Videosorveglianza: il controllo è sempre a carico del datore di lavoro

La nota Inl n. 7482/2022 invita le proprie sedi a uniformarsi alla sentenza del TAR Lazio n. 15644/2022 in materia di impianti audiovisivi.

Nello specifico, la sentenza respinge il ricorso giudiziale presentato avverso il provvedimento di rigetto di un’istanza volta a ottenere l’installazione di impianti audiovisivi ai sensi dell’articolo 4, L. 300/1970.

Tale istanza era stata presentata da una società che svolge attività di trasporto per conto terzi, che – in adempimento di obblighi assunti contrattualmente con il committente – risultava onerata dell’installazione, sui propri automezzi, di un impianto di videoregistrazione le cui immagini registrate rientravano, tuttavia, nella disponibilità esclusiva dell’appaltante.

I Giudici, oltre a censurare tale dissociazione tra istante e titolare del trattamento dei dati, evidenzia l’assenza di una base giustificativa del trattamento dei dati ribadendo che il controllo fine a se stesso, eventualmente diretto ad accertare inadempimenti del lavoratore che attengano alla effettuazione della prestazione, continua a essere vietato.

Gli obblighi retributivi del datore cedente in caso di cessione illegittima di ramo di azienda

Se la cessione di un ramo di azienda viene dichiarata inefficace, il lavoratore illegittimamente ceduto ha diritto al ripristino de iure e de facto del rapporto di lavoro con il datore di lavoro cedente e al pagamento, da parte di quest’ultimo, delle retribuzioni nelle more maturate e non pagate a fronte della messa a disposizione delle energie lavorative da parte del lavoratore.

E’ il contenuto dell’Ordinanza n. 32378 del 03 novembre 2022 emessa dalla Corte di Cassazione.

Nello specifico, il caso riguarda una società napoletana cui è stata rigettata dalla Corte di appello di Napoli l’opposizione al decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di una retribuzione non erogata ad una lavoratrice che aveva ottenuto una sentenza con la quale era stata accertata la nullità della cessione di ramo di azienda dalla predetta società, con diritto al ripristino del rapporto con la cedente ed alle retribuzioni maturate e non erogate.

Il Giudice ritiene che quanto percepito dalla lavoratrice in CIGS dalla società cessionaria non fosse scomputabile da quanto dovutole a titolo di retribuzioni omesse da parte della cedente.

Anche la Suprema Corte, confermando la sentenza della Corte territoriale, rigetta il ricorso proposto dalla società cedente.

La decisione poggia sul presupposto che le retribuzioni percepite dal lavoratore durante la illecita cessione dallo pseudo cessionario non possono essere detratte da quanto dovuto dal cedente, dato che i rapporti di lavoro instaurati per effetto della illecita cessione sono due e devono essere considerati distinti tra loro.

La continuità di un rapporto di lavoro che resta unico ed immutato, nei suoi elementi oggettivi, si configura solo in presenza di un legittimo trasferimento d’azienda e nella misura in cui ricorrano i presupposti di cui all’art. 2112 c.c. che consente la sostituzione del contraente senza il consenso del ceduto.

Nel caso oggetto di esame, l’unicità del rapporto perché il trasferimento è stato dichiarato invalido, nonostante l’instaurazione di un diverso e nuovo rapporto di lavoro con il soggetto alle cui dipendenze il lavoratore prosegua, di fatto, a lavorare.

Pertanto, se il datore di lavoro ha operato un trasferimento di ramo d’azienda dichiarato illegittimo ed abbia rifiutato il ripristino del rapporto senza una giustificazione, le somme percepite nel medesimo periodo (anche a titolo di retribuzione) per l’attività prestata nei confronti del datore di lavoro cessionario (fittizio) non possono essere scomputate da quelle dovute dal datore cedente.

Ciò accade perché permane in capo al lavoratore il diritto di ricevere le somme ad esso spettanti da parte del datore cedente, a titolo di retribuzione e non di risarcimento; pertanto, non trova applicazione il principio della compensatio lucri cum damno, su cui poggia le basi la detraibilità dell’aliunde perceptum dal risarcimento.

In aggiunta, si ricorda che le somme percepite dal lavoratore in relazione alla CIGS, all’indennità di mobilità e a titolo di trattamento pensionistico hanno natura previdenziale.
Poiché ai fini dell’ aliunde perceptum, rilevano solo i redditi conseguiti attraverso l’impiego della medesima capacità lavorativa, tali proventi (che derivano da prestazioni previdenziali che discendono dal verificarsi dei requisiti a tal fine stabiliti dalla legge) non possono considerarsi definitivamente acquisiti al patrimonio del lavoratore, essendo ripetibili dall’ente previdenziale nel caso in cui vengano a cadere i presupposti per la sua erogazione.

Nomina Rspp: la risposta della Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza

Il Dipartimento Autonomie Locali e Polizie Locali (DICCAP) e il Sindacato Unitario Lavoratori Polizia Locale (SULPL) hanno formulato istanza di interpello per conoscere il parere in merito al seguente quesito: “un datore di lavoro può nominare più di un responsabile del servizio prevenzione e protezione?”

Per fornire una risposta al quesito posto, la Commissione parte dall’analisi della normativa vigente in materia; nello specifico, dalla previsione del D.Lgs. n. 81/2008 che, all’art. 2, comma 1, lett. f), definisce  il “responsabile del servizio di prevenzione e protezione” come “persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi”. Quest’ultimo, a sua volta, viene definito come “insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori”.

Da qui si evince che la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi rientra tra gli obblighi del datore di lavoro non delegabili.

Con riferimento al servizio di prevenzione e protezione dai rischi, la norma prevede che, nei casi di aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione.

I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l’istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile (art. 31, comma 8, del decreto sopra citato).

Il legislatore, dunque, si riferisce al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi sempre utilizzando il singolare.

In conseguenza di ciò, la Commissione ritiene che sia possibile designare – per ciascuna azienda o unità produttiva – un solo responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi e che il Servizio di prevenzione e protezione si intenda costituito quando sono stati nominati il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (RSPP) e gli eventuali addetti (ASPP).

Termini per la comunicazione smart working: nuova Faq ministeriale

Nella pagina dell’Urponline del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è stata pubblicata la FAQ che contiene i termini entro i quali inviare la comunicazione di smart working.

Nello specifico, i datori di lavoro privati sono tenuti ad inviare la comunicazione di inizio periodo della prestazione in modalità agile o di proroga entro 5 giorni successivi, rispettivamente, dall’inizio della prestazione in modalità agile o dall’ultimo giorno comunicato prima dell’estensione del periodo.

Per i datori di lavoro pubblici e le agenzie di somministrazione, invece, la comunicazione  deve essere inviata entro il giorno 20 del mese successivo all’inizio della prestazione di lavoro in smart working o nel caso di proroga, dell’ultimo giorno del periodo comunicato prima dell’estensione del periodo.

Legge di Bilancio 2023: opzione sui contributi per chi raggiunge i requisiti pensionistici ma vuole restare a lavorare

La Legge di bilancio 2023 prevede un incentivo per la prosecuzione del lavoro per coloro che, entro il 31 dicembre 2023, abbiano raggiunto o raggiungano i requisiti per il trattamento “Quota 103”.

Nello specifico, se il dipendente non vuole interrompere l’attività lavorativa, può richiedere al datore di lavoro il versamento a proprio favore dell’importo corrispondente alla quota di contribuzione alla gestione pensionistica a carico del lavoratore stesso, con conseguente esclusione del versamento della quota contributiva e del relativo accredito.

Per il lavoratore viene, così, a cessare ogni obbligo di versamento contributivo da parte del datore di lavoro relativo all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, a  decorrere  dalla prima scadenza utile per il pensionamento prevista  dalla  normativa vigente  e  successiva  alla  data  dell’esercizio della facoltà.

Con la medesima decorrenza, la somma  corrispondente  alla quota di contribuzione a carico  del  lavoratore  che  il  datore  di lavoro avrebbe dovuto versare all’ente  previdenziale, è invece corrisposta interamente al lavoratore, mentre il datore di lavoro continua a versare regolarmente la quota a suo carico.

Si resta in attesa del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze – entro 30 giorni dal 1° gennaio 2023 – la definizione delle modalità attuative della norma.

Buoni carburanti 2023: precisazioni

L’articolo 1, comma 1 del Decreto legge n. 5/2023, introduce la possibilità – per i datori di lavoro privati – di erogare fino ad un massimo di 200,00 euro, per ciascun lavoratore dipendente, sottoforma di buoni carburante.

Tale erogazione deve avvenire entro l’anno 2023.

I buoni non concorrono alla formazione del reddito e sono considerati in aggiunta rispetto alle liberalità  previste dall’articolo 51, comma 3, del TUIR (258,23 euro). L’erogazione deve avvenire separatamente e non deve essere previsto un cumulo tra le due agevolazioni, con utilizzo di un’unica voce nel cedolino paga.

Rifacendosi ai chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 27/E del 14 luglio 2022:

  • è corretta l’erogazione di un buono carburante del valore di 200,00 a titolo di “buono carburante ai sensi del DL 5-2023” e quella separata di un altro buono carburante di 250,00, a titolo di “buono carburante ai sensi dell’art. 3 del TUIR”.
  • non è corretta l’erogazione di un unico buono benzina del valore di 450,00 euro.

Legge di Bilancio 2023: il nuovo esonero contributivo

La Legge di Bilancio 2023 conferma lo sgravio contributivo a favore dei lavoratori anche per l’anno 2023; la misura subisce alcune modifiche rispetto al testo precedente.
La nuova norma differenzia la riduzione del prelievo contributivo ai lavoratori dipendenti sulla base del livello di reddito.
L’esonero è pari:
  • Al 2% se la retribuzione imponibile non eccede l’importo mensile di 2.692 euro (RAL 35.000 euro);
  • Al 3% se la medesima retribuzione non eccede l’importo mensile di 1.923 euro (RAL 25.000 euro).

Riprendendo quanto già espresso dall’Inps per l’esonero dell’anno 2022 (Circolare 43/2022 e Messaggio 3499/2022) ed in attesa di nuovi documenti, approfondiamo alcuni aspetti.

Destinatari

Possono potenzialmente accedere al beneficio tutti i lavoratori dipendenti di datori di lavoro, pubblici e privati, anche non imprenditori. Pertanto, l’agevolazione si applica a tutti i rapporti di lavoro dipendente, tranne quelli domestici, purché sia rispettati i limiti della retribuzione imponibile mensile ai fini previdenziali sopra indicati.

Assetto, misura e durata dell’esonero

L’esonero consiste in una riduzione (del 2% o del 3%) dell’aliquota di calcolo dei contributi previdenziali Ivs a carico dei lavoratori ed è valido per i periodi di paga dal 1° gennaio al 31 dicembre 2023.

Condizione per l’applicazione della riduzione è che la retribuzione imponibile, anche nelle ipotesi di rapporti di lavoro a tempo parziale, parametrata su base mensile per 13 mensilità, non ecceda gli importi mensili definiti, maggiorato, per la competenza del mese di dicembre, del rateo di tredicesima. L’esonero, perciò, si applica sulla retribuzione lorda del lavoratore.

Laddove sia superato tale limite, non spetterà alcuna riduzione della quota a carico del lavoratore e, quindi, se il lavoratore in un singolo mese percepisce una retribuzione di importo lordo superiore al limite fissato, per quel mese non avrà diritto al beneficio.

Dato che l’importo mensile deve essere maggiorato, per la competenza del mese di dicembre, del rateo di tredicesima, la riduzione sarà riconosciuta, a dicembre 2023, sia sulla retribuzione corrisposta nel mese, laddove inferiore o uguale al limite fissato, sia sull’importo della tredicesima, purché inferiore o uguale a tale soglia. Se, invece, i ratei di tredicesima sono erogati nei singoli mesi, fermo restando che la retribuzione lorda (imponibile ai fini previdenziali, al netto dei ratei di tredicesima corrisposti nel mese) sia inferiore o uguale alla soglia massima, la riduzione potrà essere applicata anche sui ratei di tredicesima, purché di importo non superiore a 224 euro (2.692/12) o 160,25 euro (1923/12). In caso di cessazione del rapporto di lavoro prima di dicembre 2023, la riduzione può essere applicata anche sulle quote di tredicesima corrisposte nel mese di cessazione, se di importo inferiore o uguale all’importo limite (2.692 o 1923 euro).

Se i Ccnl prevedono l’erogazione di mensilità ulteriori rispetto alla tredicesima (ad esempio la quattordicesima), nel mese di erogazione di tale mensilità aggiuntiva la riduzione non si applica, perché la norma fa riferimento alla sola mensilità aggiuntiva della tredicesima per la maggiorazione della soglia mensile di reddito di 2.692 euro/1923 euro.

Condizioni di spettanza

La misura agevolativa si applica sulla quota dei contributi Ivs a carico dei lavoratori in relazione a tutti i rapporti di lavoro subordinato, sia instaurati che instaurandi, diversi dal lavoro domestico, inclusi i rapporti di apprendistato, nei limiti della soglia mensile pari a 2.692 euro/1923 euro.

L’agevolazione non è soggetta all’applicazione dei principi generali in materia di incentivi all’occupazione (articolo 31, D.Lgs. 150/2015) e non è subordinata al possesso del Durc.

AUU: dal 2023 rinnovo automatico

La Circolare Inps n. 132/2022 riporta informazioni sull’Assegno Unico Universale. Nello specifico, dal 1° marzo del 2023 coloro che, nel corso del periodo gennaio 2022-febbraio 2023, abbiano presentato una domanda di Auu per i figli a carico – accolta e in corso di validità – beneficeranno dell’erogazione d’ufficio della prestazione da parte dell’Istituto, senza l’onere di presentare una nuova domanda.

Nello specifico, la liquidazione d’ufficio avverrà limitatamente ai soggetti richiedenti per i quali nell’archivio dell’Istituto, alla data del 28 febbraio 2023, risulti presente una domanda di Assegno unico e universale in corso a tale data in uno stato diverso da “Decaduta”, “Revocata”, “Rinunciata” o “Respinta”.

L’Istituto precisa che l’erogazione proseguirà in continuità laddove la domanda si trovi nello stato di “Accolta”, mentre l’erogazione per le domande in stato di:

  • “In istruttoria”,
  • “In evidenza alla sede”,
  • “In evidenza al cittadino”,
  • “Sospesa”,

inizierà al termine degli specifici controlli previsti per le domande che si trovano in tali stati, qualora le verifiche si completino con esito positivo.

Diversamente, potranno presentare domanda i soggetti che non hanno mai fruito del beneficio e coloro che avevano trasmesso un’istanza che non è stata accolta o non è più attiva, prima del 28 febbraio 2023. Relativamente a quest’ultima ipotesi, si tratta delle domande (già presentate alla data del 28 febbraio 2023) che risultino in stato di:

  • “Respinta”,
  • “Decaduta”,
  • “Rinunciata”,
  • “Revocata”.

Eventuali variazioni delle informazioni precedentemente inserite nella domanda di Auu trasmessa all’Inps prima del 28 febbraio 2023 (nascita di figli, variazione/inserimento della condizione di disabilità, separazione, variazioni Iban, maggiore età dei figli, etc.) dovranno essere comunicate dai richiedenti, integrando tempestivamente la domanda già trasmessa.

Le domande possono essere inviate tramite le usuali modalità:

  • Portale web dell’Istituto (previo accreditamento con Spid, Cie, Cns);
  • Contact center integrato;
  • Servizi offerti dagli istituti di patronato;
  • App mobile Inps.

Cn riferimento alla quantificazione dell’Assegno rimane valido, per tutti i beneficiari, l’onere di procedere alla presentazione della nuova Dsu per l’anno 2023.

In assenza di una nuova Dsu, correttamente attestata, l’importo dell’Auu sarà calcolato a partire dal mese di marzo 2023 con riferimento agli importi minimi previsti dalla normativa vigente.

Lavoratori somministrati: comunicazione annuale

Le aziende che hanno utilizzato – nel corso del 2022 – lavoratori somministrati, sono tenute ad effettuare una comunicazione annuale obbligatoria alle rappresentanze sindacali aziendali (RSA) ovvero alla rappresentanza sindacale unitaria (RSU) o, in mancanza, agli organismi territoriali di categoria delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, con i dati relativi ai contratti di somministrazione stipulati nel 2022.

La scadenza per l’invio della suddetta comunicazione è il 31 gennaio 2023.

I dati che la suddetta comunicazione deve contenere sono:

  • il numero e i motivi dei contratti di somministrazione conclusi,
  • la durata dei suddetti contratti,
  • il numero e la qualifica dei lavoratori interessati.

La comunicazione può essere inviata tramite posta raccomandata A/R oppure tramite posta elettronica certificata.

Si ricorda che, in caso di mancato assolvimento, la sanzione amministrativa pecuniaria prevista ha un importo variabile tra € 250,00 e € 1.250,00.

Per completezza di trattazione si rinvia alla Circolare dello Studio n. 28/2012 sottolineando che il riferimento normativo aggiornato è l’art. 36, comma 3, del D.Lgs. 81/2015.

Si allega un fac-simile di comunicazione:

Comunicazione-annuale-somministrati-Fac-simile

Nuove modalità di gestione dei casi Covid-19: la Circolare del Ministero della Salute

Il Ministero della Salute pubblica la Circolare n. 51961/2022 che contiene l’aggiornamento delle modalità di gestione dei casi e dei contatti stretti di caso COVID-19.

CASI CONFERMATI COVID

Le persone risultate positive ad un test diagnostico molecolare o antigenico per SARSCoV2 sono sottoposte alla misura dell’isolamento, con le modalità di seguito riportate:

  • Per i casi che sono sempre stati asintomatici e per coloro che non presentano comunque sintomi da almeno 2 giorni, l’isolamento potrà terminare dopo 5 giorni dal primo test positivo o dalla comparsa dei sintomi, a prescindere dall’effettuazione del test antigenico o molecolare;
  • Per i casi che sono sempre stati asintomatici l’isolamento potrà terminare anche prima dei 5 giorni qualora un test antigenico o molecolare effettuato presso struttura sanitaria/farmacia risulti negativo;
  • Per i casi in soggetti immunodepressi, l’isolamento potrà terminare dopo un periodo minimo di 5 giorni, ma sempre necessariamente a seguito di un test antigenico o molecolare con risultato negativo.
  • Per gli operatori sanitari, se asintomatici da almeno 2 giorni, l’isolamento potrà terminare non appena un test antigenico o molecolare risulti negativo.
  • I cittadini che abbiano fatto ingresso in Italia dalla Repubblica Popolare Cinese nei 7 giorni precedenti il primo test positivo, potranno terminare l’isolamento dopo un periodo minimo di 5 giorni dal primo test positivo, se asintomatici da almeno 2 giorni e negativi a un test antigenico o molecolare.

E’ obbligatorio, al termine dell’isolamento, l’uso di dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo FFP2 fino al 10mo giorno dall’inizio della sintomatologia o dal primo test positivo (nel caso degli asintomatici), ed è comunque raccomandato di evitare persone ad alto rischio e/o ambienti affollati. Queste precauzioni possono essere interrotte in caso di negatività a un test antigenico o molecolare.


CONTATTI STRETTI DI CASO

Per i soggetti che hanno avuto contatti stretti con soggetti confermati positivi al SARSCoV2 è applicato il regime dell’auto sorveglianza, durante il quale è obbligatorio indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo FFP2, al chiuso o in presenza di assembramenti, fino al quinto giorno successivo alla data dell’ultimo contatto stretto.

Se durante il periodo di auto sorveglianza si manifestano sintomi suggestivi di possibile infezione da SarsCov2, è raccomandata l’esecuzione immediata di un test antigenico o molecolare per la rilevazione di SARSCoV2.

Gli operatori sanitari devono eseguire un test antigenico o molecolare su base giornaliera fino al quinto giorno dall’ultimo contatto con un caso confermato.