Opera nel giusto il datore di lavoro che decide di collocare in ferie “forzate” il lavoratore che rifiuta di sottoporsi al vaccino anti covid-19.
E’ quanto è successo ai dipendenti di una Rsa che si sono rifiutati di eseguire la profilassi vaccinale. Il datore di lavoro – stante anche il fatto che la mansione svolta prevede il contatto con altre persone – ha ritenuto necessario procedere a mettere in ferie i lavoratori.
Il Tribunale di Belluno – presso cui i dipendenti oggetto del provvedimento hanno presentato ricorso d’urgenza per la riammissione al lavoro – ha ritenuto lecito il comportamento del datore di lavoro definendolo come “doveroso” per ottemperare al dovere di sicurezza che il datore stesso ha nei confronti del proprio personale dipendente.
L’Ordinanza evidenzia che, essendo il vaccino uno strumento idoneo a contrastare l’evoluzione negativa dell’infezione, costituisce una misura idonea a tutelare l’integrità fisica degli individui cui viene inoculato, nonché quella dei pazienti dell’Rsa. Gli stessi lavoratori erano stati dichiarati inidonei dal medico del lavoro – secondo quanto stabilito dall’art. 41 D.Lgs. 81/2008 – proprio perché non si erano sottoposti al vaccino che, in questo caso, è da considerarsi strumento utile per la riduzione del rischio.
Il datore di lavoro – dopo aver verificato che i dipendenti non potevano essere adibiti ad altre mansioni – ha proceduto con le c.d. “ferie forzate”.