Dimissioni: valide anche quelle per fatti concludenti

Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Sentenza 25583/2019) porta l’attenzione su un tema delicato: le dimissioni del lavoratore.

Attualmente, il datore di lavoro può considerare valide esclusivamente le dimissioni volontarie rese dal lavoratore tramite apposita procedura telematica, come previsto dall’articolo 26 del D.Lgs. 151/2015.

Il problema si pone quando il lavoratore abbandona il posto di lavoro e non formalizza le dimissioni telematicamente; in teoria la sola possibilità in mano al datore di lavoro è quella di procedere con il licenziamento. Questa procedura ha come conseguenza che il datore di lavoro deve pagare il ticket NASpI e il lavoratore ha, così, diritto a percepire la relativa indennità, ove ne ricorrano i presupposti.

La sentenza dei Giudici afferma che la volontarietà del lavoratore può altresì essere dedotta sia da dichiarazioni che da comportamenti che palesino tale volontà interruttiva del rapporto di lavoro. Il concetto è suffragato dalla libertà di libero recesso così come prevista dall’articolo 2118 del Codice Civile, nel caso in cui sia palese che non vi è stato abuso dell’istituto delle dimissioni.

Se così fosse, potendo ritenere valide le dimissioni c.d. per fatti concludenti, il datore di lavoro non sarebbe tenuto al pagamento del ticket di licenziamento e potrebbe, inoltre, addebitare al lavoratore il mancato preavviso di recesso.