Se il licenziamento è orale, l’onere della prova è in capo al lavoratore

Se il lavoratore impugna il licenziamento avvenuto in forma orale, è egli stesso ad avere l’onere della prova.

E’ quanto afferma la Cassazione nella sentenza 18402/2019, che si uniforma alle recenti interpretazioni in materia (Sentenza 3822/2019).

Nello specifico i Giudici dicono che è in capo al lavoratore sia la prova dell’effettiva cessazione del rapporto di lavoro, ma anche quella circa la volontà del datore di lavoro di risolvere il rapporto.

Nel testo si evidenzia che il lavoratore subordinato che impugni un licenziamento affermando “che è stato intimato senza l’osservanza della forma prescritta ha l’onere di provare, quale fatto costitutivo della sua domanda, che la risoluzione del rapporto di lavoro è ascrivibile alla volontà del datore di lavoro, anche se manifestata con comportamenti concludenti; la mera cessazione nell’esecuzione delle prestazioni non è circostanza di per sé sola idonea a fornire tale prova”.

Solo se il datore di lavoro eccepisce che il rapporto è cessato per volontà del lavoratore o per risoluzione contestuale dovuta a fatti concludenti e sia presente incertezza probatoria, il Giudice può chiedere che sia il datore stesso a fornire prove sulla sussistenza del fatto.