Non integra giusta causa di licenziamento l’assenza ingiustificata o arbitraria dal servizio, allorquando il fatto rientri tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni della contrattazione collettiva.
E’ quanto disposto dalla Sentenza n. 13065/2022 della Corte di Cassazione che – uniformandosi alle pronunce di primo grado e della Corte di Appello – riconosce l’insussistenza della giusta causa di licenziamento perché il fatto rientrava tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni della contrattazione collettiva.
Nel caso in esame, alla dipendente era stato contestato il fatto di trovarsi – durante la fruizione di un giorno di permesso ex lege n. 104/1992 – in un luogo diverso rispetto a quello in cui si trovava la madre disabile, violando i princìpi di correttezza e buona fede nonché gli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà e causando, altresì, con l’ assenza dal servizio, disagi e disservizi nell’organizzazione del lavoro.
Secondo i Giudici della Suprema Corte sono condivisibili le conclusioni dei giudici del primo e del secondo grado, secondo cui la contestazione della società era da intendersi quale contestazione di assenza ingiustificata per un giorno e non come comportamento fraudolento e preordinato all’abuso della fruizione del permesso ex lege n. 104/92. Pertanto, è corretta l’applicazione della tutela reintegratoria in favore della lavoratrice.
La Corte ribadisce il principio secondo cui – in tema di licenziamento disciplinare – nel processo di scelta circa la tutela applicabile, è consentita al Giudice la riconduzione della condotta addebitata al lavoratore ed in concreto accertata giudizialmente nella previsione contrattuale che punisca l’illecito con sanzione conservativa anche laddove sia espressa attraverso clausole generali o elastiche, confermando l’operato del Giudice di merito e respingendo – conseguentemente – il ricorso proposto dal datore di lavoro.