Licenziamento per inidoneità fisica del lavoratore: l’onere della prova può essere assolto anche attraverso la deduzione dei comportamenti attivati al datore di lavoro

In caso di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, qualora ricorrano i presupposti di applicabilità del D.Lgs. n. 216 del 2003, art. 3, comma 3-bis (parità di trattamento delle persone con disabilità), è posto a circo del datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza delle giustificazioni del recesso.

Questo il contenuto del dispositivo della sentenza della Cassazione Civile Sezione Lavoro n. 15002/2023.

Nello specifico, il datore di lavoro è tenuto a dimostrare, non solo il sopravvenuto stato di inidoneità del lavoratore e l’impossibilità di adibirlo a mansioni (eventualmente anche inferiori) compatibili con il suo stato di salute, ma anche l’impossibilità di adottare accomodamenti organizzativi ragionevoli. Questo ultimo onere può essere assolto attraverso la dimostrazione di aver compiuto  atti o operazioni strumentali utili al c.d. “accomodamento ragionevole”; tali dimostrazioni – assumendo il rango di fatti secondari presuntivi – risulterebbero idonei a indurre nel giudice il convincimento che il datore di lavoro abbia compiuto uno sforzo diligente ed esigibile per trovare una soluzione organizzativa appropriata in grado di scongiurare il licenziamento, avuto riguardo ad ogni circostanza rilevante nel caso concreto.

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