti terzi (rappresentanze sindacali aziendali e, su richiesta, il ministero del Lavoro e l’Ispettorato nazionale del lavoro).

Se il lavoratore ne fa richiesta, la stessa deve essere riscontrata per iscritto entro 30 giorni dal ricevimento e – in caso di modifiche rilevanti apportate ai sistemi di cui sopra – i lavoratori devono essere informati per iscritto almeno 24 ore prima.

Temperature elevate: in caso di sospensione o riduzione del lavoro si può ricorrere alla Cigo

Il Comunicato stampa emesso dall’Inps il 26 luglio scorso ricorda che è possibile fare ricorso alla Cigo quando le temperature superano i 35°C.

Tuttavia, lo strumento è utilizzabile anche quando i valori della temperatura sono inferiori, facendo riferimento alla c.d. temperatura “percepita”, tenendo conto della specifica tipologia di lavorazioni eseguite in quel momento (ad esempio: lavori di stesura del manto stradale, lavori di rifacimento di facciate e tetti di costruzioni, lavorazioni all’aperto che richiedono indumenti di protezione, ma anche tutte le fasi lavorative che, in generale, avvengono in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l’utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore).

Inoltre, l’Inps ricorda che – a prescindere dalle temperature rilevate nei bollettini – la Cigo viene riconosciuta in tutti i casi in cui il responsabile della sicurezza dell’azienda disponga la sospensione delle lavorazioni in quanto ritiene sussistano rischi o pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i casi in cui le sospensioni siano dovute a temperature eccessive.

Anche l’INL si pronuncia in tema di tutela dei lavoratori in caso di temperature elevate:

  • La Nota 4753/2022 fornisce ulteriori indicazioni operative per un’attività di prevenzione dei rischi da stress termico causato dalle ondate di calore che risulti più incisiva. Nello specifico, se durante l’attività ispettiva viene rilevata la mancanza della valutazione del rischio specifico o delle misure di prevenzione da porre necessariamente in atto, si deve procedere sia ad emettere il verbale di prescrizione per assenza della valutazione del rischio “microclima” ovvero per mancata indicazione delle misure di prevenzione e protezione, sia ad impartire un ordine di Polizia Giudiziaria, che comporta la sospensione immediata dei lavori o, nei confronti dei lavoratori interessati, delle attività lavorative prive di una valutazione del rischio specifico.
    I lavori potranno, in tale caso, riprendere solo una volta che il datore di lavoro abbia adottato tutte le misure necessarie atte ad evitare/ridurre il rischio, in adempimento del verbale di prescrizione. Diversamente, se il datore di lavoro non attua le misure di prevenzione e protezione contenute nel documento di valutazione dei rischi, sarà emesso un verbale di prescrizione nei confronti del preposto  per non aver vigilato sull’ osservanza delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Anche nei cantieri temporanei o mobili, il Coordinatore per la progettazione, se previsto dal PSC, dovrà considerare anche il rischio “microclima”, adottando idonee misure di prevenzione e protezione. L’Istituto segnala, infine, gli strumenti preventivi finalizzati al vaglio dei rischi professionali ad uso dei lavoratori, datori di lavoro e degli addetti alla salute e sicurezza aziendali, consultabili al sito https://www.worklimate.it.
  • Il Comunicato stampa del 25 luglio 2022 raccomanda l’adozione di misure, da parte dei datori di lavoro, che riducano al minimo il rischio di infortuni e malori. Nello specifico, qualora non vengano prese misure di tutela idonee, le temperature elevate possono essere causa di malori, nonché ridurre la capacità di attenzione del lavoratore e, quindi, aumentare il rischio di infortuni.
  • La precedente Nota n. 3783/2022, riguardante la tutela dei lavoratori sul rischio legato ai danni da calore invita i propri uffici e organi ispettivi a dedicare particolare attenzione alla prevenzione dei rischi sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori determinati dall’aumento di intensità e durata delle ondate di calore.

Cassazione: illegittimo il licenziamento per assenza ingiustificata se il Ccnl prevede diversamente

Non integra giusta causa di licenziamento l’assenza ingiustificata o arbitraria dal servizio, allorquando il fatto rientri tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni della contrattazione collettiva.

E’ quanto disposto dalla Sentenza n. 13065/2022 della Corte di Cassazione che – uniformandosi alle pronunce di primo grado e della Corte di Appello – riconosce l’insussistenza della giusta causa di licenziamento perché il fatto rientrava tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni della contrattazione collettiva.

Nel caso in esame, alla dipendente era stato contestato il fatto di trovarsi – durante la fruizione di un giorno di permesso ex lege n. 104/1992 – in un luogo diverso rispetto a quello in cui si trovava la madre disabile, violando i princìpi di correttezza e buona fede nonché gli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà e causando, altresì, con l’ assenza dal servizio, disagi e disservizi nell’organizzazione del lavoro.

Secondo i Giudici della Suprema Corte sono condivisibili le conclusioni dei giudici del primo e del secondo grado, secondo cui la contestazione della società era da intendersi quale contestazione di assenza ingiustificata per un giorno e non come comportamento fraudolento e preordinato all’abuso della fruizione del permesso ex lege n. 104/92. Pertanto, è corretta l’applicazione della tutela reintegratoria in favore della lavoratrice.

La Corte ribadisce il principio secondo cui – in tema di licenziamento disciplinare – nel processo di scelta circa la tutela applicabile, è consentita al Giudice la riconduzione della condotta addebitata al lavoratore ed in concreto accertata giudizialmente nella previsione contrattuale che punisca l’illecito con sanzione conservativa anche laddove sia espressa attraverso clausole generali o elastiche, confermando l’operato del Giudice di merito e respingendo – conseguentemente – il ricorso proposto dal datore di lavoro.