Cassazione: il datore di lavoro non può trattenere i costi di gestione connessi alla cessione del quinto

La Corte di Cassazione – nella sentenza 22362/2024 – ha affermato che il datore di lavoro non può trattenere dalla busta paga del dipendente un importo a copertura dei costi di gestione amministrativi della cessione del quinto dello stipendio attivata dal lavoratore, a meno che sia dimostrata l’eccessiva gravosità dell’adempimento amministrativo, condannando il datore di lavoro a restituire ai dipendenti le somme trattenute in busta paga quale ristoro del costo di gestione amministrativa della cessione del quinto dello stipendio.

La società ricorrente ha evidenziato il sorgere di una c.d. doppia obbligazione (il pagamento della retribuzione e quello della cessione del quinto) comporta un aumento dei costi che non possono considerarsi quali normali operazioni connesse al rapporto di lavoro; pertanto, non di competenza esclusiva datoriale, ma connesse a una libera scelta del lavoratore per esigenze personali.

Secondo i giudici di legittimità, la cessione del quinto non richiede il consenso dell’azienda (debitore ceduto) per la quale «è normalmente irrilevante chi sia il soggetto destinatario del pagamento». Tuttavia, la decisione dello sdoppiamento del creditore non deve risultare «in concreto, eccessivamente gravosa […] ossia deve rispettare i limiti di correttezza e buona fede», limiti che riguardano «soltanto il profilo del pagamento, ossia dell’adempimento».

Inoltre – sempre secondo la Cassazione – la cessione del credito consente di soddisfare esigenze del dipendente che «non sono assolutamente estranee al rapporto di lavoro […] ma sono radicate in esso […] e ciò per effetto del riconoscimento normativo di un diritto potestativo del lavoratore ad ottenere finanziamenti mediate la cessione fino a un quinto dello stipendio».

L’onere amministrativo a carico del datore di lavoro deve essere valutato tenendo conto delle dimensioni dell’impresa che, in base al numero di dipendenti, è tenuta ad avere una struttura amministrativa corrispondente alla sua dimensione, anche con riferimento a quanto previsto dall’articolo 2086 del Codice civile, secondo cui l’imprenditore operante in forma societaria o collettiva ha «il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa».

Ne consegue che, se l’onere risultasse effettivamente insopportabile per l’azienda, sarebbe possibile prevedere un accordo a tre, in base al quale i costi vengono sopportati dalla società che eroga il finanziamento.