Tramite due pronunce la Corte di Giustizia Europea stabilisce i criteri per individuare quando la reperibilità debba essere considerata orario di lavoro.
La prima sentenza riguardava il caso di un tecnico tra le cui mansioni figurava quella di assicurare il funzionamento di centri di trasmissione televisiva situati in zone montane e che doveva garantire 6 ore al giorno di reperibilità telefonica e l’obbligo di raggiungere il luogo dell’intervento entro un’ora, ma non quello di rimanere sul posto di lavoro. Il fatto di svolgere l’attività in una località montana, tuttavia, gli impediva di muoversi liberamente.
La seconda sentenza riguardava, invece, un pompiere che – oltre al consueto orario di lavoro – durante la reperibilità doveva essere contattabile e, in caso di necessità, doveva raggiungere i confini della città entro 20 minuti.
In tutti e due i casi i lavoratori sostenevano che – considerate le restrizioni imposte – i periodi di reperibilità dovessero essere considerati come orario di lavoro e retribuiti di conseguenza.
Tuttavia, in entrambi i casi la Corte ha ritenuto infondate le richieste dei lavoratori sostenendo il principio secondo cui per poter considerare la reperibilità come orario di lavoro deve verificarsi la condizione che il lavoratore sia obbligato a rimanere a disposizione del datore sul luogo di lavoro e che questo sia diverso dal suo domicilio.
Per operare tale qualificazione- ricordano i Giudici – è necessario prendere come parametri le specifiche condizioni e i vincoli cui è soggetto il lavoratore da una norma nazionale di legge, dalla contrattazione collettiva o dal datore di lavoro stesso.
Diversamente, non rilevano le difficoltà organizzative che derivano da elementi naturali o dalla libera scelta del lavoratore.
Inoltre, è necessario considerare anche la ragionevolezza del termine a disposizione per riprendere servizio, tenuto conto delle eventuali facilitazioni che vengono concesse al lavoratore.
Da ultimo, la Corte ricorda che, con riferimento ai periodi di guardia o prontezza, poiché gli stessi non ricadono sotto la direttiva 2003/88, possono essere remunerati diversamente dalle ore di prestazione effettiva, anche quando vengano considerati come orario di lavoro.