La Corte di Cassazione ha stabilito che essere sottoposti ad un serie di provvedimenti disciplinari non costituisce obbligatoriamente causa di mobbing; neanche se gli atti sono stati dichiarati illegittimi. Per poter accertare la sussistenza di mobbing è necessario dimostrare l’intento persecutorio con cui sono stati posti in essere.
E’ il caso di un lavoratore dipendente che, dopo aver ottenuto alcuni successi professionali, sostiene di aver subito alcuni provvedimenti che, secondo la sua tesi, erano stati posti in essere con il solo intento di generare una situazione di isolamento del lavoratore stesso. A causa di ciò il lavoratore ha rassegnato le proprie dimissioni per giusta causa e ha citato l’azienda per danni.
I Giudici di Cassazione – confermando la pronuncia di merito – affermano che i provvedimenti presi nei confronti del lavoratore, pur avendo natura illegittima, non potessero essere considerati persecutori né offensivi e, pertanto, non riconoscono la fattispecie di mobbing.
La Sentenza in oggetto (n. 22888/2019) afferma che non vi è una diretta automaticità tra irrogazione di provvedimenti disciplinari illegittimi e la fattispecie di mobbing, ma è necessario che venga dimostrato l’effettivo intento persecutorio del comportamento posto in essere dal datore di lavoro.