Non si può ravvisare la c.d. natura di retribuzione differita nell’anticipazione di Tfr quando il datore di lavoro è in difetto della prova di deroga migliorativa; pertanto, non è possibile applicare all’importo il conseguente trattamento previdenziale di favore.
E’ quanto affermato dalla Corte di cassazione nella Sentenza n. 4670/2021. I giudici di legittimità, facendo proprie le ragioni dell’Inps, contestano l’applicazione all’anticipazione delle tassative esclusioni contributive previste dalla legge 153/1969 e negano la natura di trattamento di fine rapporto alle somme erogate, in difetto sia delle condizioni previste dalla legge, sia di una prova concreta della deroga migliorativa individuale.
La pronuncia si inserisce in un sentiero consolidato da tempo, secondo cui il solo limite all’eventuale favore concesso al lavoratore può essere ravvisato nel rispetto del concorso tra gli aventi titolo per legge all’anticipazione. Pertanto, restano valide le clausole migliorative che ampliano il contingente annuo degli aventi diritto e quelle che accrescono la misura massima dell’anticipazione.
Diversamente, la diminuzione dell’anzianità minima, la possibilità di reiterazione dell’anticipo e l’ampliamento delle causali devono essere valutate per ogni singola fattispecie che si verifichi, per non alterare il concorso tra una pluralità di lavoratori aventi diritto.
Nel caso specifico, il problema si concretizza perché le anticipazioni erano «non formalizzate né documentate».