Tribunale di Forlì: la mancata presa in servizio non è paragonabile alle dimissioni in prova

La sentenza del 31 marzo 2023 emessa dal Tribunale di Forlì tratta il caso della mancata presa di servizio (nei tempi concordati) da parte di un dirigente il quale – pur se l’assunzione era condizionata al positivo superamento di un periodo di prova – aveva anche firmato una clausola penale.

Poiché l’accordo sottoscritto tra le parti non era stato rispettato, la società ha ottenuto un decreto ingiuntivo da parte del Tribunale di Forlì, nel quale veniva intimato il pagamento di un importo (più spese e interessi) a titolo di indennità sostituiva del preavviso.

Il lavoratore si è opposto al provvedimento, sostenendo che il patto di prova – inteso come periodo durante il quale entrambe le parti possono recedere liberamente, senza nessun indennizzo di sorta – renderebbe insussistente la pretesa della penale. In aggiunta, sostiene di aver agito secondo buona fede, avendo comunicato la decisione con congruo preavviso, senza sfruttare la previsione del patto di prova e senza, quindi, creare alcun danno.

La decisione dei Giudici si fonda sulla considerazione che la lettera di impegno a prendere servizio ha natura contrattuale, con differimento del termine, con conseguente validità dell’impegno assunto dal lavoratore.

Nello specifico, tale clausola – stabilendo il pagamento di una penale qualora l’obbligato non prenda servizio alla data stabilita – è chiara espressione della libera autonomia contrattuale. Pertanto, l’eccezione di incompatibilità con il patto di prova è da considerarsi infondata.

Le due previsioni, infatti, hanno oggetto e finalità differenti e tutelano due diversi momenti del rapporto:

La previsione dell’applicazione della penale riguarda un momento precedente l’effettiva presa di servizio e tutela l’interesse della società all’assunzione del ricorrente e al risarcimento forfetario del danno per l’eventuale inadempimento.

Mentre per poter usufruire della libera recedibilità prevista per il periodo di prova, è necessario che il rapporto si sia costituito e che le parti abbiano consentito e svolto l’esperimento che forma oggetto della prova; fatto che non si è mai concretizzato.

Ne consegue che la penale, contrattualmente stabilita, è dovuta dal ricorrente. La sua tempestiva comunicazione del ripensamento, essendo egli parte inadempiente, è irrilevante e pertanto, il credito certo, liquido ed esigibile, non suscettibile di riduzione.

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