Vaccino anti Covid-19: il Garante Privacy traccia i confini dei poteri datoriali

L’avvio della campagna vaccinale anti Covid-19 ha portato interrogativi anche nei contesti lavorativi, in particolar modo con riferimento alla possibile obbligatorietà della procedura e ai confini del potere datoriale, sia in materia di acquisizione di informazioni che di azioni nei confronti dei propri dipendenti.

A fare chiarezza interviene il Garante Privacy che il 17 febbraio ha pubblicato alcune nuove faq con l’obiettivo di indirizzare imprese, Enti e la PA verso la corretta applicazione della disciplina in materia, oltreché quello di evitare che vengano posti in essere trattamenti illeciti dei dati personali ed effetti discriminatori, senza contare i conseguenti costi di gestione non necessari.

Vediamo nel dettaglio il contenuto delle risposte pubblicate.

Il concetto cardine su cui è imperniato il parere del Garante risiede dell’impossibilità da parte del datore di lavoro di fare richiesta ai propri dipendenti circa l’effettuazione della vaccinazione, né di richiedere copia di eventuali certificazioni attestanti l’avvenuta vaccinazione. All’interno dell’impianto normativo vigente non c’è, infatti, traccia alcuna della liceità di acquisizione da parte del datore di lavoro dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti.  Anzi, nel caso specifico, il consenso non ha titolo per costituire una valida condizione di liceità stante lo squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo.

L’acquisizione di tali informazioni da parte del datore di lavoro non può avvenire neppure per il tramite del medico competente. Quest’ultimo è l’unico soggetto titolato al trattamento delle informazioni sanitarie riguardanti i lavoratori. Informazioni tra le quali rientrano, peraltro, anche quelle relative alle vaccinazioni eseguite e che vengono acquisite in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica, con riferimento all’attività di sorveglianza sanitaria.

Il solo dato che può essere richiesto dal datore di lavoro al medico competente riguarda i giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni/limitazioni conseguenti.

Ultimo concetto trattato dal Garante riguarda il ricorrente interrogativo sulla possibilità di porre la vaccinazione anti Covid-19 quale condizione obbligatoria per l’accesso ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di specifiche mansioni, ancor più con riguardo alle professioni in campo sanitario.

Poiché il legislatore non è attualmente intervenuto circa la possibilità di introdurre la vaccinazione anti Covid-19 come obbligatoria sulla base delle professioni e delle mansioni svolte, il solo parametro di riferimento che può essere applicato è quello regolato dall’articolo 279 –  Titolo X – Capo III – del d.lgs. n. 81/2008 in tema di “Protezione e controllo”, il quale recita:

1. Qualora l’esito della valutazione del rischio ne rilevi la necessità i lavoratori esposti ad agenti biologici sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41.

2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:

a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente;

b) l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell’articolo 42.

3. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l’esistenza di anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.

4. A seguito dell’informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua una nuova valutazione del rischio in conformità all’articolo 271.

5. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività che comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati nell’allegato XLVI nonché sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione.

Leggendo l’articolo si evince che, nuovamente, solo il medico competente può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica, nello svolgimento della sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo e nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie anche in merito all’efficacia e all’affidabilità medico-scientifica del vaccino.

Ruolo del datore di lavoro è quello di porre in essere le misure precauzionali indicate dal medico competente nei riscontrati casi di parziale o temporanea inidoneità alla mansione.

Leggi le Faq del Garante Privacy sul Coronavirus

Scarica il Vademecum sul Trattamento di dati relativi alla vaccinazione anti Covid-19 nel contesto lavorativo