Il costo del lavoro in seguito all’introduzione dell’ASpI.

A seguito della riforma degli ammortizzatori sociali operata dalla L. 92/2012 e l’introduzione dell’assicurazione sociale per l’impiego (ASpI), sono stati introdotti contributi specifici che apporteranno modifiche al costo del lavoro.

Analizziamoli nel dettaglio:

Apprendistato.

Per gli apprendisti (artigiani e non) i datori di lavoro sono tenuti a versare una contribuzione pari a 1,31 % della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. In base a quanto stabilito dalla circolare n. 140, tale aliquota dovrà essere incrementata dello 0,30% di cui all’art. 25 della Legge n. 845/1978.

Il contributo non è soggetto all’agevolazione contributiva prevista dall’art. 22, c. 1, della Legge 183/2012 il quale stabiliva, per i datori di lavoro con un massimo di 9 addetti, uno sgravio contributivo del 100% nei primi tre anni di contratto per rapporti di lavoro instaurati nel periodo 01.01.2012 – 31.12.2016.

Lavoratori a tempo determinato.

Per i lavoratori con contratto a tempo determinato, per i periodi contributivi decorrenti dal 01.01.2013, è previsto un contributo addizionale pari a 1,4% dell’imponibile contributivo.

Il suddetto contributo non si applica nei seguenti casi:

  • per lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti;
  • per lavoratori assunti a termine per lo svolgimento di attività stagionali, così come previste dal D.P.R. 1525/1963, nonché – per il solo periodo 01.01.2013 – 31.12.2015 – da avvisi comuni o CCNL stipulati entro il 31.12.2011 da organizzazioni comparativamente più rappresentative;
  • agli apprendisti. Ciò anche alla luce di quanto previsto dall’art. 1 del D.Lgs. 167/2011 secondo cui il contratto di apprendistato è “un contratto di lavoro a tempo indeterminato”;
  • ai lavoratori dipendenti di pubbliche amministrazioni di cui all’art.1, c.2, del D.Lgs. 165/2001.

Tale contributo, che risulta essere specifico per i contratti di lavoro a tempo determinato, potrà poi essere restituito all’azienda in caso di stabilizzazione del rapporto.

Con stabilizzazione si intende la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato, oppure la riassunzione con contratto a tempo indeterminato entro un lasso temporale di sei mesi dalla data di cessazione del rapporto a termine. La restituzione opera una volta decorso il periodo di prova – appurata, cioè, la stabilità del rapporto.

È prevista la restituzione  del contributo addizionale dell’1,4%, nel limite massimo di quanto versato per le ultime 6 mensilità.

Occorre evidenziare che nel caso di riassunzione nei sei mesi successivi, la restituzione del contributo – pari al massimo al contributo relativo agli ultimi 6 mesi del rapporto di lavoro precedente – avviene detraendo un numero di mensilità ragguagliato al periodo intercorso tra la fine del rapporto a termine e la riassunzione a tempo indeterminato, operando, cioè un riproporzionamento del contributo totale del periodo restituibile per i mesi utili (circolare Inps n. 140/2012).

Contributo per singole cessazioni di rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Nei casi di interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto all’ASpI avvenuti a decorrere dal 1° gennaio 2013, è dovuto all’Inps un contributo d’ingresso.

È previsto il pagamento di una somma pari al 41% del massimale mensile per ASpI per ogni dodici mesi di anzianità in azienda, con un massimo di tre anni.

Per il computo dell’anzianità aziendale devono essere considerati tutti i periodi di lavoro, non a tempo indeterminato, susseguitisi  senza soluzione di continuità.

Pur senza continuità, i rapporti precedenti vengono inclusi nell’anzianità aziendale se gli stessi avevano portato all’azienda la restituzione del contributo addizionale dell’1,40 % (trasformazioni a tempo indeterminato o riassunzione entro i sei mesi successivi alla cessazione del rapporto a termine).

Le cause di interruzioni sono le seguenti:

  1. Perdita involontaria del lavoro.

In tale casistica rientrano anche le dimissioni per le seguenti motivazioni:

  • Durante periodo tutelato di maternità (da 300 giorni prima  della data presunta del parto fino al compimento dell’anno di vita del figlio);
  • Per giusta causa. A titolo esemplificativo l’Inps, con circolare n. 142/2012, richiama le seguenti motivazioni: mancato pagamento delle retribuzioni, aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro, modifica peggiorativa delle mansioni lavorative, mobbing, notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione al ad altre persone – fisiche o giuridiche – dell’azienda, spostamento del lavoratore da una sede all’altra, senza che sussistano “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” previste dall’art. 2103 c.c., comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti dei dipendenti.
  1. Risoluzione consensuale intervenuta nell’ambito di procedure di cui all’art. 7 L. 604/1966;
  2. Interruzioni rapporti di apprendistato diversi da dimissioni o recesso lavoratore. In tale casistica rientra, per espressa previsione normativa, il recesso del datore di lavoro a conclusione del periodo formativo.