Patto di non concorrenza in costanza di rapporto: ultimi orientamenti della Cassazione

È considerato legittimo il pagamento del corrispettivo del patto di non concorrenza in corso di rapporto di lavoro, se questo innanzitutto risulta determinato (o determinabile) come stabilito dall’articolo 1346 del Codice civile e che, successivamente, non sia «simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore», costituendo in tale ipotesi causa di nullità della clausola per violazione dell’articolo 2125 del Codice civile.

E’ il contenuto delle ordinanze 9256/2025 e 9258/2025 della Corte di Cassazione, in tema di contenziosi in cui la banca datrice di lavoro lamentava l’inadempimento alle obbligazioni derivanti dal vincolo pattizio da parte di ex dipendenti, i quali a loro volta avevano eccepito la nullità della clausola di non concorrenza per l’asserita inadeguatezza del corrispettivo.

La Suprema Corte opera una distinzione concettuale tra nullità per indeterminatezza e nullità per incongruità del compenso, che – contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito – rappresentano ipotesi autonome e richiedono verifiche distinte e puntuali, da compiersi alla luce delle circostanze del caso concreto.

Il patto di non concorrenza, infatti, seppur inserito nel contesto del contratto di lavoro subordinato, costituisce un atto negoziale autonomo e deve essere valutato secondo criteri propri. Per determinarne la validità con specifico riferimento al relativo corrispettivo è necessario che lo stesso possegga i requisiti generali di determinatezza o determinabilità previsti dall’articolo 1346 del Codice civile, non rilevando se questo sia erogato in costanza di rapporto, al termine o dopo la cessazione.

Una volta accertata la determinatezza o determinabilità, il corrispettivo deve essere valutato sotto il profilo della concreta idoneità compensativa, commisurata all’estensione del vincolo, per escludere che sia meramente simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato.

Sulla base di tali presupposti, è possibile escludere che il patto di non concorrenza possa essere ritenuto invalido in via astratta, sulla base di criteri presuntivi e senza operare idonea distinzione tra i due vizi di nullità. Né è ammissibile una parziale conservazione della clausola, trattandosi in ogni caso di ipotesi di nullità che travolgono l’intero patto.