Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali pubblica un interpello (n. 2/2019) a seguito di un’istanza ricevuta in materia di compatibilità dei permessi per allattamento e maturazione del diritto alla pausa pranzo/diritto al buono pasto.
La legislazione vigente prevede che la pausa pranzo spetti ai lavoratori che svolgono un’effettiva prestazione di lavoro per un orario superiore alle 6 ore.
Sebbene i riposi per allattamento siano considerati, per espressa previsione normativa, ore lavorative con specifico riferimento alla durata della prestazione e delle relativa retribuzione, il Ministero afferma che non è possibile estendere tale logica anche riguardo alla maturazione del diritto alla pausa pranzo/maturazione del buono pasto.
Questo perché il diritto alla pausa è strettamente collegato alla necessità di ripristinare le energie psico-fisiche perse in relazione all’effettiva esecuzione delle prestazione lavorativa (oltre all’eventuale consumazione del pasto).
Pertanto, se in seguito all’utilizzo dei permessi per allattamento la prestazione lavorativa effettivamente resa è inferiore o pari alle sei ore, non matura il diritto alla pausa.
A rafforzare la tesi ministeriale anche il Dipartimento della funzione pubblica che, in una nota del 2012, scriveva che “il diritto al buono pasto sorge per il dipendente solo nell’ipotesi di attività lavorativa effettiva dopo la pausa stessa” e le istruzioni dell’Agenzia delle entrate riferite alla concessione del buono pasto ai propri dipendenti, dove vengono individuati come presupposti imprescindibili l’effettuazione della pausa e la prosecuzione dell’attività lavorativa dopo la stessa.