Consegna della busta paga in modalità telematica: il datore di lavoro deve approntare una postazione ad hoc per la consultazione

Il datore di lavoro può consegnare le buste paga anche in modalità online (via email o tramite sito web aziendale) e mettere a disposizione del lavoratore degli strumenti tecnici per raggiungere un risultato equivalente alla consegna del documento cartaceo.
Non rientra tra i compiti del giudice appurare quale sia il preferibile tra gli strumenti sostitutivi della consegna cartacea.

E’ questo il contenuto della Sentenza 140/2022 della Corte d’Appello di Milano in merito all’obbligo posto a carico del datore di lavoro di consegnare la busta paga ai dipendenti.

In prima istanza, il giudice del lavoro aveva accolto la domanda delle ricorrenti condannando il datore di lavoro alla consegnare le buste paga richieste, in formato cartaceo, nonché a predisporre un’idonea postazione informatica provvista di terminale pc e stampante, presso il luogo di lavoro.

Il ricorso in appello vede la conferma di quanto disposto dalla sentenza di primo grado, non riscontrandosi idonea postazione sul luogo di lavoro, per provvedere all’acquisizione del documento.

Tuttavia, viene riformato il dispositivo della Sentenza: se da un lato è corretto intimare il datore di lavoro alla consegna della busta paga, dall’altro, non rientra tra i compiti del Giudice pronunciarsi su quale sia il più opportuno strumento sostitutivo della consegna cartacea, trattandosi di una valutazione non giuridica.

Agevolazioni all’assunzione per l’anno 2023

La legge di Bilancio proroga per l’anno 2023 l’efficacia di due benefici contributivi:
1) quello previsto per le assunzioni a tempo indeterminato di giovani under 36;
2) quello previsto per assumono personale femminile che si trova in determinate condizioni di svantaggio.
Per poter usufruire in maniera operativa dell’agevolazione, tuttavia, è necessario attendere l’autorizzazione della Commissione Europea.
Analizziamo di seguito i due benefici.
ASSUNZIONE DI GIOVANI UNDER 36

Datori di lavoro destinatari 

Possono usufruire dell’agevolazione tutti i datori di lavoro privati (imprenditori e non imprenditori) e i datori di lavoro agricoli.
Sono, invece, esclusi i datori domestici (per la particolarità del rapporto), le imprese del settore finanziario (banche, assicurazioni, ecc.) e le Pubbliche Amministrazioni individuate principalmente nell’elencazione dell’art. 1, comma 2, del D.L.vo n. 165/2001.

Tipologie contrattuali

L’assunzione deve avvenire con contratto a tempo indeterminato, anche a tempo parziale, e deve riguardare un lavoratore o una lavoratrice che non abbiano compiuto i 36 anni (da intendersi come 35 anni e 364 giorni) e che nella loro carriera lavorativa non abbiano mai avuto un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Eccezioni:
  • Contratto di apprendistato: i periodi di apprendistato non giunti al termine del periodo formativo non sono ostativi al riconoscimento della agevolazione;
  • Contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato: si considera come contratto non dotato della caratteristica di stabilità, poiché la prestazione è di natura prettamente saltuaria ed episodica;
  • Contratto di lavoro domestico a tempo indeterminato: essendo il lavoro domestico escluso dalla fruizione dell’agevolazione, non dovrebbe rilevare come ostativo al riconoscimento del beneficio.

Misura dell’agevolazione

La misura dell’agevolazione è pari ad 8.000 euro su base annua e ha una durata  per 36 mesi (estesi a 48 per i datori di lavoro che assumono in unità produttive ubicate in Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna).
L’esonero riguarda il versamento dei contributi previdenziali, con esclusione dei premi e dei contributi INAIL e ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, pari al 100% della quota a carico del datore di lavoro per un massimo di 8.000 euro l’anno.
Ne consegue che, la quota massima di esenzione è pari a 666,66, mentre quella giornaliera non dovrebbe superare i 21,50 euro.
Oltre ai premi ed ai contributi INAIL, il datore di lavoro è tenuto a versare (se dovuta) la contribuzione minore:
  • il contributo, al Fondo per l’erogazione ai lavoratori del settore privato dei trattamenti di fine rapporto ex art. 2120 c.c. (art. 1, comma 755 della legge n. 296/2006);
  • il contributo, ai fondi bilaterali, al FIS ed ai Fondi delle Province Autonome di Trento e Bolzano, previsti dal D.L.vo n. 148/2015;
  • il contributo dello 0,30% in favore dei Fondi interprofessionali per la Formazione continua ex art. 118 della legge n. 388/2000;
  • il contributo, ove dovuto, per il Fondo del settore del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali;
  • le contribuzioni non previdenziali concepite per apportare elementi di solidarietà alle gestioni previdenziali di riferimento;
  • il contributo di solidarietà sui versamenti destinati alla previdenza complementare e/o ai fondi di assistenza sanitaria ex D.L. n. 103/1991;
  • il contributo di solidarietà per i lavoratori dello spettacolo ex art. 1, commi 8 e 14, del D.L.vo n. 182/1997;
  • il contributo di solidarietà per gli sportivi professionisti ex art. 1, commi 3 e 4, del D.L.vo n. 166/1997.
Obblighi da rispettare
Il beneficio spetta se:
  1. il datore di lavoro è in regola con il DURC che, a partire dal 1° gennaio 2022, per effetto dell’art. 40-bis del D.L.vo n. 148/2015, comprende anche, per le imprese che vi rientrano, il versamento dovuto per gli ammortizzatori sociali ai Fondi bilaterali previsti dagli articoli 26, 27 e 40;
  2. il datore di lavoro non ha violazioni di norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro (che sono quelle richiamate già nell’allegato al primo D.M. che ha disciplinato il DURC) e rispetta gli altri obblighi di legge;
  3. il datore di lavoro applica gli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché quelli territoriali o aziendali, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Il beneficio non spetta se:
  1. l’assunzione viola un diritto di precedenza previsto dalla legge o dal contratto collettivo (si pensi, ad esempio, al diritto di precedenza esternato per iscritto ex art. 24 del D.L.vo n. 81/2015 da un lavoratore con precedente contratto a tempo determinato, o a un lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo nei sei mesi precedenti secondo la previsione dell’art. 15, comma 6, della legge n. 264/1949, o ad un lavoratore non transitato a seguito di cessione di azienda presso il nuovo datore, il quale per dodici mesi è titolare di tale diritto, come ricorda l’art. 47, comma 6, della legge n. 428/1990;
  2. presso il datore di lavoro o l’utilizzatore con contatto di somministrazione siano in atto sospensioni per crisi o riorganizzazione aziendale a meno che l’assunzione programmata non sia per un livello completamente diverso da quello dei lavoratori in integrazione salariale straordinaria o sia destinato a prestare attività in una unità produttiva diversa da quella interessata alla sospensione.
Altre disposizioni da rispettare:
  • Il datore di lavoro non deve aver proceduto nei sei mesi antecedenti l’assunzione a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o collettivi a seguito di procedura di riduzione di personale ex lege n. 223/1991 di lavoratori inquadrati con la medesima qualifica nella stessa unità produttiva;
  • Il datore di lavoro non deve aver proceduto nei nove mesi successivi l’assunzione a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o a licenziamenti collettivi ai sensi della legge n. 223/1991 di lavoratori inquadrati con la stessa qualifica nella medesima unità produttiva. Ricorrendo tale ipotesi l’Istituto è abilitato dalla norma a revocare il beneficio e a richiedere indietro quello fruito per i mesi trascorsi.

ASSUNZIONE DI DONNE IN PARTICOLARI CONDIZIONI DI SVANTAGGIO

Datori di lavoro beneficiari

I destinatari del beneficio sono:
  • Tutti i datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, anche quelli del settore agricolo;
  • Gli Enti pubblici economici, gli IACP trasformati in Enti pubblici economici da leggi regionali, gli Enti privatizzati trasformati in società di capitali, pur se interamente pubbliche, le ex IPAB, le aziende speciali costituite anche in consorzio ex articoli 31 e 114 del D.L.vo n. 267/2000, i consorzi di bonifica, i consorzi industriali, gli Enti morali e quelli ecclesiastici.

Il requisito donne “svantaggiate”

Le lavoratrici per le quali si può usufruire del beneficio sono quelle definite come svantaggiate dalla legge n. 92/2012:

  • donne con almeno 50 anni di età, disoccupate da oltre 12 mesi;
  • donne di qualsiasi età, residenti in Regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambiti dei Fondi strutturali dell’Unione Europea privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi;
  • donne di qualsiasi età che svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi. Ogni anno i settori sono definiti da un Decreto Ministro del Lavoro di concerto con quello dell’Economia: l’ultimo è il n. 327 del 16 novembre 2022;
  • donne di qualsiasi età, ovunque residenti, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi. In questo caso va verificato se nei 2 anni antecedenti l’assunzione la lavoratrice non abbia svolto un’attività di lavoro subordinato legata ad un contratto di almeno 6 mesi o un’attività di collaborazione coordinata e continuativa la cui remunerazione annua sia superiore a 8.145 euro o un’attività di lavoro autonomo tale da produrre un reddito annuo superiore a 4.800 euro (v. circolare INPS n. 32/2021).
Rapporti di lavoro interessati:
  • contratto a tempo determinato, con l’incentivo che si fruisce per un massimo di 12 mesi;
  • il contratto a tempo indeterminato, con l’incentivo che si fruisce per un massimo di 18 mesi;
  • il contratto a tempo indeterminato a seguito di trasformazione di un contratto già agevolato: in questo caso la durata complessiva de beneficio è per 18 mesi.
Il beneficio non è fruibile in caso di assunzione con contratto di lavoro intermittente, anche se a tempo indeterminato, perché non possiede il requisito della stabilità nel lavoro, essendo le prestazioni saltuarie ed episodiche.

Importo dell’agevolazione

L’agevolazione può essere utilizzata fino ad un importo massimo di 8.000 euro annui sulla quota a carico del datore di lavoro, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
In questo caso, sono compresi anche i contributi ed i premi assicurativi INAIL (cfr. Ministero del Lavoro: circolare n. 34/2013 e INAIL: circolare n. 28/2004).
Il datore di lavoro è tenuto a versare (se dovuta) la contribuzione minore:
  • il contributo, al Fondo per l’erogazione ai lavoratori del settore privato dei trattamenti di fine rapporto ex art. 2120 c.c. (art. 1, comma 755 della legge n. 296/2006);
  • il contributo, ai fondi bilaterali, al FIS ed ai Fondi delle Province Autonome di Trento e Bolzano, previsti dal D.L.vo n. 148/2015;
  • il contributo dello 0,30% in favore dei Fondi interprofessionali per la Formazione continua ex art. 118 della legge n. 388/2000;
  • il contributo, ove dovuto, per il Fondo del settore del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali;
  • le contribuzioni non previdenziali concepite per apportare elementi di solidarietà alle gestioni previdenziali di riferimento;
  • il contributo di solidarietà sui versamenti destinati alla previdenza complementare e/o ai fondi di assistenza sanitaria ex D.L. n. 103/1991;
  • il contributo di solidarietà per i lavoratori dello spettacolo ex art. 1, commi 8 e 14, del D.L.vo n. 182/1997;
  • il contributo di solidarietà per gli sportivi professionisti ex art. 1, commi 3 e 4, del D.L.vo n. 166/1997.

Condizioni e obblighi per la fruizione del beneficio

La fruizione del beneficio è subordinata al rispetto delle seguenti condizioni di carattere generale:

  • il datore di lavoro deve essere in regola con il DURC che, a partire dal 1° gennaio 2022, per effetto dell’art. 40-bis del D.Lvo n. 148/2015, comprende anche, per le imprese che vi rientrano, il versamento dovuto per gli ammortizzatori sociali ai Fondi bilaterali previsti dagli articoli 26, 27 e 40;
  • il datore di lavoro non deve aver violato norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro (che sono quelle richiamate già nell’allegato al primo D.M. che ha disciplinato il DURC) e deve rispettare gli altri obblighi di legge;
  • il datore di lavoro è tenuto ad applicare gli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché quelli territoriali o aziendali, sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
In aggiunta, il beneficio non spetta se:
  • l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva: tale disposizione vale anche nel caso in cui la lavoratrice avente diritto all’assunzione venga utilizzata attraverso un contratto di somministrazione;
  • l’assunzione viola un diritto di precedenza previsto dalla legge o dal contratto collettivo (si pensi, ad esempio, al diritto di precedenza esternato per iscritto ex art. 24 del D.L.vo n. 81/2015 da una lavoratrice o un lavoratore con precedente contratto a tempo determinato, o a un lavoratore (o lavoratrice) licenziato per giustificato motivo oggettivo nei sei mesi precedenti secondo la previsione dell’art. 15, comma 6, della legge n. 264/1949, o ad un dipendente non transitato a seguito di cessione di azienda presso il nuovo datore, il quale per dodici mesi è titolare di tale diritto, come ricorda l’art. 47, comma 6, della legge n. 428/1990;
  • presso il datore di lavoro o l’utilizzatore con contatto di somministrazione siano in atto sospensioni per crisi o riorganizzazione aziendale a meno che l’assunzione programmata non sia per un livello completamente diverso da quello dei lavoratori in integrazione salariale straordinaria o sia destinato a prestare attività in una unità produttiva diversa da quella interessata alla sospensione;
  • la lavoratrice neo assunta risulti essere stata licenziata nei 6 mesi antecedenti da un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presentava assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro assumente, o risultava con quest’ultimo in rapporto di collegamento o controllo.
Ulteriore requisito aggiuntivo: l’incremento occupazionale
Per poter usufruire del beneficio, l’assunzione deve comportare un incremento occupazionale netto rispetto alla media dei 12 mesi precedenti.
In base alle indicazioni fornite sia dall’art. 2, punto 32, del Regolamento UE n. 651/2014, che dalla Corte di Giustizia Europea con la sentenza n, C-415/07 del 2009,  la valutazione dell’incremento discende confrontando “il numero medio di Unità di Lavoro Annuo (U.L.A.) dell’anno precedente all’assunzione con il numero medio di U.L.A. dell’anno successivo all’assunzione”.
Nella valutazione dell’incremento occorre inserire anche i lavoratori dipendenti con contratto a tempo determinato, intermittente o a tempo parziale che vanno computati alla luce, rispettivamente, degli articoli 27, 18 e 9 del D.L.vo n. 81/2014.
In merito, la circolare n. 34/2014 il Ministero del Lavoro chiarisce che il datore di lavoro deve verificare la forza effettivamente presente nei 12 mesi successivi: pertanto, il beneficio non viene riconosciuto per i mesi in cui tale incremento non si è realizzato.
L’agevolazione è da considerarsi riconosciuta anche nel caso in cui l’incremento non si realizza perché nel periodo sotto osservazione si sono resi vacanti posti di lavoro per:
a) dimissioni volontarie;
b) invalidità;
c) pensionamento per raggiunti limiti di età;
d) riduzione volontaria dell’orario di lavoro;
e) licenziamento per giusta causa.

Trattamenti di integrazione salariale e sanzioni per mancato obbligo formativo: ecco il decreto ministeriale

Sulla GU n. 253 del 28/10/2022 è stato pubblicato il Decreto 2 agosto 2022 emanato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali contenente i criteri e le modalità per l’accertamento sanzionatorio di mancata attuazione dell’obbligo formativo da parte del lavoratore in costanza delle integrazioni salariali straordinarie.

Il documento afferma che in caso di mancata partecipazione, senza giustificato motivo fornito dal lavoratore, alle iniziative di formazione e di riqualificazione, sono irrogate le seguenti sanzioni:

  • In caso di mancata partecipazione, nella misura compresa tra il 25 % ed il 50% delle ore complessive previste per ognuno dei corsi proposti, la sanzione corrisponde alla decurtazione di un terzo delle mensilità del trattamento di integrazione salariale straordinario, ferma restando la sanzione minima che prevede la decurtazione di una mensilità di trattamento di integrazione salariale;
  • In caso di mancata partecipazione, nella misura compresa tra il 50 % e l’80% delle ore complessive previste per ognuno dei corsi proposti, la sanzione corrisponde alla decurtazione della metà delle mensilità del trattamento di integrazione salariale straordinario, ferma restando la sanzione minima individuata che prevede la decurtazione di una mensilità di trattamento di integrazione salariale;
  • In caso di mancata partecipazione, in misura superiore all’80% delle ore complessive previste per ognuno dei corsi proposti, la sanzione corrisponde alla decadenza dal trattamento di integrazione salariale.

Il giustificato motivo di mancata partecipazione alle iniziative di formazione e di riqualificazione ricorre nei seguenti casi:

a) documentato stato di malattia o di infortunio;

b) servizio civile o di leva o richiamo alle armi;

c) stato di gravidanza, per i periodi di astensione previsti dalla legge;

d) citazioni in tribunale, a qualsiasi titolo, dietro esibizione dell’ordine di comparire da parte del magistrato;

e) gravi motivi familiari documentati e/o certificati;

f) casi di limitazione legale della mobilità personale;

g) ogni altro comprovato impedimento oggettivo e/o causa di forza maggiore, cioè ogni fatto o circostanza che impedisca al soggetto di partecipare alle iniziative di formazione e/o riqualificazione, senza possibilità di alcuna valutazione di carattere soggettivo o discrezionale da parte di quest’ultimo.

Cassazione: se il licenziamento per superamento del comporto è nullo, il lavoratore va reintegrato

Al verificarsi di un licenziamento, per il quale il giudice di merito accerti il mancato superamento del periodo di comporto (ex art. 2110, comma 2, c.c.) è necessario procedere alla reintegra nel posto di lavoro.

E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 27334 del 16 settembre 2022.

Tale reintegra è dovuta a prescindere dal numero dei dipendenti in forza presso l’azienda; questo perché ci si trova in presenza di un recesso adottato in violazione di una norma di legge, per il quale la pena datoriale non può consistere in un mero risarcimento.

Videosorveglianza: il controllo è sempre a carico del datore di lavoro

La nota Inl n. 7482/2022 invita le proprie sedi a uniformarsi alla sentenza del TAR Lazio n. 15644/2022 in materia di impianti audiovisivi.

Nello specifico, la sentenza respinge il ricorso giudiziale presentato avverso il provvedimento di rigetto di un’istanza volta a ottenere l’installazione di impianti audiovisivi ai sensi dell’articolo 4, L. 300/1970.

Tale istanza era stata presentata da una società che svolge attività di trasporto per conto terzi, che – in adempimento di obblighi assunti contrattualmente con il committente – risultava onerata dell’installazione, sui propri automezzi, di un impianto di videoregistrazione le cui immagini registrate rientravano, tuttavia, nella disponibilità esclusiva dell’appaltante.

I Giudici, oltre a censurare tale dissociazione tra istante e titolare del trattamento dei dati, evidenzia l’assenza di una base giustificativa del trattamento dei dati ribadendo che il controllo fine a se stesso, eventualmente diretto ad accertare inadempimenti del lavoratore che attengano alla effettuazione della prestazione, continua a essere vietato.

Gli obblighi retributivi del datore cedente in caso di cessione illegittima di ramo di azienda

Se la cessione di un ramo di azienda viene dichiarata inefficace, il lavoratore illegittimamente ceduto ha diritto al ripristino de iure e de facto del rapporto di lavoro con il datore di lavoro cedente e al pagamento, da parte di quest’ultimo, delle retribuzioni nelle more maturate e non pagate a fronte della messa a disposizione delle energie lavorative da parte del lavoratore.

E’ il contenuto dell’Ordinanza n. 32378 del 03 novembre 2022 emessa dalla Corte di Cassazione.

Nello specifico, il caso riguarda una società napoletana cui è stata rigettata dalla Corte di appello di Napoli l’opposizione al decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di una retribuzione non erogata ad una lavoratrice che aveva ottenuto una sentenza con la quale era stata accertata la nullità della cessione di ramo di azienda dalla predetta società, con diritto al ripristino del rapporto con la cedente ed alle retribuzioni maturate e non erogate.

Il Giudice ritiene che quanto percepito dalla lavoratrice in CIGS dalla società cessionaria non fosse scomputabile da quanto dovutole a titolo di retribuzioni omesse da parte della cedente.

Anche la Suprema Corte, confermando la sentenza della Corte territoriale, rigetta il ricorso proposto dalla società cedente.

La decisione poggia sul presupposto che le retribuzioni percepite dal lavoratore durante la illecita cessione dallo pseudo cessionario non possono essere detratte da quanto dovuto dal cedente, dato che i rapporti di lavoro instaurati per effetto della illecita cessione sono due e devono essere considerati distinti tra loro.

La continuità di un rapporto di lavoro che resta unico ed immutato, nei suoi elementi oggettivi, si configura solo in presenza di un legittimo trasferimento d’azienda e nella misura in cui ricorrano i presupposti di cui all’art. 2112 c.c. che consente la sostituzione del contraente senza il consenso del ceduto.

Nel caso oggetto di esame, l’unicità del rapporto perché il trasferimento è stato dichiarato invalido, nonostante l’instaurazione di un diverso e nuovo rapporto di lavoro con il soggetto alle cui dipendenze il lavoratore prosegua, di fatto, a lavorare.

Pertanto, se il datore di lavoro ha operato un trasferimento di ramo d’azienda dichiarato illegittimo ed abbia rifiutato il ripristino del rapporto senza una giustificazione, le somme percepite nel medesimo periodo (anche a titolo di retribuzione) per l’attività prestata nei confronti del datore di lavoro cessionario (fittizio) non possono essere scomputate da quelle dovute dal datore cedente.

Ciò accade perché permane in capo al lavoratore il diritto di ricevere le somme ad esso spettanti da parte del datore cedente, a titolo di retribuzione e non di risarcimento; pertanto, non trova applicazione il principio della compensatio lucri cum damno, su cui poggia le basi la detraibilità dell’aliunde perceptum dal risarcimento.

In aggiunta, si ricorda che le somme percepite dal lavoratore in relazione alla CIGS, all’indennità di mobilità e a titolo di trattamento pensionistico hanno natura previdenziale.
Poiché ai fini dell’ aliunde perceptum, rilevano solo i redditi conseguiti attraverso l’impiego della medesima capacità lavorativa, tali proventi (che derivano da prestazioni previdenziali che discendono dal verificarsi dei requisiti a tal fine stabiliti dalla legge) non possono considerarsi definitivamente acquisiti al patrimonio del lavoratore, essendo ripetibili dall’ente previdenziale nel caso in cui vengano a cadere i presupposti per la sua erogazione.

Nomina Rspp: la risposta della Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza

Il Dipartimento Autonomie Locali e Polizie Locali (DICCAP) e il Sindacato Unitario Lavoratori Polizia Locale (SULPL) hanno formulato istanza di interpello per conoscere il parere in merito al seguente quesito: “un datore di lavoro può nominare più di un responsabile del servizio prevenzione e protezione?”

Per fornire una risposta al quesito posto, la Commissione parte dall’analisi della normativa vigente in materia; nello specifico, dalla previsione del D.Lgs. n. 81/2008 che, all’art. 2, comma 1, lett. f), definisce  il “responsabile del servizio di prevenzione e protezione” come “persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi”. Quest’ultimo, a sua volta, viene definito come “insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori”.

Da qui si evince che la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi rientra tra gli obblighi del datore di lavoro non delegabili.

Con riferimento al servizio di prevenzione e protezione dai rischi, la norma prevede che, nei casi di aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione.

I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l’istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile (art. 31, comma 8, del decreto sopra citato).

Il legislatore, dunque, si riferisce al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi sempre utilizzando il singolare.

In conseguenza di ciò, la Commissione ritiene che sia possibile designare – per ciascuna azienda o unità produttiva – un solo responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi e che il Servizio di prevenzione e protezione si intenda costituito quando sono stati nominati il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (RSPP) e gli eventuali addetti (ASPP).

Termini per la comunicazione smart working: nuova Faq ministeriale

Nella pagina dell’Urponline del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è stata pubblicata la FAQ che contiene i termini entro i quali inviare la comunicazione di smart working.

Nello specifico, i datori di lavoro privati sono tenuti ad inviare la comunicazione di inizio periodo della prestazione in modalità agile o di proroga entro 5 giorni successivi, rispettivamente, dall’inizio della prestazione in modalità agile o dall’ultimo giorno comunicato prima dell’estensione del periodo.

Per i datori di lavoro pubblici e le agenzie di somministrazione, invece, la comunicazione  deve essere inviata entro il giorno 20 del mese successivo all’inizio della prestazione di lavoro in smart working o nel caso di proroga, dell’ultimo giorno del periodo comunicato prima dell’estensione del periodo.

Legge di Bilancio 2023: opzione sui contributi per chi raggiunge i requisiti pensionistici ma vuole restare a lavorare

La Legge di bilancio 2023 prevede un incentivo per la prosecuzione del lavoro per coloro che, entro il 31 dicembre 2023, abbiano raggiunto o raggiungano i requisiti per il trattamento “Quota 103”.

Nello specifico, se il dipendente non vuole interrompere l’attività lavorativa, può richiedere al datore di lavoro il versamento a proprio favore dell’importo corrispondente alla quota di contribuzione alla gestione pensionistica a carico del lavoratore stesso, con conseguente esclusione del versamento della quota contributiva e del relativo accredito.

Per il lavoratore viene, così, a cessare ogni obbligo di versamento contributivo da parte del datore di lavoro relativo all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, a  decorrere  dalla prima scadenza utile per il pensionamento prevista  dalla  normativa vigente  e  successiva  alla  data  dell’esercizio della facoltà.

Con la medesima decorrenza, la somma  corrispondente  alla quota di contribuzione a carico  del  lavoratore  che  il  datore  di lavoro avrebbe dovuto versare all’ente  previdenziale, è invece corrisposta interamente al lavoratore, mentre il datore di lavoro continua a versare regolarmente la quota a suo carico.

Si resta in attesa del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze – entro 30 giorni dal 1° gennaio 2023 – la definizione delle modalità attuative della norma.

Buoni carburanti 2023: precisazioni

L’articolo 1, comma 1 del Decreto legge n. 5/2023, introduce la possibilità – per i datori di lavoro privati – di erogare fino ad un massimo di 200,00 euro, per ciascun lavoratore dipendente, sottoforma di buoni carburante.

Tale erogazione deve avvenire entro l’anno 2023.

I buoni non concorrono alla formazione del reddito e sono considerati in aggiunta rispetto alle liberalità  previste dall’articolo 51, comma 3, del TUIR (258,23 euro). L’erogazione deve avvenire separatamente e non deve essere previsto un cumulo tra le due agevolazioni, con utilizzo di un’unica voce nel cedolino paga.

Rifacendosi ai chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 27/E del 14 luglio 2022:

  • è corretta l’erogazione di un buono carburante del valore di 200,00 a titolo di “buono carburante ai sensi del DL 5-2023” e quella separata di un altro buono carburante di 250,00, a titolo di “buono carburante ai sensi dell’art. 3 del TUIR”.
  • non è corretta l’erogazione di un unico buono benzina del valore di 450,00 euro.