Il Tribunale di Milano – con Sentenza del 3.12.2020 – afferma che la percezione della NASpI è compatibile con la titolarità di una carica sociale, così come quella di membro di un consiglio di amministrazione, in assenza di redditi conseguenti a tali attività.
Nel caso di specie, l’Inps aveva rifiutato l’erogazione della NASpI all’amministratore unico di società in liquidazione che, in conseguenza di ciò, non gli aveva corrisposto alcun compenso. L’amministratore ha presentato ricorso presso l’Inps sostenendo di non essere titolare di alcuna carica societaria. L’Inps respinge la domanda sostenendo che – sulla base della sua stessa circolare 174/2017 – la dichiarazione reddituale, anche in caso di redditi pari a zero, deve essere resa entro 30 giorni dalla domanda di NASpI.
Secondo i Giudici del Tribunale di Milano il ricorrente ha provato la sussistenza di tutti i requisiti (contributivi e soggettivi) necessari per l’erogazione della Naspi e ha dato conferma che la carica di socio e amministratore non corrisponde a un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione. Inoltre, tale carica non comporta – in automatico – l’erogazione di un compenso e ad un reddito da dichiarare per poterne verificare la congruità rispetto alle soglie di cumulabilità permesse per conservare il diritto alla indennità di disoccupazione.
La Sentenza, inoltre, evidenzia come il termine decadenziale di 30 giorni previsto dalla normativa non può essere applicato al caso esaminato, perché non si ravvisa un rapporto potenzialmente incompatibile. I limiti alla compatibilità fra Naspi e attività di lavoro autonomo o societarie sono previsti solo se da queste derivi un reddito al titolare dell’indennità di disoccupazione.