- 24 mesi in caso di assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, pieno o parziale, o apprendistato, entro il tetto massimo pari a 8.000 euro;
- al massimo 12 mesi in caso di assunzione a tempo determinato o stagionale, a tempo pieno o parziale, nella misura del 50% entro il tetto massimo pari 4.000 euro.
Inps: istruzioni per l’aumento dell’indennità del congedo parentale
La circolare Inps n. 45/2023 fornisce le istruzioni amministrative e operative per l’indennità di congedo parentale per i lavoratori e le lavoratrici dipendenti, a seguito delle modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2023.
La nuova previsione si applica ai lavoratori dipendenti – sia del settore privato che del settore pubblico – che terminano il congedo di maternità o, in alternativa, di paternità successivamente al 31 dicembre 2022.
Nello specifico, l’indennità passa dal 30% all’80% della retribuzione di un solo mese dei tre spettanti a ciascun genitore, non trasferibili all’altro, a condizione che la mensilità indennizzata all’80% della retribuzione sia fruita entro i 6 anni di vita (o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o di affidamento) del minore.
Il mese indennizzato all’80% della retribuzione è uno solo per entrambi i genitori e può essere fruito in modalità ripartita tra gli stessi o da uno soltanto di essi. La fruizione “alternata” tra i genitori, non esclude la possibilità di fruirne nei medesimi giorni e per lo stesso figlio, come consentito per tutti i periodi di congedo parentale.
Decreto lavoro: le novità in materia di rapporti di lavoro
Il Decreto Legge n. 48/2023 – c.d. Decreto Lavoro – apporta alcune novità in materia di contratti a tempo determinato e sugli obblighi informativi da rendere al lavoratore in fase di assunzione.
Nello specifico, le nuove causali da utilizzare in caso di ricorso al contratto a termine o al contratto di somministrazione a termine sono:
1) Specifiche esigenze previste dai contratti collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ovvero dalle rappresentanze sindacali aziendali o dalla rappresentanza sindacale unitaria;
2) In assenza delle previsioni di cui la punto precedente, nei contratti collettivi applicati in azienda e, comunque, entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
3) Esigenze sostitutive di altri lavoratori.
Per completezza, riportiamo le fattispecie in cui è necessario indicare la causale nel contratto a termine:
Per quanto riguarda, invece, gli obblighi informativi a carico del datore di lavoro, sono state introdotte delle semplificazioni rispetto alle previsioni precedenti.
Nel dettaglio, le informazioni inerenti l’orario di lavoro, la sua programmazione, il periodo di prova, la durata del congedo per ferie e degli altri congedi, il diritto a ricevere la formazione, la procedura, la forma e i termini del preavviso, l’importo iniziale della retribuzione possono essere comunicate al lavoratore con l’indicazione del riferimento normativo o della contrattazione collettiva, anche aziendale, di riferimento.
Il datore di lavoro deve consegnare o mettere a disposizione del personale – anche tramite pubblicazione sul sito web – i contratti collettivi nazionali, territoriali, aziendali e gli eventuali regolamenti aziendali applicabili al rapporto di lavoro.
Il datore di lavoro (o il committente) pubblico e privato deve informare il lavoratore nel caso in cui vengano utilizzati sistemi decisionali o di monitoraggio integralmente automatizzati atti a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell’incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori. Sono esclusi dall’obbligo i sistemi protetti da segreto industriale e commerciale.
San.Arti: iscrizione anche per i soggetti “volontari”
San.Arti (Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa per i Lavoratori dell’Artigianato) introduce la possibilità di iscrizione per i volontari. E’ possibile procedere in ogni momento e versare la quota in piccoli importi mensili tramite addebito automatico ricorrente su carta di credito.
I soggetti considerati volontari sono:
– i titolari, soci e collaboratori;
– i coniugi degli iscritti;
– il convivente more uxorio risultante nello stato di famiglia;
– i figli.
Le prestazioni decorrono superati tre mesi di carenza iniziale e con il perfezionamento dell’iscrizione entro il 10° giorno del mese il primo di carenza è quello successivo, con il perfezionamento dell’iscrizione oltre il 10° giorno, il primo mese di carenza è quello dopo il successivo.
Gli importi da versare sono:
– 25,00 euro mensili per i titolari, Soci e Collaboratori;
– 10,00 euro mensili per i familiari fino a 18 anni;
– 15,00 euro mensili per i familiari dai 18 anni compiuti ai 75 anni.
Si specifica, inoltre, che gli iscritti in copertura fino a luglio 2023 potranno rinnovare fino al 15 giugno 2023.
Cuneo fiscale e fringe benefit dopo il Decreto Lavoro
Cassazione: Ordinanza sul licenziamento illegittimo
Il licenziamento comminato per inidoneità fisica o psichica, combinato con la violazione dell’obbligo datoriale di adibire il lavoratore a possibili alternative di mansioni cui lo stesso risulti idoneo e compatibili con il suo stato di salute – configura un’ipotesi di difetto di giustificazione suscettibile di reintegrazione (ex art. 18, comma 7 della legge n. 300/1970), possibile quando il fatto posto a base dello stesso risulti manifestamente insussistente.
E’ il disposto contenuto nell’Ordinanza n. 9158 del 21 marzo 2022 della Corte di Cassazione; per i Giudici non è possibile considerare legittimo il recesso in relazione all’esistenza di elementi di prova opinabili e non univoci.
Cassazione: i dispositivi di protezione individuale
Il datore di lavoro inadempiente all’obbligo di fornitura e manutenzione dei dispositivi di protezione individuale (D.P.I.), può essere condannato al risarcimento del danno subito dal lavoratore in conseguenza della sua omissione.
Ne consegue l’importanza di comprendere cosa debba essere effettivamente ricompreso all’interno della categoria dei dispositivi di protezione individuale. In materia è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione con la Sentenza 10128/2023.
La disposizione si inserisce – in continuità – nel solco già tracciato e secondo cui non è corretto limitare la nozione legale di D.P.I. alle sole attrezzature che vengono ideate e realizzate con il fine puntuale di proteggere la salute dei lavoratori da rischi specifici e in forza di caratteristiche tecniche certificate.
Con il termine “dispositivo di protezione individuale normativamente rilevante”, ricorda la Cassazione, deve essere inteso ogni accessorio, complemento o attrezzatura di qualsiasi genere che rappresenti in concreto una protezione rispetto a qualsivoglia rischio che possa mettere a repentaglio la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Secondo i Giudici, limitarsi a far coincidere i dispositivi di protezione individuale con le attrezzature che sono formalmente qualificate come tali, significa non tenere conto delle finalità poste dalla disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, né della natura di diritto fondamentale attribuita alla salute dall’articolo 32 della Costituzione.
Lavoro domestico: esonero contributivo per il rientro dopo la maternità
Il messaggio Inps n. 1552/2023 contiene le indicazioni operative per i datori di lavoro domestico relative alla presentazione della domanda per fruire dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri, per un periodo massimo di un anno, a decorrere dalla data del rientro nel posto di lavoro dopo la fruizione del congedo di maternità,.
L’esonero trova applicazione anche nei confronti delle lavoratrici domestiche madri, purché rispettino la condizione prevista dalla legge di Bilancio 2022, che prevede il rientro della lavoratrice entro il 31 dicembre 2022. Il rientro effettivo al lavoro può anche essere stato posticipato per effetto di eventuali assenze avvenute senza soluzione di continuità rispetto al congedo di maternità (es: ferie, malattia, permessi ecc.). In questi casi, l’esonero spetta sempre che il rientro effettivo al lavoro sia avvenuto entro il 31 dicembre 2022.
Il datore di lavoro può visualizzare l’accoglimento della domanda inserendo il protocollo della domanda di maternità; diversamente, la richiesta sarà messa nello stato di verifica per la definizione della stessa da parte della Sede territorialmente competente.
Una volta terminata la procedura di presentazione della domanda di esonero contributivo, è possibile scaricare la ricevuta in formato PDF e visualizzare tutte le informazioni in relazione anche allo stato di lavorazione.
In caso di accoglimento dell’istanza di esonero, per i trimestri per i quali è già stata versata la contribuzione in misura piena, è prevista la restituzione al datore di lavoro del 50% della quota a carico della lavoratrice madre da rimborsare alla stessa, previa presentazione della relativa istanza.
Unilav: l’indicazione della motivazione della cessazione non è vincolante
Se il datore di lavoro ritiene non fondate le motivazioni alla base delle dimissioni per giusta causa rese da un proprio dipendente può, comunque, procedere alla spedizione dell’unilav di cessazione del rapporto valorizzando il campo della motivazione con la dicitura dimissioni giusta causa, senza che ciò sia un vincolo nei suoi confronti.
Diversamente, può procedere comunicando agli Enti che la fattispecie è da considerarsi quale dimissioni volontarie, per far sì che non vengano erogate le collegate prestazioni a sostegno del reddito.
Il lavoratore dovrà presentare il proprio ricorso per accertare la sussistenza della giusta causa e, in caso affermativo, il datore di lavoro dovrà procedere al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso.
Questo il contenuto dell’Ordinanza n. 22365 della Cassazione Civile – Sezione lavoro.
Whistleblowing: aziende ai blocchi di partenza
Pubblicato in G.U. il Dlgs 24/2023 che introduce l’applicazione delle nuove regole sul whistleblowing, ovvero, le procedure aziendali volte ad agevolare la segnalazione di possibili illeciti garantendo l’anonimato del soggetto che fornisce le informazioni.
Sono destinatarie delle norme:
- le aziende private che hanno impiegato – con riferimento all’ultimo anno – una media di lavoratori superiore a 49;
- le aziende private che pur non raggiungendo la soglia dimensionale di cui al punto precedente – con riferimento all’ultimo anno – tuttavia si occupano di servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio o del finanziamento del terrorismo, sicurezza dei trasporti e tutela dell’ambiente, e coloro che adottano modelli di organizzazione e gestione in base al Dlgs 231/2001.
Il decreto entra in vigore dal 15 luglio 2023 e ha due scadenze differenziate:
- per le aziende private che hanno impiegato – con riferimento all’ultimo anno – una media di lavoratori superiore a 249, la decorrenza è immediata al 15/07/2023;
- per le aziende private che hanno impiegato – con riferimento all’ultimo anno – una media di lavoratori pari o inferiore a 249, la decorrenza è posticipata al 17 dicembre 2023.
Tutti questi soggetti sono tenuti a predisporre appositi canali di segnalazione interni in grado di garantire la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione.
Le imprese potranno gestire in maniera autonoma tali canali (affidandoli ad un soggetto o a un ufficio aziendale interno, autonomo e costituito da personale specificamente formato), oppure potranno avvalersi di soggetti esterni, dotati anch’essi di personale adeguatamente formato in materia.
Le segnalazioni potranno essere rese in forma scritta (anche con l’utilizzo di appositi strumenti informatici), in forma orale (attraverso linee telefoniche preposte o sistemi di messaggistica ad hoc) ovvero, su richiesta specifica del segnalante, attraverso incontri diretti.
Il Decreto fissa anche le modalità con cui dovrà essere comunicata l’esistenza dei canali di segnalazione: le imprese dovranno pubblicare un’informativa chiara ed esplicativa circa le procedure e i presupposti per effettuare le segnalazioni, sia interne, sia esterne, che siano facilmente accessibili sul luogo di lavoro e sul sito internet. Tali procedure dovranno garantire la riservatezza del segnalante.
Inoltre, dovranno essere rilasciati ai segnalanti (nel termine di sette giorni dalla ricezione della segnalazione) un avviso di ricevimento della segnalazione e (nel termine di tre mesi) un primo riscontro in merito allo stato di avanzamento della procedura.
Le condotte oggetto delle segnalazioni potranno riguardare tutte le condotte illecite di natura amministrativa, contabile, civile o penale lesive dell’interesse pubblico o dell’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, anche se previste dal diritto comunitario.
Le imprese che non provvedono entro le scadenze previste rischiano sanzioni amministrative pecuniarie di importo variabile in base alle singole fattispecie (da 5mila a 30mila euro nel caso di attività ritorsive a danno del segnalante, da 10mila a 50mila euro in caso mancata implementazione dei canali di segnalazione).